
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Anche se pensiamo tutti che il capo dell’Europa sia la Merkel, non bisogna sottovalutare il ruolo di Jean-Claude Juncker, piazzato nella posizione di presidente della Commissione europea dalla stessa Merkel e spesso incaricato di fare la parte del poliziotto cattivo. Questa premessa serve a inquadrare bene la presa di posizione di ieri, dedicata al prossimo presidente Usa, Donald Trump. «Penso che rischiamo di perdere due anni aspettando che Donald Trump termini di fare il giro del mondo che non conosce». Juncker parlava a un pubblico di studenti della conferenza “I costruttori dell’Europa”. Ha poi aggiunto: «Bisognerà che gli spieghiamo in cosa consiste l’Europa e come funziona». Un giudizio durissimo. La telefonata della Merkel al vincitore delle elezioni americane era arrivata mercoledì, a ridosso del risultato. S’era trattato, naturalmente, di un colloquio cordiale, con i soliti auspici relativi alla pace nel mondo e alla strada da percorrere insieme. Quella però era la telefonata del poliziotto buono.
• Perché c’è bisogno di un poliziotto cattivo?
In campagna elettorale, Trump ha detto, sulla politica estera Usa, parecchie cose dirompenti. Ha denunciato gli accordi con l’Iran e con Cuba, ha annunciato l’intenzione dell’America di far da sé e di non avere interesse alla prosecuzione delle trattative per i trattati commerciali, specialmente per quello transatlantico. Ha mostrato un’inclinazione tutta nuova per intese con la Russia e con la Cina (anche se ha gridato l’intenzione di metter dazi enormi sull’import cinese), ha detto infine di voler smantellare la Nato. A parte il fatto che le gerarchie militari americane gli si metteranno di traverso prima di fargli toccare la Nato (è nella Nato che esse trovano una delle loro principali ragion d’essere), tutto l’insieme mostra una forte indifferenza verso l’Europa. Pensiamo alla sigla “Nato”, ossia “North Atlantic Treaty Organization”. La parola chiave è “Nord-Atlantico”, cioè è un’alleanza militare tra paesi atlantici, gli Stati Uniti di là, noi di qua. E però noi siamo, in linea di massima, i mantenuti, mentre gli americani sono quelli che, dal punto di vista militare, ci mantengono. Vale a dire: ci proteggono. L’Europa la fa facile con i numeri dell’economia e della finanza, ma che accadrebbe se gli americani ci proteggessero di meno o addirittura non ci proteggessero più? Dovremmo far da noi, con effetti piuttosto gravi sui bilanci e forse anche con un improvviso cambio di mentalità, perché i militari entrano assai poco nei nostri ragionamenti in genere, culturalmente parlando noi e i nostri amici europei siamo piuttosto smilitarizzati anche mentalmente, e nonostante gli investimenti di francesi e inglesi facciamo in genere i pacifisti senza se e senza ma. Per darle un’idea delle dimensioni del problema: fino ad oggi gli Stati Uniti spendono per gli armamenti quanto tutto il resto del mondo messo insieme.
• Juncker ha aspettato la fine della campagna elettorale per reagire?
No, dopo queste prese di posizione abbastanza allarmanti, è successo un altro fatto. La prima telefonata in Europa il prossimo presidente americano l’ha fatta a Theresa May, il premier britannico.
• È una mossa preoccupante?
È una mossa estremamente preoccupante, se si considera che gli inglesi hanno rotto con l’Europa, e che questa frattura è profonda. Si annunciano, tra la Ue e loro, negoziati durissimi, anche se contrastati dai giudici inglesi che pretendono un passaggio parlamentare. Juncker vorrebbe avere una parte in questi negoziati e finora ha fatto la faccia feroce con gli inglesi, forse anche troppo, dato che la Merkel lo ha rimbrottato a un certo punto sostenendo che l’Europa non è un patrimonio di Bruxelles, ma di tutte le nazioni europee (tradotto: con la May ci parlo io). Ora quello che gli inglesi temono, uscendo dalla Brexit, è di perdere i vantaggi di un mercato globalizzato, dove poter fare senza limiti soprattutto finanza. Con la sua telefonata, Trump - che forse conosce il mondo più di quanto Juncker mostra di credere -, ha praticamente annunciato che quello che perderà di qua, Londra lo ritroverà di là, cioè in America. La posizione negoziale dell’Europa sulla Brexit ne esce indebolita.
• Che cosa si sono detti esattamente?
Per quello che se ne sa, Trump ha invitato la May in America, «il prima possibile», e ha precisato che per lui «il Regno Unito è un posto molto speciale». Ha anche tirato fuori la mamma scozzese (è tedesco invece per parte di padre). Non c’è bisogno di ricordare che il futuro presidente Usa era favorevolissimo alla Brexit, ha invitato Farage a Cleveland per la convention repubblicana, ha definito la propria ascesa alla Casa Bianca «una Brexit plus plus plus». Trump ha esplicitamente aperto le porte del mercato americano agli inglesi, di fatto ricreando l’asse Reagan-Thatcher. Ricordiamoci, per favore, che per un tempo immemorabile, magari senza dirlo, gli americani hanno avversato l’unità europea.
• Da questo deduciamo che, oltre Atlantico, siede adesso un nemico dell’Europa?
«Nemico», non lo so. «Non amico», direi proprio di sì. Le intemerate di Juncker parlano chiaro. Del resto, se l’Europa cominciasse a pensar da sé, forse vedrebbe anche con più chiarezza nel proprio destino.
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