Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 12 novembre 2016
Se pensate che vostro figlio sia ancora troppo piccolo o immaturo per prendersi cura di un animale domestico, è il caso di ricredervi
• Se pensate che vostro figlio sia ancora troppo piccolo o immaturo per prendersi cura di un animale domestico, è il caso di ricredervi. Perché? Semplice: il rapporto con un pesce rosso o un criceto può diventare terapeutico. Secondo Anna Oliviero Ferraris, psicologa dell’età evolutiva, «i bimbi sono per indole vicini ai ritmi della natura e gli animali sono compagni ideali. Il rapporto che si crea è talmente forte che, ad esempio nei casi di adozione, quando in casa c’è un cucciolo, il processo d’inserimento si è dimostrato più veloce e meno traumatico: l’animale, in definitiva, fa da ponte tra il nuovo arrivato e il nucleo familiare che lo accoglie».
Ed è proprio sulla base di questo particolare legame esistente tra bambini e animali che ha origine la pet therapy (in inglese, terapia del cucciolo), cioè il tentativo di migliorare un handicap fisico o psichico attraverso un rapporto costante e molto ravvicinato con cani, gatti, canarini, criceti... Le prime tracce di questa singolare terapia risalgono al XVIII secolo, quando in Inghilterra si provò a insegnare l’autocontrollo ai malati di mente proprio avvicinandoli agli animali. Ma attribuire poteri miracolosi ai «terapisti a quattro zampe» è sbagliato, sostengono Marcello Galimberti e Debra Buttram, tra i primi ad operare in Italia con i cani. La pet therapy, che per funzionare si basa sulle emozioni che la vicinanza di un animale suscita nel paziente, può affiancare, ma mai sostituire le terapie tradizionali.
• Imparare a stare in sella ma anche prendersi cura del cavallo: così bambini disabili, con problemi comportamentali o psichici, tentano di migliorare il loro handicap. «L’ippoterapia», spiega Massimo Gigante, terapista del centro di riabilitazione «Nuova Pegaso» di Pianella (Pescara), «soddisfa la voglia di movimento del bimbo disabile e ne aumenta l’autostima. Inoltre è un modo per fare attività fisica in un ambiente ben diverso dalla più opprimente struttura ospedaliera».
• Da oltre 15 anni, negli Stati Uniti, i bambini colpiti da handicap neurologici (autismo, stati depressivi o ritardi psichici), vengono curati anche con l’aiuto dei delfini. Per 20-30 minuti i pazienti vengono fatti immergere in vasche popolate da questi mammiferi che, sostengono i fautori della delfinoterapia, riescono in modo sorprendente e con grande abilità a entrare in contatto con gli esseri umani: in particolare, gli ultrasuoni utilizzati dai delfini per comunicare sembrano avere un effetto benefico sui piccoli pazienti. Secondo David Nathanson, guru riconosciuto di questa tecnica, si possono ottenere risultati positivi in oltre il 97% dei casi trattati.