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 2016  novembre 12 Sabato calendario

Ci vuole un bel fegato

• Ci vuole un bel fegato. Una vita da mediano, quella del fegato. Spesa non a recuperare palloni in mezzo al campo, ma sostanze nutritive nel sangue da metabolizzare e ridistribuire ai suoi compagni di «squadra»: gli organi. Lavora 24 ore su 24, senza fermarsi mai. Eppure spesso lo trascuriamo e ci dimentichiamo di quanto sia importante per il nostro corpo. Sotto i riflettori finiscono altri organi, cuore, cervello o polmoni, solo per fare qualche esempio. Ma il fegato, da buon gregario, non si lamenta e continua a fare il suo mestiere oscuro. Non cerca la fama e non si aspetta i complimenti della stampa. Anche perché in realtà, quanti sanno con precisione qual è il suo ruolo? «Il fegato è il laboratorio chimico del nostro corpo», spiega il professor Gaetano Idéo, direttore del Dipartimento di epatologia dell’ospedale S. Giuseppe di Milano. «Svolge una funzione di raccordo tra l’apparato digerente e il resto del corpo, produce la bile, indispensabile per digerire i grassi, passa il sangue al setaccio alla ricerca di alimenti da metabolizzare, immagazzina gli zuccheri ed è una riserva d’energia per tutto il corpo. Le sue funzioni sono talmente complesse che, a differenza di altri organi quali cuore o reni, non si può ancora neanche immaginare un fegato artificiale». Purtoppo però sono tanti i fattori che lo danneggiano: dai virus dell’epatite (A, B e C, i più noti) all’alcol. Spesso non ci sono sintomi ed è difficile rendersi conto di quale sia il suo stato di salute. Il male può quindi degenerare in condizioni patologiche (cirrosi o tumore), prima che una persona se ne renda conto. Ma nuove terapie e nuovi vaccini stanno dando risultati molto incoraggianti.
• Vero o falso? Via libera alle uova, stop all’alcol (specie per le donne)  la ghiandola più grande del corpo. VERO Pesa circa 1.500 g ed è, dopo il cervello, l’organo più voluminoso. Basta poco per metterlo fuori uso. FALSO Grazie alle sue dimensioni, solo il 40% del fegato è necessario per svolgere le funzioni cui è sottoposto. Questo significa che i primi sintomi visibili arrivano solo quando oltre il 60% delle cellule epatiche è danneggiato.  in grado di rigenerarsi. VERO Il fegato è l’unico organo del nostro corpo in grado di medicarsi da solo, rigenerandosi. Il problema è che quando le lesioni sono continue, la ricrescita può essere anomala e causare fibrosi (grosse cicatrici) che portano alla cirrosi. Il fegato delle donne regge l’alcol meglio di quello degli uomini. FALSO Le donne hanno una minore quantità di alcodeidrogenasi, l’enzima che metabolizza l’alcol, che resta quindi più a lungo in circolo nell’organismo. Alcuni farmaci lo danneggiano. VERO Oltre ai virus e all’alcol, sono uno dei maggiori fattori lesivi. Le vitamine non hanno alcun effetto positivo sul suo funzionamento. FALSO Alcuni cibi ricchi di vitamine, come la B12 e la K, alleviano vari disturbi. La prima si trova in aringhe, carne, latte, formaggi e uova; la seconda in spinaci, pomodori, cavoli e fragole. Lavora a ritmi vertiginosi. VERO Ogni due minuti tutto il sangue del nostro organismo passa attraverso il fegato. Cozze e uova fanno male. FALSO Se cotte e mangiate con moderazione, non fanno male, anzi: le uova in particolare contengono sostanze utili per il buon funzionamento delle cellule epatiche, come la metionina (un amminoacido) e la colina.
• Come si ammala. Non lasciarlo mai diventare grasso. Se lo trascuri, lui lavora male e sotto sforzo. Come e perché si ammala la ghiandola più grande del tuo corpo. Sono tre le principali patologie che possono colpire il fegato. Vediamone le cause, i sintomi e i rischi. La steatosi epatica. Non è una vera e propria malattia (solo nel 10% dei casi degenera in condizioni più gravi come la cirrosi), ma piuttosto un ingrossamento del fegato, non a caso è detta anche «fegato grasso». Le due cause principali della steatosi sono l’abuso di alcol e un’alimentazione non corretta. Il fegato grasso lavora sempre male, in condizioni di massimo sforzo. L’epatite virale. un’infiammazione del fegato causata da virus: i principali si chiamano A, B e C. L’epatite A è la meno grave delle tre, l’infezione guarisce in poche settimane e non cronicizza mai. Il periodo di incubazione è inferiore a un mese. Si diffonde tramite contatti interpersonali, cibo o acqua contaminati dal virus. L’epatite B è più pericolosa, nel 10% dei casi infatti si cronicizza, e se non viene curata il rischio di cirrosi o di cancro al fegato si alza di molto. Il periodo di incubazione varia da 20 giorni a 6 mesi. Spesso non dà sintomi particolari. L’epatite C è ancora più pericolosa, si cronicizza infatti nel 70-75% dei casi. La forma acuta è quasi sempre asintomatica e ha un periodo di incubazione media di 40 giorni. Anch’essa, come quella B, aumenta il rischio di cirrosi e cancro. La cirrosi. In seguito a lesioni e traumi (dovuti perlopiù al consumo eccessivo di alcol e alle epatiti virali croniche), il fegato reagisce con la comparsa di cicatrici e noduli. La cirrosi epatica è causata proprio da questi due fattori: entrambi ostacolano infatti l’afflusso di sangue aumentando così la pressione nella vena porta (si parla dunque di ipertensione portale). Questa condizione induce l’organo a perdere gran parte delle sue capacità. Spesso la malattia progredisce senza sintomi e inizia a dare problemi solo con la comparsa delle sue complicazioni.
• Come si cura. In attesa del vaccino c’è l’interferone. Dai farmaci che stimolano gli anticorpi alle terapie combinate, fino al trapianto. Tutti i modi per guarire. Negli ultimi 15 anni la medicina ha fatto enormi progressi nello studio e nella cura delle malattie epatiche. I vaccini contro l’epatite A e B sono già disponibili, quello contro la B è addirittura obbligatorio per i neonati. Una buona notizia arriva da Siena dove, conclusa la lunga fase di test in vitro e sugli animali, è iniziata la sperimentazione sull’uomo di un nuovo vaccino contro il virus dell’epatite C. A individuarlo sono stati i ricercatori della Chiron, che quattro anni fa scoprirono il meccanismo usato dal virus per infettare le cellule. Questo nuovo farmaco potrebbe rivelarsi utile non solo per prevenire il contagio, ma anche per la cura di chi il virus già l’ha contratto. Nell’attesa, il trattamento delle epatiti virali si basa ancora sull’interferone, una sostanza naturale prodotta anche dal nostro organismo, che stimola la produzione di anticorpi specifici contro il virus. Per curare l’epatite B si associa questo farmaco alla lamivudina, un antivirale che sarebbe efficace anche da solo: in una settimana può bloccare il virus senza effetti collaterali. Il problema, però, è che se si interrompe la terapia, il virus torna più forte di prima. Ecco perché si unisce l’interferone. Gli adulti hanno più possibilità di guarire (nel 90% dei casi) rispetto a bambini (35%) e neonati (10%). L’epatite C viene combattuta con l’interferone peghilato (trattato cioè in modo da essere assorbito gradualmente dall’organismo) e la ribavirina: terapia efficace nel 58% dei casi. In seguito a patologie più gravi (tumori e cirrosi), si può rendere necessario il trapianto. Oltre a quello classico, in cui l’organo viene prelevato da un donatore deceduto, esiste anche quello da un donatore vivo, che dà una parte del suo fegato (circa un quarto) al malato. Questa tecnica è possibile grazie alle capacità rigenerative dell’organo: una volta impiantata, la porzione di fegato tornerà a dimensioni normali.
• La malattia in cifre. 10% la popolazione italiana che soffre di una malattia epatica. 7.000 i casi di epatite virale acuta in Italia in un anno. 1 milione gli italiani affetti da epatite B. 1,5 milioni gli italiani che hanno l’epatite C. 1 milione gli italiani colpiti da cirrosi epatica. 500 milioni gli individui colpiti da epatite (B e C) nel mondo.