Carlo Canzano, SportWeek 12/11/2016, 12 novembre 2016
SPAZIO CHE HO 80 ANNI– [Gian Paolo Dallara] Potremmo definirlo un Ferrari nato 40 anni più tardi
SPAZIO CHE HO 80 ANNI– [Gian Paolo Dallara] Potremmo definirlo un Ferrari nato 40 anni più tardi. Ma siamo sicuri che lui, l’ingegnere Gian Paolo Dallara, non accetterebbe il paragone giudicandolo imbarazzante. Eppure i due, entrambi imprenditori e grandi personaggi dell’automobilismo, hanno fatto di un paese emiliano un polo dell’eccellenza: Enzo Ferrari nell’allora piccola Maranello, Gian Paolo Dallara nell’ancora oggi piccola Varano de’ Melegari, nella bassa valle del Ceno, una trentina di chilometri da Parma. Tanto era – ed è – universalmente conosciuto Ferrari, tanto Dallara è sì noto, ma prevalentemente nei confini dell’automobilismo. E poi Dallara preferisce non essere al centro del proscenio, ma vivere a fondo il suo ambiente, le sue amicizie, le sue passioni: il territorio, la lirica con un debole per Giuseppe Verdi, il calcio del “suo” Parma, le partite a scopone scientifico nel solito bar, con i soliti amici. Ai quali mercoledì 16 novembre si aggiungeranno tanti altri a lui cari per una festa privata, dopo il brindisi in azienda con tutti i collaboratori. C’è da celebrare un traguardo importante: gli 80 anni raggiunti con un’invidiabile freschezza. Ed è il momento per ricordare la carriera di questo ingegnere, dal primo impiego, a 23 anni, in Ferrari, poi Maserati, quindi Lamborghini per realizzare la Miura, una delle più straordinarie auto di sempre. E ancora: il progetto della F.2 e F.1 De Tomaso; l’officina, seme della prima fabbrica, per costruire vetture da corsa; le prime F.3; e, più avanti, le Lancia protagoniste del Mondiale Endurance. Di nuovo la F.l con la Bms Dallara, la SP 333 (l’ultima sport prototipo Ferrari) e, dal 1996, le monoposto per Indy con, nel 1998, la prima di 18 vittorie (sino a ora) nella 500 Miglia. Oggi la Dallara ha il monopolio nella F.3, nella F. Indy e sono sue le monoposto di GP2, GP3 e Formula E. In più l’azienda presta la consulenza su componenti di alto livello a varie Case. E Varano de’ Melegari, poco più di duemila abitanti, è diventata una capitale tecnologica, grazie alla Dallara. «No, non grazie alla Dallara», esordisce l’ingegnere. «È la Dallara che ringrazia il territorio. Che ha tante persone volonterose e perbene ed è disposto ad accogliere i giovani che vengono qui a lavorare. A Varano si vive bene, senza tensioni, a 30 km da quello di buono che può offrire una città». Qual è il segreto di Dallara e della Dallara? «Dimenticare il passato e pensare che il programma importante è quello che deve venire. Soprattutto la grande passione e la grande capacità dei giovani, non tanto a fare (perché i ragazzi che arrivano qui dalle università e dagli studi tecnici non sanno ancora fare), ma ad avere la voglia e capacità di imparare». Ha detto più volte che la sua carriera è dipesa dalla casualità. «Sì, nella vita di una persona ci sono le sliding doors... Io non feci l’università a Parma perché non c’era Disegno industriale, perciò andai a Milano e mi laureai in Ingegneria aeronautica al Politecnico. Pensavo di andare a lavorare all’Aermacchi, invece Enzo Ferrari, che faceva svolgere prove nella galleria del vento del Poli, chiese a un mio professore se aveva un giovane da segnalare e lui fece il mio nome. Un’altra volta mi stavo sposando e mio suocero, amico dell’ingegner Giulio Alfieri, fece il mio nome in Maserati dove avrei potuto, come volevo, occuparmi di corse. E via di questo passo». Una coincidenza anche l’approdo a Indianapolis? «Avevamo realizzato per la Ferrari la 333 SP destinata ai clienti. Tra questi c’era l’americano Andy Evans, che avrebbe voluto correre lì con una nostra macchina. Ma noi non avevamo mai fatto una monoposto per Indy. Poi lui mi presentò Tony George che stava costituendo il nuovo campionato Irl e che mi chiese di produrre 15 vetture, pagando a vista...». Dallara ha il monopolio in F.3 e in F.Indy. Non le manca il confronto con un altro costruttore? «Il monopolio lo abbiamo costruito sul campo. Però è vero, il confronto con altri mi manca, perciò ho deciso di realizzare un’auto per la categoria Lmp2, dove l’anno prossimo saremo in lizza in quattro». In F.1 è un fornitore, non le interessa ritornare come partecipante? «Forniamo parti in carbonio e parti aerodinamiche per la Haas sotto la loro direzione tecnica. Va bene così. Non abbiamo la dimensione, non sappiamo da che parte cominciare per cercare uno sponsor, per gestire una squadra di F.l. Ci vogliono competenze specifiche». Ma la F.1 la appassiona ancora? «Senza offendere nessuno, nella F.l mi diverto soltanto quando vince la Ferrari. Quantomeno quando è competitiva». E il calcio? Il suo Parma? «L’ultimo campionato ci siamo divertiti tanto. Poco importa se eravamo in Serie D e abbiamo giocato anche contro il Lentigione, che è una frazione di Brescello. Sarò banale: meglio vincere in una serie minore che perdere in A». Lei non ama guardare indietro. Ma il traguardo degli 80 merita un giudizio sulle cose negative e positive. «Non ho rimpianti. Diciamo che tutto sommato le cose hanno girato per il verso giusto. Le cose di cui sono più fiero sono la Miura, l’aver assunto il predominio in F.3 e i successi nella Formula Indy che ci hanno dato grande visibilità». La Miura. La rifarebbe? «Non ne sarei capace. Per un progetto simile bisogna essere giovani, non avere paura di sbagliare. Non ho più l’incoscienza e la freschezza necessarie». Intanto però la Dallara collabora a un progetto spaziale... «Sì, nella fabbrica di Indianapolis abbiamo iniziato a produrre parti in composito per le navicelle che affronteranno i viaggi turistici nello spazio. Abbiamo coinvolgimenti importanti dappertutto. Dalle cose importanti c’è sempre da imparare». Ha mai pensato alla coincidenza di essere nato il 16 novembre come Tazio Nuvolari? «Sì, ci ho pensato più volte. Ma è soltanto una coincidenza. Ho provato ad andare forte in macchina, con le mie auto: ma non ci sono mai riuscito. Sono stato sempre troppo lento!».