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 2016  novembre 12 Sabato calendario

«Cambio e salvo la MotoGp. I piloti sono dei conservatori. Li ascolto, ma decido io: taglio le spese e riduco i costi». Intervista a Carmelo Ezpeleta, il gran capo della Dorna

Carmelo Ezpeleta è il gran capo della Dorna, la società che organizza il Motomondiale. 70 anni, di Barcellona, ex studente di ingegneria, ex pilota («ma non bravo...»), ex direttore di circuiti oggi chiamato impropriamente «l’Ecclestone delle moto», alla fine di una stagione memorabile racconta che «ogni anno diciamo che è stato il Mondiale più bello, ma io mi aspetto ancora di meglio nel 2017. Certo, 9 vincitori con 4 marche diverse, l’Aprilia che cresce e la Ktm che esordisce dicono che la rivoluzione sta dando i suoi frutti».
L’equilibrio era il suo sogno?
«Sì, ma attraverso la riduzione dei costi. Non è stato facile, perché costruttori, team e piloti hanno un solo interesse: vincere. Io invece devo avere la visione complessiva».
Una battaglia dura.
«Diciamo una lunga operazione di convincimento attraverso passi necessari: la 1000cc, poi le Crt, le Open e finalmente, oggi, la centralina unica, una limitazione tecnica che non ha intaccato lo show, anzi».
Non è un Motomondiale troppo «spagnolizzato»?
«In 75 campionati di 3 categorie abbiamo prodotto campioni di 11 nazionalità. Non è poco. E comunque è un falso problema: vincono i migliori, qui come negli altri sport».
Rispetto alla F1, però, non c’è una penetrazione davvero mondiale.
«Vero. Ma la F1 è gestita così dal 1975 e ha alle spalle l’industria automobilistica. Conosco Ecclestone dal 1978, quando dirigevo il circuito di Jarama: ci confrontiamo, senza competizione. Loro restano il motorsport numero 1».
La svolta decisiva è stata l’addio degli sponsor tabaccai?
«Sì. Erano la base economica di tutto e, quando sono stati banditi, il sistema è andato a rischio. L’unica via era ridurre le spese, anche dando noi i soldi ai team satellite».
E siano benedette le pay tv...
«Mi criticano molto per questo, ma se i nostri ricavi sono aumentati lo dobbiamo a loro. Nel 1992 la copertura era, per dire, inferiore all’atletica. Guardate ora dov’è l’atletica...».
Quando investite annualmente nelle gare?
«Cento milioni di euro tra organizzazione, aiuti ai team e produzione tv».
Per lei i piloti sono dei conservatori.
«È la loro natura. Faticano a recepire il cambiamento. A me piace ascoltarli, il loro ruolo con la commissione sicurezza è fondamentale, ma poi le decisioni sono un’altra cosa».
Stoner non era d’accordo...
«Pilota straordinario, ma ci ha criticato pesantemente. Rispondevo: se io non do consigli a te su come guidare, tu non dire a me come organizzare il Mondiale».
Lei ha anche detto che gli ingegneri sono pericolosi.
«Be’, se li lasci liberi è un problema... Io li voglio sempre con me, ma devono sapere che l’ordine della nostra missione è: sport, show, e solo alla fine tecnologia».
Quanto conta Rossi per il Circus?
«Lui ha portato il Giallo qui come la Ferrari il Rosso in F1. Due miti che prescindono dai risultati, eredità che continuano nel tempo. E comunque resterà anche dopo: lo dicono la sua VR46 Academy e il nuovo team di Moto2 nel 2017».
Che ne pensa del famoso «biscotto»?
«Quella storia non mi è mai piaciuta. E non è questo il genere di popolarità che inseguo. A Marquez, Lorenzo e Rossi l’ho detto chiaro».
Un prezzo inevitabile nel motorsport sono le morti.
«È l’unica cosa veramente triste di questi 25 anni. In alcuni casi, dove non è stato un incidente di gara (come invece Wakay, Simoncelli e Tomizawa), ci ha almeno spinto a migliorare la sicurezza».
Come?
«Dopo la scomparsa di Kato nel 2003 a Suzuka non si va più. A Barcellona quest’anno dopo la morte di Salom si è migliorata quella curva. E dopo l’incidente che ha paralizzato Rainey nel 1993 non siamo più tornati a Misano finché non si è cambiato senso di marcia. La sicurezza è tutto: ecco perché non andiamo a Monza, benché affascinante».
A marzo un imprenditore che lavorava con Dorna l’ha accusata di usare società fittizie per aggirare il Fisco. Si parla di evasione da 70 milioni e il sindacato Manos Limpias ha chiesto la sua incarcerazione. A che punto è la vicenda?
«Che in galera c’è il segretario di Manos Limpias... anche se per altre questioni».
Ma l’evasione c’è stata?
«Noi riteniamo di avere pagato il dovuto e abbiamo fatto ricorso al Fisco. Mi sono sempre mosso legalmente e ho sempre dichiarato i miei guadagni in Spagna».
È vero che il fondo Bridgepoint, che detiene la maggioranza di Dorna, è deluso del suo operato e vorrebbe limitare il suo potere?
«Come vede sono ancora qua...».
Dunque, è solo rumore dei nemici?
«È il destino di chi comanda. Ma, come dice Rossi, mi ritirerò solo quando smetterò di divertirmi».