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 2016  novembre 12 Sabato calendario

In famiglia li chiamiamo orecchioni e mai nome fu più appropriato

• In famiglia li chiamiamo orecchioni e mai nome fu più appropriato. Perché il gonfiore delle ghiandole causato dal Paramyxovirus spinge quasi in fuori i padiglioni auricolari, al punto da far sembrare che le orecchie siano diventate più grandi: da qui il termine familiare per indicare la parotite, una delle più classiche malattie dell’infanzia. Spiega il professor Vito Console, primario di Neonatologia all’ospedale Niguarda di Milano: «La parotite è l’infiammazione delle parotidi, le maggiori ghiandole salivari, poste dietro l’orecchio. Spesso viene coinvolta anche la mandibola e tutta questa parte della testa risulta gonfia e dolente». La fascia d’età più sensibile va dai 5 ai 10 anni. La ragione è chiara: il contagio avviene per via aerea, attraverso le gocce di saliva, quindi chi frequenta gli asili e le classi elementari contrae facilmente dai compagni il virus. Le stagioni a rischio sono inverno e primavera. Quale segnale fa capire che il bimbo sta covando la malattia? «Il piccolo comincia ad avere mal di testa, nausea, mal di pancia e qualche linea di febbre», spiega Console. «La zona attorno alla mascella, all’orecchio e al collo comincia a gonfiarsi da un lato e, a distanza di qualche giorno, anche dall’altro. In questa fase sale la temperatura, che può arrivare anche a 39 gradi. Tutto però si risolve presto, in poco più di una settimana». La cura migliore è il riposo, accompagnato da farmaci antipiretici per la febbre. Importante è isolare il bambino con gli orecchioni dai fratellini e soprattutto dal papà (se non ha mai contratto la malattia). Eventuali complicazioni? Dolori addominali e (raramente) attacchi di vomito. Ancora meno di frequente, in 3 casi su 100, può essere coinvolto il sistema nervoso centrale, provocando la meningite. Soprattutto per scongiurare quest’ultimo rischio è raccomandato il vaccino.
• L’arma più efficace contro la parotite è il vaccino. Oggi si usa il «trivalente» (Mpr), indicato per rosolia, morbillo e, appunto, orecchioni: contiene dei virus attenuati della parotite che stimolano la produzione di anticorpi protettivi. Ma non sempre è sufficiente: le statistiche dicono che il 15% dei bambini vaccinati ha contratto comunque la malattia. « vero, il ceppo Rubini, utilizzato finora come base del vaccino per la parotite, di recente si è rivelato poco efficace», ammette Stefania Salmaso, direttore responsabile del laboratorio di Epidemiologia, reparto malattie infettive, dell’Istituto superiore di sanità. «Per questo oggi vengono usati anche i ceppi dei virus Jeryl Lynn e Urabe». La prima vaccinazione va fatta quando il bambino ha compiuto 12 mesi, con un richiamo a 5 anni. Le sole controindicazioni sono l’allergia ai componenti del vaccino e l’immunodeficienza. «Non è vero, invece che il vaccino sia sconsigliato a chi è allergico alle uova o alla penicillina, o soffre di convulsioni o di dermatite da contatto». Unica precauzione: il piccolo non deve avere la febbre in corso. Niente vaccino per le mamme in gravidanza. Il monitoraggio che l’Istituto superiore della sanità conduce in collaborazione con una rete di pediatri «sentinella» (Rete Spes) ha permesso di stimare la frequenza della parotite in Italia nel 2000. L’incidenza per 100.000 bambini tra i 5 e i 9 anni è stata di 1.917 casi al Nord, 2.247 al Centro, 1.830 al Sud.
• Contro i sintomi degli orecchioni, l’alternativa alle cure tradizionali c’è. La dottoressa Rosanna Giuberti, omeopata a Milano, suggerisce: «Se il bambino è piccolo può essere complicato fargli sciogliere sotto la lingua i granuli omeopatici (che non vanno toccati con le mani). Polverizzateli usando della carta e diluiteli poi in un dito di acqua». Belladonna Agisce sulle ghiandole gonfie e sensibili che irradiano il dolore alle orecchie. indicata la diluizione a 5 o 7 ch, secondo l’età: la più bassa è per i più piccoli. Consigliati 3 granuli ogni due ore, fino alla scomparsa del sintomo. Lymdiaral Allevia l’infiammazione dei linfonodi. una pomata che agisce in forma transdermica: i suoi principi attivi sono cioè assorbiti attraverso la pelle. Apis e Mercurius La febbre alta si combatte con 3 granuli di Apis e 3 di Mercurius solubilis, a 5 o 7 ch, ogni due ore, finché la temperatura non cala.
• Anche la mancanza di appetito può annunciare l’arrivo della parotite. «La masticazione e la deglutizione sono di solito dolorose per il bambino affetto da parotite», spiega il professor Console, «e la situazione peggiora soprattutto se viene stimolata la secrezione salivare, come può accadere se il piccolo beve del succo di limone». Niente sapori aspri, dunque, e via libera a cibi liquidi o semiliquidi dolci. Sì alla cannuccia se il bambino avverte dolore quando deglutisce.
• L’esperienza insegna ai genitori che quando il loro bambino comincia a frequentare il nido o la scuola materna, il rischio di un raffeddore è all’ordine del giorno e coinvolge bene o male tutta la famiglia che si ritrova con il naso che gocciola. A maggior ragione è importante che anche la mamma, ma soprattutto il papà, si difendano dalla parotite, se non l’hanno avuta da piccoli. • I rischi nell’adulto sono molto più alti che nei bambini. Che cosa può succedere se anche al papà vengono gli orecchioni? Nel 10-15% dei casi l’infiammazione, oltre alle ghiandole salivari, coinvolge i testicoli, che si gonfiano e dolgono (si parla in questo caso di orchite). Talvolta la complicanza può addirittura portare alla sterilità. • La prevenzione è semplice: quando il vostro bambino ha l’età per sottoporsi al vaccino trivalente, chiedetelo anche per voi, soprattutto se siete giovani e avete in programma di fare altri figli. • Se il babbo non è vaccinato e c’è il sospetto che il suo bambino abbia gli orecchioni, meglio che si allontani da casa. Se il dubbio è confermato dal pediatra, sarebbe bene che il papà stesse via per almeno i primi cinque giorni, durante la fase acuta.