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 2016  novembre 12 Sabato calendario

Francesco Cossiga si racconta, e parte dagli avi fuggiti dalla Corsica per evitare il patibolo

• Francesco Cossiga si racconta, e parte dagli avi fuggiti dalla Corsica per evitare il patibolo. Il Foglio 14 aprile 2006. ”Chi si dà alla politica deve possedere due qualità. In primo luogo una certa spensieratezza; e in secondo luogo la fede incrollabile nelle proprie decisioni, una volta che siano prese” (Enver Pascià). Francesco Cossiga, una vita di insperati successi (1). Il presidente emerito della Repubblica, senatore Francesco Cossiga, chiamerebbe volentieri la sua biografia: ”Una vita di non meritati successi”, ma, accogliendo le rimostranze dello scrivente, suggerisce anche un’alternativa, che il presente giornale adotta. Ecco quanto dichiarato dal presidente: ”Io titolerei così la mia biografia: ”Una vita di non meritati successi”. Oppure, se non va bene: ”Una vita di insperati successi”. Comunque sia, nasco da una famiglia sulle cui origini, assai variegate, esistono diverse leggende. Cossiga chiaramente non è un nome, è un soprannome, che vuole dire: venuto dalla Corsica. Intorno a questo fatto ci sono due versioni, la versione nobile e quella meno nobile. La versione nobile è che due fratelli, uno sacerdote e l’altro che sarebbe il nostro capostipite, siano scappati dalla Corsica dopo il fallimento di una rivolta contro i francesi. I due antenati, una volta in Sardegna, nascosero il loro nome, temendo che i francesi potessero ugualmente trovarli e impiccarli come ribelli. Così, rimasti senza nome, da allora furono chiamati semplicemente Cossiga, cioè quelli della Corsica. L’altra versione, invece, segue una grande tradizione di banditismo corso, per cui il mio trisnonno o quadrisnonno, bandito, sarebbe scappato dalla giustizia riparando in Sardegna. Io ho sempre sostenuto questa seconda tesi come la più veritiera, soprattutto con le mie zie, facendole arrabbiare molto. La famiglia di mio padre, in ogni caso, viene da Chiaramonti. Mio padre... avvocato, capo dell’ufficio legale e poi commissario del Banco di Sardegna, cofondatore del Partito sardo d’azione, antifascista, repubblicano e sardista... era figlio di un medico chirurgo, mio nonno Francesco, figlio a sua volta di pastori, cioè i miei bisnonni. Pastori, però, nel senso sardo del termine, che significa proprietari di greggi e di terre, ma privi di titoli e che, quindi, non possono essere detti Signori. Mio bisnonno, pastore di Chiaramonti, viene anche indicato nella storia sarda come medico, ma in realtà non è vero: era un flebotomo. Il flebotomo non è una professione, è solo uno che avendo frequentato gli studi medici si limitava, che so, a mettere le sanguisughe, a fare un salasso. Sulla figura di questo mio bisnonno c’è una cosa che non ho mai potuto appurare, ma che risulterà poi di grande importanza: pare infatti che fosse un uomo di notevole influenza. Non si spiegherebbero, altrimenti, due cose: suo figlio, Francesco, che sarebbe mio nonno, aveva avuto come padrino il più grande avvocato sardo del suo tempo nonché deputato al Parlamento Subalpino, e l’altro figlio, mio prozio, era stato battezzato e cresimato dal governatore di Capo di sopra... il Regno di Sardegna era allora diviso in Capo di sotto, con capitale Cagliari, e Capo di sopra, con capitale Sassari... insomma, che un pastore avesse come compare niente meno che il governatore è una cosa che non si comprende. Alcuni dicono che mio bisnonno avesse grandi influenze politiche, ma non è chiaro come questo pastore avesse tante relazioni. Conoscenze che, come vedremo, diventeranno decisive, soprattutto quando mio nonno Francesco si innamorò della figlia del feudatario di Siligo, Don Giuseppe Ladu... (continua) Antonello Capurso
• ”Così mio nonno e Girolamo Berlinguer finirono in carcere a Cagliari”. Il Foglio 19 aprile 2006. ”Il carcere offre al cristiano ciò che un eremo offre ai profeti. Lo stesso Signore mostrò nella solitudine la sua gloria ai discepoli. Anche se il corpo vi è racchiuso, tutto è possibile per lo spirito. Vaga dunque con lo spirito, spazia con lo spirito anche se non ti concedi viali ombrosi e lunghi portici, ma quella via che conduce a Dio. Tutte le volte che l’avrai percorsa non sarai in carcere. Lo spirito avvolge l’uomo nella sua interezza e lo porta dove vuole”. (Tertulliano, ”Ad martyras”) Francesco Cossiga, una vita di insperati successi (2). Il presidente emerito della Repubblica, senatore Francesco Cossiga, ha rievocato le origini della famiglia paterna. Il nonno Francesco proveniva da Chiaramonti ed era figlio di pastori molto influenti: ”Mio bisnonno era pastore, però, nel senso sardo del termine, che significa proprietario di greggi e di terre, ma privo di titoli e che, quindi, non può essere detto: Signore. Le categorie sociali sarde infatti erano: Nobili titolati, cioè conte di, marchese di, eccetera, che erano quasi tutti non sardi, ma catalani, spagnoli, savoiardi e via dicendo. Poi c’erano i Cavalieri patrizi, per la maggior parte sardi, ma anche catalani, come Berlinguer... quindi Bianca Berlinguer è nobildonna, N.D., patrizia sarda, e infatti ha l’anello con lo stemma, che le regalarono i parenti di Sassari quando si sposò, però visto che si dà arie da comunista non lo mette, al contrario di Federica Sciarelli, che è marchesa e ogni tanto, dandosi le arie da extraparlamentare, porta l’anello nobiliare... dunque, dopo i Cavalieri, c’erano i Borghesi, che erano professionisti, commercianti, magistrati, e c’erano i Proprietari. I Proprietari avevano beni, ma non lavoravano, perché a quello pensavano i servi... s’intende che da noi ”servo” non ha connotazione negativa. E infine c’erano i Pastori. I Pastori, al contrario dei Borghesi e dei Proprietari, non facevano parte dei Signori. E non era una questione di mezzi, perché il Pastore poteva anche avere molti più mezzi del Proprietario, ma Signore non poteva essere chiamato. Queste classi sociali, dunque, erano fissate, non potevano intrecciarsi. Senonché succede che mio nonno Francesco si innamora di una nobile di Sassari, donna Rosa, scrivendole anche, da poeta, dei versi: ’Sei bella come un fiore, sei bella come la primavera’. Ma la reazione era inevitabile e i fratelli della ragazza arrivano a casa di mio nonno in piena notte. Lo chiamano sotto e gli dicono: ’Sei morto, potresti anche essere ufficiale del re, ma sempre figlio di pastori rimani’. Vista la situazione, il nonno, prudente, preferisce cambiare aria, andandosene a fare il medico condotto a Siligo, un paese di duemila abitanti, più piccolo di Chiaramonti, di tradizioni giacobine... lì, tra l’altro, con la sua specializzazione in oculistica all’università di Pisa, apre una piccolissima clinica, dove inventa una cura del tracoma, tanto che, quando feci la mia prima campagna elettorale, trovai ancora molte vecchie donne che erano state curate da lui... Insomma nonno Francesco arriva così a Siligo. E poiché il suo intento era sempre quello di promuoversi socialmente, guarda caso si innamora della figlia del feudatario del paese, Don Giuseppe Ladu, avvocato che si vantava di essere marchese, cosa peraltro falsa. Però era vero che Don Giuseppe era di famiglia eminente, nipote di Don Efisio, morto fucilato da martire del Risorgimento e membro della Giovine Europa. Fatto per cui Giovanni Spadolini era convinto che questo fosse il maggiore attributo d’onore della mia famiglia... Mio nonno, dunque, si mette ad amoreggiare con la figlia di questo Don Peppe Ladu. Il quale, naturalmente, si oppone, anche se, a ben guardare, proprio lui, Don Peppe, aveva sposato la figlia di un barbiere... e, vedi la combinazione, questa figlia del barbiere aveva una sorella che amoreggiava a sua volta, e poi finì sposata, con il giovane Girolamo Berlinguer, medaglia d’oro dei Carabinieri di Sardegna e fratello del bisnonno di Enrico. Fu così che mio nonno e Girolamo Berlinguer, non avendo il permesso del re per fare quel che facevano, e destinati a diventare parenti, finirono in carcere a Cagliari. Ma ecco che la cosa assume risvolti clamorosi...”. Antonello Capurso (continua)
• Il Foglio 27 aprile 2006. ”Due applausi per la democrazia: uno perché ammette la varietà, due perché permette la critica. Due applausi sono perfettamente sufficienti: non c’è nessun motivo per arrivare a tre” (Edward Morgan Forster). Il senatore a vita Francesco Cossiga dichiara: ”Io ho un dubbio: e cioè che Silvio Berlusconi, legato da ben più antichi, forti e solidi vincoli di amicizia, intessuti di gratitudine, nei confronti di Franco Marini, preferisca alla presidenza del Senato di gran lunga lui rispetto a Giulio Andreotti, che da sempre è stato implacabile critico e avversario della sua linea politica e dei suoi governi. Mi è stato chiesto perché secondo me Silvio Berlusconi non si sia ancora pronunziato a favore della candidatura di Giulio Andreotti a presidente del Senato. Ho girato la domanda ai noti ’pattinatori artistici sul ghiaccio’ Bonaiuti, Bondi e Cicchitto: essi, mentendo e sapendo di mentire!, ma con molta grazia, mi hanno detto: ’Per non comprometterlo’. Sono certo che sia Giulio Andreotti che Franco Marini sarebbero due ottimi presidenti del Senato. Ma se fossi Silvio Berlusconi, politico e imprenditore, preferirei di gran lunga Franco Marini perché se volessi un giorno ottenere un favore personale o politico, su di lui, come è stato a suo tempo nel caso di Mediaset, potrei senz’altro contare, mentre su Giulio Andreotti saprei di non poter contare affatto. E poi, avere un amico certo, in una posizione istituzionale così eminente, potendo far finta di contrastarlo e addirittura di protestare per la sua elezione da parte del centrosinistra prodiano, è il massimo di quella sopraffine arte drammatica, in cui l’amico Silvio eccelle, come ha dimostrato portando con le sue eccezionali performance teatrali degne di Broadway, il distacco elettorale tra l’Unione e la Casa delle libertà da circa il 10 a meno dell’1 per cento. Francesco Cossiga, una vita di insperati successi (3). Il nonno del presidente emerito della Repubblica, senatore Francesco Cossiga, corteggia, a Siligo, la figlia del feudatario del paese, Don Giuseppe Ladu, ”avvocato che si vantava di essere marchese, cosa peraltro falsa”. Il giovanotto, però, è figlio di pastori, sia pure influenti, e Don Peppe non approva la relazione, socialmente sconveniente: ”Don Peppe – ricorda il presidente Cossiga – è irremovibile e così la figlia, Isabella, si rivolge a un suo parente, l’arcivescovo di Sassari, perché intervenga per convincere il padre. Ma anche l’arcivescovo, anziché appoggiare la ragazza, si schiera dalla parte di Don Peppe. Allora, alle sei di mattina, mia nonna si presenta dal genitore per la resa dei conti. La ragazza fa notare a Don Peppe che anche lui, in gioventù, aveva sposato la figlia di un coiffeur, il barbiere del paese, e dunque non è giusto che ora ostacoli il matrimonio con questo ragazzo, solo perché non nobile. Don Peppe dà a questo punto la famosa risposta: ”Perché il re rende regina la moglie e non viceversa!”. Mia nonna, decisa comunque a non cedere, lascia la casa, prende la carrozza e l’indomani ripara a Sassari dalla zia. Soluzione intermedia che non equivaleva a scappare con mio nonno, giacché il padre le aveva detto: ”Se lasci la casa per andare da quel ragazzo non ci metterai più piede”. Con il tempo, comunque, le cose non migliorano e, anzi, quando mio nonno costruisce un grande palazzo, più alto degli altri, nella strada principale di Siligo, si crea un nuovo grande fermento. Vista la situazione e la rinnovata opposizione di Don Peppe, i parenti di mio nonno arrivano notte tempo, da Chiaramonti a Siligo, con i fucili. Bussano alla casa e dicono: ”Zio Francesco Maria... vuoi nulla?”. Mio nonno, che capisce perfettamente il significato della domanda: ”Vuoi che mettiamo a ferro e fuoco le case dei tuoi avversari?”, apre le cantine, fa fare una grande bevuta ai parenti e li rimanda indietro evitando un eccidio... Ma come avviene la riappacificazione, dopo oltre dieci anni, nati già dei figli dal matrimonio, celebrato ma sempre osteggiato, tra nonno Francesco e nonna Isabella? Don Peppe Ladu era una braghetta allegra... non so se mi spiego... e la moglie, avendo saputo che frequentava di nascosto la casa di una bellissima popolana, fa recapitare all’indirizzo della concorrente e amante del marito, una grandissima poltrona dorata, in damasco rosso, con questo messaggio: ”Così Don Peppe vi si può sedere”. Senonché qualche giorno dopo sparano al mio bisnonno Don Peppe, mentre è per strada che si sta recando a una sua casa... bellissima, sopra il paese, che purtroppo non mi è spettata nell’eredità... Il colpo, poco preciso, gli porta via il cappello ma lo lascia vivo. Si dice subito: è un killer pagato dal marito dell’amante popolana. Il killer, quindi, viene arrestato, processato, e, però, assolto. E il giorno dopo la scarcerazione cosa succede al killer? Viene trovato ucciso, con la gola tagliata da orecchio a orecchio. Chi corrono ad arrestare i carabinieri? Mio bisnonno, Don Peppe Ladu, come mandante dell’omicidio. Ma lui, quando i carabinieri lo vanno a prendere, si ricorda che il genero, mio nonno, che lui non aveva mai accettato, è figlioccio di Pasquale Mana, il più grande avvocato sardo del tempo e deputato al Parlamento Subalpino. Don Peppe manda a chiamare il genero rifiutato, il quale, a sua volta, intercede con il padrino avvocato. Costui difende Don Peppe, che viene assolto, e tra mio nonno paterno e mio bisnonno materno arriva finalmente il sereno. Ora, intendiamoci, tra le due tesi... che Don Peppe sia stato assolto perché aveva un grande avvocato, oppure che sia stato assolto perché era effettivamente innocente... io mi impegnerei per la prima. Insomma questa era la famiglia di mio padre, metà popolana e metà nobile...Antonello Capurso (continua)
• Quando Cossiga al liceo si fece la frittata in classe e fu sospeso per sette giorni. Il Foglio 4 maggio 2006. ’Si pensa a me per un posto, ma disgraziatamente ero adatto: c’era bisogno di uno che sapesse fare i conti, lo ebbe un ballerino.” (Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais, ”Il matrimonio di Figaro”). Francesco Cossiga, una vita di insperati successi. Il presidente emerito della Repubblica, sen. Francesco Cossiga, ricorda la sua famiglia e il liceo: ”La mia famiglia era una delle famiglie repubblicane del giro nobile e borghese di Sassari, molto austera e severa, al punto che non si usava neanche il bacio della buona notte... credo che io e mia sorella non ci siamo mai neanche abbracciati... Una famiglia dominata dalla figura del padre di mia madre, nonno Antonio Zanfarino, massone, il quale morì a 99 anni, nel 1946, rammaricato di non aver visto nascere la Repubblica. Quanto a me, ero un bambino molto bravo, molto educato, molto signorino di famiglia borghese, non particolarmente vivace ma appassionatissimo di storia e di soldatini, quelli di carta... che però non ho più. Ed ero anche molto studioso. A scuola ho bruciato le tappe. Le mie materie preferite erano matematica, storia, filosofia e italiano, ma andavo bene un po’ in tutto. Solo in condotta non ebbi mai più di 6. Una volta fui anche espulso dalla scuola, per aver mangiato in classe, durante la lezione, pane e frittata. Andò così: una ragazza era appena arrivata da fuori al nostro liceo, a Sassari, e non aveva ancora una posto, nella sezione C delle donne, dove andarsi a sedere. Dunque viene sistemata provvisoriamente nella sezione A, riservata ai maschi, sia pure defilata vicino al corridoio. Questa ragazza si accorge che io, a una certa ora, tutti i giorni, sgranocchiavo qualcosa durante la lezione. Allora mi dice: ’Domani ti porto io qualcosa da mangiare’. E il giorno dopo arriva con tegamino, uova, olio, pane e fornelletto a meta. Insomma, mi ha fatto la frittata durante la lezione, e io l’ho presa. Il professore mi becca e mi dice: ’Cossiga! A tutti piace la frittata!’. Sospesi tutti e due per 7 giorni. Allora alle 8 di mattina io la passavo a prendere, e andavamo a sfottere i compagni che erano costretti ad andare a scuola, mentre noi due, sospesi, ce ne andavamo a passeggio. Ma perché questa mia condotta? E’ semplice: approfittavo del fatto che ero bravissimo in tutte le materie. Ricordo anche che al compito della licenza liceale, che presi a 16 anni, mi dettero 10 meno. Il ’meno’ perché, come succede in Sardegna, sbagliavo le doppie, e non avevo voglia di consultare il dizionario. A dire la verità le doppie sono una cosa che sbaglio ancora, ma per fortuna, adesso, ci sono i ragazzi della mia scorta che mi correggono... Antonello Capurso (continua)
• ”Per l’amore il corpo non è che il tramite.” (Karol Wojtila, ”La bottega dell’orefice”) Segretario edonista. Il segretario del Pdci, onorevole Oliviero Diliberto, confessa: ”Apprezzo stare a tavola. Traduzione: mangio e, soprattutto, bevo con allegria e cupidigia. Cioè molto”. Francesco Cossiga, una vita di insperati successi. Il presidente emerito della Repubblica, Francesco Cossiga, ricorda: ”Con l’arrivo degli americani a Sassari, mio padre iniziò a lavorare con un colonnello britannico, che in realtà era un funzionario della Banca d’Inghilterra addetto al controllo del Banco di Sardegna. Questo colonnello ci dava sigarette, cioccolato, zucchero... scopersi anche il chewing-gum. Poi, insieme ad un gruppo di ragazzi... c’era anche Celestino Segni... feci per un po’ il contrabbandiere di sigarette. Noi le acquistavamo dai marinai e dagli aviatori inglesi e statunitensi, e le rivendevamo con una piccola maggiorazione. Ma non per lucro, lo facevamo per fare qualche soldo e permetterci anche noi di fumare. La cosa però si fece rischiosa, non tanto per la violazione della legge, ma perché ci eravamo messi, senza volerlo, di traverso al contrabbando vero. Noi facevamo dei prezzi stracciati, e quelli, cui non piaceva la nostra concorrenza, ci volevano bastonare. Terminò così la nostra attività. Nel frattempo aveva preso il via la lenta ricostruzione della democrazia. Erano momenti agitati, e zio Mario Berlinguer, avendo violato il divieto di tenere comizi, si trovò ricercato dalla polizia britannica. Vanno ad arrestarlo, e lui per scappare cerca di scendere dalla finestra calandosi con le lenzuola. Ma, siccome non sa fare il nodo, precipita e si rompe una gamba. Subito dopo ci fu la sommossa del pane, capitanata da Enrico Berlinguer. Fu un momento epico. Enrico era un mito, era il figlio di Don Mario, il nipote di Don Enrico, ed era una cosa clamorosa che proprio lui, nobile, finisse in prigione al fianco dei popolani in rivolta, contro i carabinieri. Anche io comunque feci la mia parte, tanto che, all’inizio della campagna ’monarchia o repubblica’, partecipando a un corteo repubblicano a Roma, finii per prendere le botte dalle forze dell’ordine...”. Antonello Capurso (continua)
• Non c’è amore, se non a prima vista” (Benjamin Disraeli). Francesco Cossiga, una vita di insperati successi (10). Il presidente emerito della Repubblica, Francesco Cossiga, osserva: ”Ho preso la maturità nel 1944, a 16 anni, studiando moltissimo, anche a causa di un grave incidente che mi aveva immobilizzato. Tutti sanno che si trattò di un incidente in bicicletta, quello che non si sa è perché accadde... passava una ragazza molto carina, che mi interessava, ma anche più grande di me. Mi sono distratto e, andando a sbattere, sono caduto rompendomi una gamba. Lei era una delle persone più affascinanti che conoscessi, ed era di famiglia di repubblicani, massoni, e cugina di Berlinguer. Oltretutto, faceva parte del côté sassarese, cosa già invidiabile in sé. E’ stata la mia prima fidanzata, ma la cosa non durò molto perché lei, sia pure di un anno, era troppo grande per me. Più tardi sposò il figlio di un futuro presidente della Repubblica, nostro amico, che rinunziò a fare politica per due motivi: primo, così voleva la moglie; secondo, voleva molto bene al fratello minore e capiva che in politica avrebbe desiderato andare lui... Gli abbiamo offerto tutto: di fare il deputato, di fare il senatore, di fare il presidente della Regione, ha sempre rifiutato... Comunque, quella ragazza è stata la mia prima fidanzata, ma non la prima di cui mi sono innamorato, che è stata invece la figlia dell’allora ministro delle Finanze. Lei aveva per nonna una Berlinguer, sorella di mio zio Mario Berlinguer. E la sorella del nonno aveva sposato il nonno di Enrico Berlinguer, fratello di mio nonno. Posso affermare che, nel caso di entrambe, la cosa sarebbe stata vista benissimo dalle famiglie. Poi c’è stata la terza ragazza della mia vita: bellissima, bruna, dura, intelligente e ricca. E anche presidente delle universitarie cattoliche. Però era molto più grande di me, aveva 25 anni. Le cose andarono così: io, già professore incaricato all’università, ero diventato anche il più giovane consigliere d’amministrazione della Banca d’Italia. Quindi, non avendo tempo, non le avevo mai fatto la corte. Ma un giorno, me lo ricordo come fosse adesso, le telefono e le dico: ’Ti devo parlare’. ’Va bene’, dice lei. E io: ’E’ una bellissima giornata, passo a prenderti alle tre e ci facciamo una passeggiata a San Pietro’. Quella di San Pietro era la passeggiata degli innamorati... e una volta arrivati io mi dichiaro: ’Senti, mia cara, ho deciso di sposarti’. Risposta: ’E io no... ma tu sai il bene che ti voglio, quindi puoi capire quanto sia addolorata nel darti questo dispiacere’. Per consolarmi mi prese, cosa bellissima, sottobraccio e ci recammo in chiesa a dire il rosario. Poi, sempre sottobraccio, tornammo dalla chiesa. Ma, poiché in città ci avevano visto in quel modo, pur avendomi lei biscottato, a Sassari si sparse la notizia che ci eravamo fidanzati. So che questo è ancora uno dei pettegolezzi preferiti di Sassari. E lei mi ha in seguito raccontato che quando rientrò a casa, la madre le chiese subito: ’Ma cosa voleva Francesco Cossiga?’, ’Mi ha chiesto di sposarlo’, ’Ah! che meraviglia!’, ’Ma io gli ho detto di no’, ’Sciagurata, come gli hai detto di no!?’... Insomma, lei oggi è sempre molto bella, e mi è rimasta affezionata. E’ venuta anche al mio insediamento a presidente della Repubblica. Recentemente Anna La Rosa ha trovato una vecchia fotografia, che ritraeva me insieme a quella ragazza e l’ha fatta vedere in una trasmissione a cui partecipavo. Mi ha anche chiesto di raccontare la storia. Ma il giorno dopo la signora in questione mi ha chiamato: ’Ho visto la tv. Ma possibile che hai ancora questa volontà masochistica di far sapere a tutti che io ti ho detto di no!?”. (continua) Antonello Capurso