Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  novembre 12 Sabato calendario

Il boom degli affitti low cost in Italia: «Per molti un sostegno al reddito». Così ospitare in casa è diventato un lavoro a tempo pieno

Ormai è diventata quasi un’ovvietà: la più grande catena alberghiera del mondo non possiede nemmeno una stanza. Non è uno slogan, ma un dato: Airbnb vale 30 miliardi di dollari, più di tutti i colossi dell’hotellerie planetaria. Ma la rivoluzione portata dalla start-up californiana va molto al di là delle cifre.
Il giochino inventato da due studenti squattrinati di San Francisco nel 2007 ha gettato nello scompiglio categorie varie: assessorati al turismo praticamente di tutte le città del mondo, le associazioni di albergatori, i vicini di pianerottolo preoccupati da questi affittuari con la valigia e legislatori in cerca di un modo per far pagare le tasse a tutti.
La storia
Joe Gebbia e Brian Chesky, coinquilini di un appartamento di San Francisco, hanno un problema: il padrone di casa ha aumentato l’affitto e i due giovani devono trovare una modo per pagarlo. Approfittando di una fiera in città e del tutto esaurito negli alberghi, decidono di mettere a disposizione un divano letto con un annuncio su Internet. L’idea funziona e due anni dopo nasce la società. Il successo è repentino e alla fine del 2010 sono già 700 mila le notti prenotate sul portale.
La filosofia
Campione della sharing economy, Airbnb promuove l’incontro tra i viaggiatori e i padroni di casa, una nuova forma di turismo rispetto a quella tradizionale. «Live like a local», (vivi come un abitante del posto) è uno degli ultimi slogan della società californiana. Ma i dati dicono che la gran parte degli annunci riguarda appartamenti che vengono affittati per intero, con pochi o nessun contatto tra il padrone di casa e il turista.
Il successo
I numeri crescono senza sosta, i ricavi del 2015 sono stati di 900 milioni e, secondo le aspettative degli investitori, saliranno a 10 miliardi nel 2020 (ovvero il 10 per cento del mercato). La valutazione attuale stimata è di 30 miliardi di dollari. Gli italiani sono quelli che sembrano apprezzare di più, sia nella veste di «host» (i padroni di casa), circa 83 mila, che in quella di utenti, 1 milione e 384 mila nell’ultimo anno.
Gli italiani
Per molti italiani è un sostegno del reddito: secondo le stime di Airbnb, il 24% degli utenti che mette in affitto una casa ha un reddito inferiore ai 13.600 euro l’anno. La Federalberghi italiana smonta le tesi: «Sono attività economiche a tutti gli effetti. Oltre la metà degli annunci sono pubblicati da persone che amministrano più alloggi»
Le città
La rivoluzione Airbnb è tale che interi quartieri delle città più turistiche hanno cambiato fisionomia. Venezia e Barcellona sono gli esempi migliori: i centri storici si svuotano di residenti che affittano i propri appartamenti e si spostano in altre zone. Chi resta si oppone e un dato lo racconta: Ada Colau, attuale sindaca di Barcellona, dopo aver preso impegni in campagna elettorale per risolvere il problema degli affitti illegali, ha stravinto le elezioni proprio nei collegi delle zone più colpite da questo fenomeno, il centro storico, la Barceloneta e la Sagrada Familia. Airbnb replica: «Noi promuoviamo un turismo responsabile», e non a caso è partita una campagna per favorire gli affitti nei quartieri più periferici delle città.
Le contromisure
Per regolamentare il fenomeno le città si sono organizzate in ordine sparso: a New York sarà concessa la licenza solo ad appartamenti in affitto per più di 30 giorni (la legge è sospesa per il ricorso di Airbnb); ad Amsterdam i giorni sono 90; a Barcellona c’è una moratoria di un anno (già rinnovata); Berlino impone di mettere annunci solo per le stanze e non per l’intera casa. Tante misure e, praticamente ovunque, pochi risultati.
I nemici
I più accaniti critici di Airbnb sono le associazioni di albergatori. Gli hotel denunciano la concorrenza sleale a più livelli, soprattutto a quello fiscale.