Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 12 novembre 2016
Appendicite
• Appendicite. Quell’appendice che non vorresti mai. E’ piccola piccola. Eppure, quando si infetta, è capace di far vedere le stelle. Stiamo parlando dell’«appendice vermiforme» (si chiama così perché sembra davvero un vermiciattolo), un piccolo cilindro, lungo circa 8-12 cm, situato nell’intestino cieco, a destra, nella parte bassa dell’addome. Anche se ne sentiamo parlare solo quando crea problemi, l’appendice ha una funzione importante: « un organo linfatico deputato alla difesa immunitaria, un po’ come le tonsille (che proteggono i bambini dalle bronchiti)», spiega il dottor Carlo Alberto Dell’Agnola, responsabile dell’unità operativa di Chirurgia pediatrica all’ospedale Niguarda di Milano. La sua struttura a sacchetto favorisce il ristagno di piccoli residui fecali che con l’andare del tempo si calcificano. «Per ”difendersi” da quanto la ostruisce e nel tentativo di cacciare gli intrusi, l’appendice si gonfia e diventa terreno fertile per i germi. A questo punto la parte comincia a far male, anche se si tratta ancora di uno stato di infiammazione che si combatte con gli antibiotici». L’intervento chirurgico diventa necessario solo quando l’infiammazione, da acuta, si trasforma in infettiva. «Nell’80% dei casi, per i bambini, il problema si manifesta fra i 6 e i 10 anni, ma capita anche ai più piccoli e per due ragioni. La prima di ordine psicologico», dice Dell’Agnola, «perché sotto i due anni il bimbo ”ha paura della paura”: spaventato dal dolore che sente, strilla appena lo si tocca sulla zona che duole. Ciò impedisce altri tipi di trattamento e, quindi, se è il caso, si interviene subito chirurgicamente. Il secondo motivo? Il suo organismo non ha ancora sviluppato le difese organiche, e risulta quindi più fragile all’azione dei virus che investono l’appendice».
• Un bacio e passa la paura. L’intervento è inevitabile, il ricovero è alle porte. Ora la parola d’ordine diventa «tranquillità». Vietato quindi trasmettere ansia al bambino, che deve restare rilassato. Ecco qualche indicazione per preparare il piccolo all’operazione e per affrontare la sua convalescenza. Cominciamo con le coccole. Piccoli gesti d’affetto sono il modo più diretto per fargli sentire che va tutto bene. L’intimità di una carezza ha lo stesso valore di un «Sono qui con te, affronteremo insieme questa piccola parentesi». Regola numero due: mettete in valigia «un’appendice» dei suoi giochi, il pelouche preferito o, se è già grandicello, un gioco da tavolo che farete insieme per ingannare il tempo. Non dimenticate qualche pigiama di ricambio (meglio la chiusura con i bottoni, l’elastico potrebbe dare fastidio a contatto con la ferita subito dopo l’intervento), asciugamani e tutto il necessario per l’igiene personale (dentifricio, spazzolino, sapone liquido, salviette usa e getta, fazzoletti di carta). Una settimana dopo l’intervento, il bambino può tornare a scuola. Non preoccupatevi se la ferita «tira» un po’: è normale. Al mare, occhio a non esporla al sole o alla sabbia: proteggetela con un cerotto. Limitate pure i bagni, scegliete le ore più calde della giornata.
Quanto all’alimentazione, evitate la pastasciutta, i legumi e il pane: tendono a gonfiare l’intestino. Discorso a parte per lo sport: se non è agonistico, bastano due settimane di pausa. In caso contrario, aspettate il via libera del pediatra.
• Individuala così. Non è facile riconoscere se e quando siamo davvero di fronte all’appendicite. Mal di pancia e nausea potrebbero far pensare, infatti, a un’influenza. Ecco allora le fasi tipiche per individuarla con sicurezza. Prima fase. Il dolore è intermittente e si localizza intorno all’ombelico. Il bimbo ha la nausea ed è inappetente. Seconda fase. Il dolore diventa costante e scende verso la parte inferiore destra dell’addome. Terza fase. è quella che fornisce l’indizio principale. Se le fitte sono costanti e il bimbo preferisce restare immobile, è proprio appendicite. Quarta fase. Il bambino continua a non voler mangiare, non va in bagno, dalla nausea passa al vomito. La febbre sale (prima non supera i 38°, poi tocca i 40°).
• La diagnosi. Non sempre, quando l’appendice si infiamma, è necessario asportarla. Ecco come capire se è il caso o no di operare.
Gli esami. Verificate la presenza di un tasso elevato di globuli bianchi nel sangue o se ci sono tracce di sangue nelle urine. La conferma definitiva arriva però soltanto con un’ecografia addominale.
La palpazione. In caso di appendicite acuta basterà una leggera pressione del medico sulla zona per provocare dolore. Stessa reazione quando si preme sull’addome e poi si toglie d’improvviso la mano.
L’intervento. Nel caso di appendicite acuta, è bene agire in fretta per evitare che l’appendice si perfori e trasmetta l’infezione al peritoneo. un’operazione di routine, senza rischi. Viene praticata un’anestesia spinale. I punti di sutura sono «graffette» che si sciolgono da sé, così non c’è bisogno di tornare in ospedale per toglierli. Il tempo massimo di ricovero arriva a 15 giorni.