Pallinato da Frammenti, Gruppo AAA, 12 novembre 2016
La sua risposta su Bibbia e Corano è fuorviante
• La sua risposta su Bibbia e Corano è fuorviante.
La Sacra Scrittura, che, secondo la Chiesa cattolica, è ispirata da Dio, consta di due «Testamenti» l’Antico e il Nuovo. In essi la rivelazione è presentata in modo progressivo e trova la sua forma finale, definitiva e vincolante per il cristiano, solo nel Nuovo.
In entrambi i Testamenti ci sono libri e/o passi di volta in volta narrativi, sapienziali, morali e metafisici. Nel settore delle norme morali la Chiesa ritiene vincolanti solo le norme rivelate da Gesù e trasmesse dai suoi discepoli (che ad esempio nel caso dei Dieci comandamenti riproducono quelli dell’Antico Testamento). Ora lei può ben cercare nel Nuovo Testamento e in bocca a Gesù e ai suoi, non vi troverà altro che amore incondizionato, perdono dei nemici e paziente sopportazione del male eventualmente inflitto da altri. Questo è secondo San Paolo la sintesi e la quint’essenza di tutta la legge morale. Di solito, da parte di chi non appartiene alla Chiesa, si obbietta che anche la Chiesa nella sua storia bimillenaria si è comportata nei confronti degli avversari proprio come altre comunità religiose o agnostiche che hanno diversi principi morali. Se e nella misura in cui ciò è avvenuto (si deve tener presente anche il diritto alla legittima difesa!), ciò è stato in assoluto contrasto con le parole del suo fondatore, a differenza di altre religioni in cui ciò è invece comandato o perlomeno permesso. Anche per quanto riguarda l’Antico Testamento, da cui lei trae alcune citazioni, vorrei ricordarle che si tratta di testi narrativi, non prescrittivi per tutti i fedeli e precisamente di fatti del XIII secolo avanti Cristo, non, come nel caso del Corano, di testi prescrittivi del VII secolo dopo Cristo.
Anche per ciò che concerne l’Antico Testamento, comunque, la Torah si riassume nel ben noto Decalogo, in cui troviamo il comandamento di non uccidere l’innocente. Anche nell’Antico Testamento, nei testi di carattere giuridico o morale, sempre si condanna l’ingiustizia, mentre Lev.
19,17 comanda di amare «il prossimo come te stesso» e Tob. 4,15 di non fare agli altri quello che non vuoi si faccia a te. Tutto questo verrà poi perfezionato da Gesù.
Corrado Marucci, S.I.
Ordinario di teologia biblica al Pontificio Istituto Orientale
Caro Marucci,
G
razie per la sua lettera, molto esauriente e interessante. Le lascio quindi buona parte del mio spazio e mi limito a tre osservazioni.
In primo luogo mi è difficile fare una distinzione fra testi descrittivi e prescrittivi quando Dio chiede a Mosé, nell’Esodo, di annunciare al Faraone le piaghe che devasteranno l’Egitto se non verrà permesso al popolo ebraico di partire liberamente. E mi è difficile considerare semplicemente descrittiva la conquista di Ai quando l’azione di Giosuè risponde a un preciso ordine del Signore. E non vedo perché debba esservi una radicale differenza fra il XIII secolo a.C. e il VII secolo d.C. se nel 1099, quattro secoli dopo Maometto, i crociati fecero di Gerusalemme un lago di sangue.
In secondo luogo è vero che l’Antico Testamento contiene comandamenti ammirevoli, ricchi di pietà e misericordia. Ma esistono anche nel Corano e dimostrano che molti testi sacri sono un pot-pourri, scusi l’espressione, in cui è possibile trovare di tutto.
In terzo luogo sono consapevole della differenza fra l’Antico e il Nuovo Testamento. Ma non credo che lei abbia ragione quando sostiene che soltanto il Nuovo, per il cristiano, è vincolante. Temo che molti evangelici americani (i sostenitori del creazionismo ad esempio) continuino a credere nel valore letterale e vincolante dell’Antico Testamento.
• A Khalida El Khatir, la studentessa che ha scritto per lamentare le difficoltà di un musulmano che vuole praticare la sua religione in Italia, rispondo che ho letto il Corano.
L’ho letto quattro volte perché non credevo ai miei occhi. Ecco alcun versetti che concernono in particolare la violenza verso gli infedeli.
2/191: ammazzateli ovunque essi s’incontrino! Fateli uscire da dove essi vi hanno cacciato! La persecuzione è più forte della strage. Non combatteteli presso la moschea, a meno che essi ci diano battaglia in quei paraggi: ché se in verità vi attaccano, uccideteli! Questa è la fine degli infedeli.
2/193: combatteteli fino a che non vi sia più ribellione, e che la religione sia quella del Dio.
4/89: vorrebbero far di voi degli infedeli, come loro, vorrebbero che voi vi abbassaste al loro livello. Fate attenzione a non crearvi tra loro degli amici, se prima non emigrano nel sentiero del Dio. Se si girano indietro, prendeteli, fateli morire ammazzati ovunque essi si trovino, e tra loro non cercate né amico né soccorritore.
4/91: se non si mantengono in neutralità nei vostri riguardi, né vi offrono la pace, né abbassano le armi, assaliteli, ammazzateli là dov’essi si trovano:su di loro vi concediamo pieni poteri.
5/33: quella sarà la ricompensa dovuta a coloro che fanno guerra al Dio e al suo profeta e che ce la mettono tutta per creare disordini sulla terra.
Moriranno di morte violenta.
Saranno crocefissi. Gli sarà tagliata una mano, gli sarà amputata la gamba della parte opposta a quella della mano.
Saranno cacciati dal loro territorio. Destino crudele!
Vergogna qui in terra, castigo tremendo nell’aldilà.
8/7: allorquando il Dio vi faceva promessa di concedervi una delle fazioni in arresa voi bramavate di impadronirvi di quella che era disarmata, mentre il Dio intendeva manifestare la verità per mezzo del suo verbo e sterminare gli infedeli fino all’ultimo.
Questo è soltanto un piccolo campione. Ce n’è abbastanza per essere allarmato di ciò che s’insegna nelle moschee.
Tralascio i commenti possibili perché il testo si commenta da sé. Non crede che per il suo contenuto il Corano esprima una dottrina pericolosa per l’umanità? E per certi aspetti anche nemica dell’uomo, infedele e islamico compreso?
Paolo Codecasa
paolo.codecasa@ fastwebnet.it Caro Codecasa, la sua lettera contiene 26 citazioni dal Corano. Per ragioni di spazio ho dovuto abbreviare e pubblicare soltanto le prime sei. Ma spero di avere lasciato intatti i suoi argomenti e il senso del suo messaggio. Potrei risponderle che il Corano, come ogni testo sacro, contiene anche numerosi messaggi ispirati da sentimenti di carità, amore, misericordia. Ma preferisco riprodurre altrettante citazioni dall’Antico Testamento e ricordare che i modernisti cattolici, sin dalla fine dell’Ottocento, ci avevano insegnato a trattare i testi sacri alla stregua di documenti storici, da collocare, per essere compresi, nel contesto dell’epoca in cui furono scritti. Un fedele, secondo i modernisti, può credere nella loro ispirazione divina, ma ammettere che Dio abbia usato il linguaggio più corrispondente ai costumi e alla cultura di coloro a cui erano originalmente indirizzati. Comunque, caro Codecasa, ecco sei esempi tratti dai libri dell’Esodo e di Giosuè. Così ha detto il Signore: «A metà della notte io uscirò in mezzo all’Egitto, e morirà ogni primogenito in terra d’Egitto dal primogenito del Faraone che siede sul suo trono fino al primogenito della serva che sta dietro la mola e ogni primogenito del bestiame» (Esodo, 11) L’acqua ritornò e coprì i carri, i cavalieri, e tutto l’esercito del Faraone che veniva dietro a loro nel mare: di loro non ne restò neppure uno. (Esodo, 14. Passaggio del Mar Rosso) Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai, perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso che punisce la colpa dei padri sui figli, fino alla terza e quarta generazione per quelli che mi odiano (...) (Esodo, 20) Sterminarono tutto quanto era nella città, uomini e donne, giovani e vecchi, perfino i buoi e gli asini passarono a fil di spada (Giosuè, 6. Presa di Gerico) Allora Giosuè prese Acan figlio di Zerach, con l’argento, il mantello, il lingotto d’oro, i suoi figli e le sue figlie, i suoi tori, i suoi asini e tutto il bestiame minuto, la sua tenda e tutto quanto gli apparteneva (...) e li condussero nella valle di Acor. Giosuè disse allora: «Perché tu hai voluto affliggerci? Così il Signore affligga te oggi». Tutto Israele lo uccise con pietre. Innalzarono quindi su di lui un grande mucchio di pietre che c’è anche oggi, e il Signore si calmò dal furore della sua ira».(Giosuè, 7. Il peccato di Acan e le sue conseguenze) Quando Israele ebbe finito di uccidere tutti gli abitanti di Ai nella campagna, nel deserto, dove quelli prima lo inseguivano, e tutti furono caduti sotto la spada, in modo che non sopravvivesse alcuno, allora tutto Israele tornò ad Ai e la passò a fil di spada. Il totale degli uccisi in quel giorno, fra uomini e donne, fu di dodicimila, tutta la gente di Ai.(Giosuè, 8. Conquista della città di Ai).
• I colleghi del Vangelo. Il Sole 24 Ore 25 novembre 2007. Sono un lettore assiduo di mons. Ravasi sul supplemento domenicale del Sole-24 Ore. A lui vorrei affidare un particolare quesito che forse può essere anche una vera e propria considerazione. Sulla scia del duplice elenco di sacre violenze citate qualche tempo fa da un lettore del maggior quotidiano italiano per l’Islam e dal suo interlocutore, l’ambasciatore Sergio Romano, per l’Antico Testamento, anch’io Le invio una mia antologia ulteriore di simili efferatezze testuali. Lo faccio da cristiano che ama i Vangeli e l’insegnamento di Cristo e concludo rilanciando a Lei la domanda: «Non è meglio lasciar perdere i fratelli maggiori ebrei o i cugini musulmani, dal punto di vista religioso, e interessarci solo al Vangelo di Gesù Cristo?». Detto in altro modo: perché non lasciar perdere l’Antico Testamento col suo "collega", il Corano, evitando di investire energie sprecate per un fragile e caduco dialogo interreligioso e procedere più speditamente sulla via evangelica e in un autentico cristianesimo?
Filippo Luciani - Siena
Certo, se stiamo alla statistica materiale elaborata da uno studioso tedesco, R. Schwager, nell’Antico Testamento ci si imbatte in 600 passi che ci informano su «popoli, re e singoli che attaccano e uccidono altri», mentre in un centinaio di altri passi è lo stesso Signore a «ordinare espressamente di uccidere uomini». evidente che il principio: «C’è nella Bibbia e quindi è da credere» diventa pericoloso quando è adottato in modo meccanico e letteralistico. questo il cosiddetto "fondamentalismo" che, partendo anche da una personale buona fede e desiderio di fedeltà assoluta, sconfina nel paradosso per non dire nell’assurdo o nel drammatico.
Il discorso, perciò, è ancora una volta quello generale della corretta interpretazione delle Scritture tenendo presenti, da un lato, una componente letteraria che è quella del linguaggio, del modo di esprimersi, dei "generi" e così via, e, dall’altro lato, una componente teologica capitale. La Bibbia Antico e Nuovo Testamento non è, infatti, un’asettica collezione di tesi o teoremi astratti da accettare e praticare automaticamente. Come è evidente in ogni sua pagina, è una storia della salvezza. Secondo le Sacre Scritture, Dio si rivela entrando nella vicenda dell’umanità, grondante peccato e miserie, e lentamente, progressivamente e con pazienza conduce l’uomo verso orizzonti di verità e di amore più alti e perfetti.
La Rivelazione non è, quindi, una parola sospesa nei cieli e comunicabile solo con l’estasi, ma è concepita come un seme o un germe che si apre la strada sotto il terreno sordo e opaco dell’esistenza terrena. Noi, allora, non dobbiamo fermarci al singolo passo: esso è da considerarsi come espressione della paziente educazione di Dio nei confronti della "durezza di cuore" o del "collo indurito" dell’uomo (e questo vale anche per le violenze dell’epoca cristiana, nonostante l’evidente collisione di questo comportamento col Vangelo). Ma, senza voler rimandare alla meta a cui ci conduce Cristo, "nostra pace", come lo definisce s. Paolo, colui che ci invita persino a «porgere l’altra guancia» già nell’Antico Testamento è presentato un Dio che perdona fino alla millesima generazione (Esodo 34, 7), che scommette sulle possibilità di conversione del peccatore, che persino cambia parere e impedisce alla sua giustizia di irrompere sul male perpetrato (Esodo 32, 14). Vorremmo a questo proposito citare solo due testi emblematici. Il primo è nel libro del profeta Ezechiele: «Forse che io ho piacere della morte del malvagio dice il Signore Dio o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva?... Io non godo della morte di chi muore» (18, 23.32). Il secondo è del libro della Sapienza: «Tu, padrone della forza, giudichi con mitezza, ci governi con molta indulgenza. Con tale modo di agire hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare l’umanità" (12, 18-19).
Bisogna, però, realisticamente riconoscere che una corretta ermeneutica storica e teologica, simile a quella che l’esegesi moderna applica alla Bibbia, è sostanzialmente assente nel mondo musulmano che, nei confronti del Corano, si muove in modo letteralista, considerandolo pura e semplice dettatura divina e non un testo, se si vuole, "ispirato" da Dio ma composto da mano d’uomo in un determinato periodo storico e secondo un linguaggio che dev’essere interpretato, per coglierne l’anima autentica e il senso genuino. Per la maggior parte dei teologi musulmani il nass, in arabo il "testo", nella sua materialità è sacro e non può essere sottoposto a interpretazione. Certo, qualche eccezione esiste, come nel caso della corrente nota come "mu ´tazilismo" che si è battuta contro gli eccessi dell’interpretazione letteralista e che ha inciso soprattutto nell’Islam sciita. Anche alcuni studiosi contemporanei del Corano, come l’egiziano Nasr Hamid Abu Zayd, nato nel 1943, si battono per il superamento di una lettura meccanica del testo sacro. Ma mentre nel mondo cristiano il fondamentalismo scritturistico è rigettato dalle Chiese e circoscritto a gruppi (anche se negli Stati Uniti in questi ultimi tempi è cresciuto a livello più vasto, lambendo la politica che se ne appropria per ragioni non certo religiose), nell’orizzonte musulmano la lettura letteralista del Corano è comune e ha conseguenze pratiche facilmente immaginabili e verificabili.
Gianfranco Ravasi