Corriere della Sera, 12 novembre 2016
Il commento a Brasile-Argentina di Mario Sconcerti
L’Argentina non vince niente da 23 anni nonostante abbia sempre avuto i calciatori migliori. Il Brasile era chiuso in una malia incomprensibile che per la prima volta nella sua storia non gli permetteva di trovare fuoriclasse. La partita di ieri ha forse cominciato a spiegare qualche perché generale. Credo che entrambe le Nazionali siano state abbastanza travolte dall’organizzazione molto forte di un unico calcio ormai universale, quello europeo. Il Brasile è scomparso davanti a Guardiola e al concetto di non poter più andare per istinto, ma di accollarsi il peso di pensare il proprio calcio. L’Argentina ha creduto bastasse chiudere la difesa e lasciare ai suoi grandi solitari il compito di risolvere la partita tenendoli però lontani dal resto della squadra. Per molto tempo tutte e due le nazioni hanno creduto di poter guardare solo in casa propria, ma nel frattempo i loro migliori giocatori giocavano ogni giorno in Europa secondo stretti modelli europei di tattica e disciplina. Nessun tecnico sudamericano ha un vero passato internazionale, hanno quasi tutti visto il calcio del Duemila solo per televisione. Non avevano capito che per la prima volta non c’erano più due mondi, l’epoca aveva scelto solo il mondo che l’aveva guidata nella sua modernità razionale. Il Brasile di Tite sembra adesso aver capito e voltato pagina. L’organizzazione del nuovo Brasile è dura e totale, porta dal palleggio, al pressing, al contropiede, ha grande rispetto per la difesa. Questo sta tornando a produrre fantasia collettiva, non più solo singola. Non c’è la ricerca del numero, la nuova qualità è complessiva. L’Argentina è rimasta invece a casa sua, nella sua vecchia squadra spezzata che non si unisce mai, lontana dal calcio perché troppo sicura del proprio. Non è più un mistero perché Messi non sia Messi nell’Argentina. Perché non sa come giocarci, conosce benissimo solo l’altro tipo di calcio. Gli argentini in patria diventano muti. E non è più un mistero perché per due volte consecutive la Coppa America è andata «scandalosamente» al Cile. Perché gioca come noi.