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 2016  novembre 12 Sabato calendario

la Repubblica, giovedì 20 luglio Ayn Rand

• la Repubblica, giovedì 20 luglio Ayn Rand. Centenario della nascita? Ma chi ricorda ancora che il suo Noi vivi fu un enorme bestseller nei primi anni Quaranta (ed. Baldini & Castoldi), e addirittura due film kolossal di Goffredo Alessandrini, con Alida Valli e Fosco Giachetti e Rossano Brazzi, musiche di Renzo Rossellini, copione di Corrado Alvaro e Orio Vergani e A. G. Majano? Russia, rivoluzione, comunismo, anticomunismo, romanticismo, melodramma, colbacchi, «Ociciornia», strazio dell´anima... Chissà se lo videro gli artefici del Dottor Zivago. Russa fuggita in America, Ayn Rand abitava presso Hollywood una villa simile a un modernissimo autosalone o autogrill, con spietate vetrate e pareti d´alluminio, un fossato di cemento tutto intorno, mobili da showroom Knoll, un bagno di specchi anche attorno alla tazza e al bidet. Era stata costruita negli anni Trenta fra colline deserte dal grande architetto razionale viennese Richard Neutra, ma su committenza del regista iperbarocco (Capriccio spagnolo, L´imperatrice scarlatta...) Josef von Sternberg. Alberto Arbasino
• la Repubblica, giovedì 20 luglio Regensburg. Se ne discorre a proposito del Papa Ratzinger e di suo fratello, direttore musicale del Duomo. In una cappella carolingia si venerava una soave icona donata da Papa Benedetto VIII all´Imperatore Enrico il Santo verso l´Anno Mille. Ma i signori forestali avevano faccioni larghi con quegli occhietti sbiechi che paiono ancora medioevali nei ritratti di Holbein e Dürer. E i boschi intorno paiono tuttora pieni di nere fiabe tipo Grimm (e talvolta riprese dai giornalacci locali) su degli Hänsel e Gretel tuttora perduti fra animali araldici e capanne misteriose. E mai più riapparsi. In questi territori Thurn und Taxis, oltre ai gossip, verrà in mente l´invocazione di Rilke alla principessa Marie, sua patronessa, dedicandole le Elegie di Duino: «Chi mai, s´io grido, m´udrà dalle schiere degli angeli? E se all´improvviso uno di quelli m´acchiappa e mi stringe sul cuore, allora svengo subito per il suo più forte Dasein». (Siccome però il Da-sein cioè l´esser-ci era un "pezzo forte" per i pensatori di tendenza boschereccia, in quelle selve faceva paura). Si andava spesso a Monaco, in anni ormai lontani, perché oltre alle mostre ragguardevoli l´esemplare Wolfgang Sawallisch dirigeva ogni sera un´opera diversa, e per noi ignota: Nicolai, Lortzing, Pfitzner, Strauss e Weber rari. Mentre Sergiu Celibidache, ai Münchner Philarmoniker, si accompagnava talvolta a Benedetti Michelangeli. Ma da Regensburg arrivava ogni weekend a Monaco il giovane Armin, popolarissimo macellaretto assai benvoluto perché rifaceva il verso dei maiali scannati e si riempiva le gote di birra per spruzzarla sui corpi degli amanti bavaresi. La sua macchina verde chiara targata «R» era un segnale davanti ai locali «da non perdere»; e soprattutto la locanda «Deutsche Eiche», dove tra il personale e i clienti Fassbinder trovava i non-attori caratteristici per i suoi film. E lì il piccolo Armin, già esuberante e allegro, divenne amante e vittima, oltre che attore disperato negli ultimi film sinistri, da Germania in autunno a Berlin-Alexanderplatz. Una sera, in piazza Navona, li vediamo passare contegnosi e vestiti uguali - camicia nera, calzoni beige - come una tipica coppia bavarese in viaggio di nozze. E Armin fa tristemente segno di non salutarci, dietro le spalle di Fassbinder che evidentemente se ne accorge e poi rifà la scena in un film, con due tedeschi nell´equivoca Marrakesh. Nei locali berlinesi, poi, i due sedevano immobili e zitti: Fassbinder sempre più tricheco, Armin mogio con la faccia sempre più tagliuzzata, finché si uccise. E l´altro poco dopo ne morì. (Come nel caso di Auden e Kallman). Alberto Arbasino
• la Repubblica, giovedì 20 luglio Regina Elisabetta. Pranzo ufficiale per i sovrani britannici nell´Appartamento di Paolo III, in cima a Castel Sant´Angelo. Arrivo presto, salgo in ascensore, si indugia a guardare i graffiti nel corridoio circolare, e c´è uno struzzo uguale al logo dell´Einaudi, ma assicurano che è lì dal Cinquecento. Appare Mario Praz, arrabbiato perché gli hanno detto che l´ascensore non va, e ha dovuto fare le scale a piedi. Ma lì presso anche gli ammiragli pomposi e rubicondi inciampano e scivolano sui gradini sbocconcellati. «Li avrà morsicati il Cellini», si rasserena il Professore. Non lo abbandono più. Ci presentano alla Sovrana, dopo l´avvertimento che la mano guantata si stringe e non si bacia. E lei, al Professore: «Ma noi ci siamo già incontrati». E lui: «Ma certo». E ricorda che a Buckingham Palace lei gli diede un´onorificenza bellissima che non riesce mai a mettere, perché anche stasera il protocollo ha detto di no. E lei: «Come to London. Wear it there». Princess Margaret veniva invece a Roma ogni anno alla fine d´agosto, e spiegava perché: negli altri mesi le toccavano impegni ufficiali ogni giorno. Quindi non riusciva a vedere la Galleria Pallavicini e le altre, in chiusura estiva; ed essendo «via tutti», le poteva capitare di pranzare quasi ogni sera con gli stessi, sull´Isola Tiberina o sull´Appia Antica, presso amiche di casati più o meno vittoriani o plantageneti. Teneva spesso una bottiglietta di limonata da supermarket sotto la sdraio in piscina; e siccome qualche gossip insinuava che vi fosse del gin, provai ad assaggiarla. Era limonata pura. A una colazione in campagna, un cameriere incauto mi versa del sugo su una spalla. E lei tralascia per un attimo John Pope-Hennessy che le sta spiegando il Beccafumi dall´altro lato: «Posso versarci qualcosa anch´io?». E giù mezza caraffa d´acqua. Alberto Arbasino
• la Repubblica, giovedì 20 luglio Religione romana. Volentieri ci si domanda perché tanti promettenti giovani «preferiscono di no» circa l´ora ecclesiastica. E innumerevoli porporati lamentano la scarsa affluenza alle sacre funzioni, se non sono «eventi di massa» come le partite e il rock. Flashback sulla delicata infanzia, allora. Domande primarie e basiche, al di là delle elucubrazioni teologiche e della giovialità dei reverendi con oratorio e pallone. Perché nessun santo fa più gli innumerevoli miracoli che (anche meschini e melensi) erano i fondamenti della fede d´una volta? E a livelli più su: come mai la moltiplicazione dei pani e dei pesci (non già onerosa, ma a costo zero) non si effettua più, malgrado le crescenti fami nel mondo e i pressanti inviti a sborsar soldarelli? «Abbiamo già dato?». Quali esempi ricavare poi dalle Madonne che si limitano a muover ciglia o manti da illusionista, senza però tirar fuori neanche un coniglietto per gli affamati, neanche per le continue fiaccolate per i vecchi e nuovi Caduti? Ormai, anche sulle soglie delle migliori basiliche, si ricevono epiteti irriferibili se invece di dar soldi alle zingare si indica devotamente il Cielo, si offrono dei Pater-Ave-Gloria e magari un Requiem, oppure a chi offre preghiere si replica (fedeli e credenti) «ma preghi pure la Vergine per sé». E sarà psicanalisi da strapazzo, ma siccome alla Prima Messa le vecchiette si accusavano di loro «massime colpe» circa i peccati commessi in casa nelle 12 ore dopo il rientro dai Vespri, e pur facendo la Comunione tutti i giorni, allora si domandava alle più anziane prozie qualche spiegazione, venendo sgridati. Così come oggi, circa le intercettazioni sui pompini, par vano chiedere ai confessionali e agli uffici giudiziari se sono più reati o più peccati quelli fatti per lucro o come «fine a se stessi». Da piccini i «padri spirituali» promettevano spesso - in cambio o in premio d´una vita di dolori e calvari e dispiaceri - un eterno Aldilà felice e beato al cospetto del Santo Padre. Che era allora Pio XII, ammiratissimo per la ieraticità del portamento sulla sedia gestatoria, tra i flabelli da Aida degli «scopatori segreti» (che facevano sognare!). Così, in seguito, ci si domandò intensamente: che bon ton assumere, da beneducati «sempre a posto», in un Paradiso "bien", davanti ai famosi «silenzi» di Papa Pacelli, o all´antisodomitismo di Papa Wojtyla? Certo, per un minimo uso di mondo politicamente corretto, in base alle comuni radici pagano-cristiane, non sarà davvero il caso di offrire affanni e malanni e appendiciti e peritoniti a Giove o Giunone o Venere o Marte o ad Apollo e alle sue Nove Muse. Gaffe! Così come mancherebbe di savoir faire un dono di profumi e pavoni a Santa Rita o a San Francesco. E si riscontra poco "tatto" anche in chi si "converte" sul letto di morte alla religione in cui è nato, battezzato, e vaccinato. E certo, in quanto bravi bambini ed eterne pecorelle, si è sempre creduto volentieri a tutto: Edipo, Amleto, Biancaneve, Vispa Teresa, Asino & Bue, Madame Bovary. Se si credeva meno a Don Abbondio e al Cardinale, la colpa è della scuola e non degli utenti. Un bell´applauso a Sansone e Dalila e Salomè e Davide, invece, quando cantano bene. Perplessità qualitative, però, per le prediche tipo televendite e le chitarre da sotto-Sanremo fra mutande e biberon davanti al "Santissimo". Ci si chiede, magari: se ci si veste da umili pastorelle per le Apparizioni, e poi arriva lì una Santa tipo Picasso o Jazz Festival, si canta e balla «Satisfaction» o si offre qualche centesimo deducibile? Alberto Arbasino
• la Repubblica, giovedì 20 luglio Roma. «Qui ci si sentì rinascere». Ma che vergogna, riscontrare che l´avevano già ripetuto insigni artisti nordici, in analoghi semplicistici termini. E´ vero che la motivazione originaria, mezzo secolo fa, non era Grand Tour o Voyage en Italie, ma soltanto «risiedere nello Stato in cui si ha la cittadinanza». Invece di trasferire la biblioteca necessaria in una capitale straniera dove cortesemente chiedono «quanto ti trattieni?» se non "frequenti" con assiduità un qualche ambiente, e non hai "mezzi" tuoi. (Oltre tutto, a Milano le telefonate all´alba erano frequenti e attivissime. A Roma, accoglienze generose e serali, in parecchi mondi diversi. E distanze ormai storiche: gonne scozzesi scure con twin sets e filini di perle, oppure toilettes e acconciature e gioielli "barococo". Anche queste erano "differenze"). Ma le delusioni successive dell´Urbe non si devono tanto ai progressi o regressi del cosiddetto sviluppo. Derivano evidentemente dalle esplosioni "esponenziali" di tipici caratteri eterni nella Città Eterna. Lo smisurato accattonaggio tradizionale nelle terre dei Papi, poi pianificato e clonato da rackets tipo Opera da tre soldi. Il gigantesco traffico ambulante e illegale graditissimo alla popolazione perché «fa risparmiare». Gli immensi circenses canori e sportivi, casinari e gratuiti, già pretesi da plebi e clientes fin dai primi Imperatori. E le strade malissimo lastricate e selciate e piene di «mondezzari» e merde e anche scocciatori, secondo gli annali capitolini e i poeti spregiudicati già nel primo secolo d. C. Non per niente si citano continuamente Marziale e Giovenale anche a proposito di motorini e telefonini e cassonetti. Mentre i prestigiosi artisti e intellettuali stranieri mediatici di passaggio proseguono a dichiarare: «I love Rome and linguini and fettuccini and Calvini and Navoni and my wife!». Ma i Poeti Capitolini (tradizionalmente istituzionali) sono pro o contro che cosa? Alberto Arbasino