
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
L’Adn Kronos ha anticipato ieri una bozza di legge destinata a regolamentare gli scioperi - specialmente nel servizio pubblico che il ministro Sacconi intende presentare al prossimo consiglio dei ministri. In pratica, il governo si propone di metter fine ai disagi provocati da certi sindacati che hanno il potere, magari con pochi iscritti, di creare grandi difficoltà agli utenti e tante volte senza neanche far troppo danno all’azienda con cui sono in conflitto: se la ditta è in perdita infatti (come capitava con la vecchia Alitalia o con le municipalizzate che gestiscono autobus, tram, metro) ogni giorno di astensione dal lavoro dà sollievo ai bilanci. E in questo modo alla fine risulta che gli unici a pagare i contrasti sul contratto sono i cittadini.
• Si può fare? Lo sciopero non è un diritto inalienabile?
Ho letto i commenti dei lettori di Repubblica.it e di Corriere.it, in gran parte molto allarmati per il fatto che venga toccato un diritto fondamentale del cittadino, effettivamente garantito dalla Costituzione. Tuttavia, la Costituzione non vieta di regolamentare gli scioperi. Anzi, lo prevede. Articolo 40: «Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano ». Poche parole dense di significato: lo sciopero è un diritto, ma vi sono delle leggi che lo regolano. Infatti nel 1990 il Parlamento approvò la legge 146 che, per la prima volta, introduceva delle limitazioni al diritto di sciopero nei servizi pubblici. L’obbligo del preavviso e di indicare la durata della protesta, la possibilità per la controparte di precettare, eccetera. Tutti accorgimenti che, col passar degli anni, hanno funzionato sempre meno. Ormai sindacati e sindacatini non si fanno impressionare neanche dalla precettazione e dalle relative sanzioni.
• Questa nuova legge che cosa prevede?
Specifichiamo intanto che si tratta di un testo tutto da discutere: il ministro lo presenterà ai colleghi di governo e, se questi lo approveranno, comincerà l’iter parlamentare (commissione- aula-commissione-aula- pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale). Mi figuro che sia stato messo in rampa di lancio adesso per arrivare a Ferragosto con una normativa a posto, che impedisca – per esempio agli autotrasportatori – di mettere sotto ricatto il governo. Bisogna ancora dire che si tratta di un disegno di legge delega: una volta approvato, sarà il ministro a specificare, con appositi decreti, come dovranno regolarsi i contendenti.
• E come dovranno regolarsi?
Intanto è prevista l’istituzione dello sciopero virtuale: tu aderisci allo sciopero, ma vai a lavorare lo stesso…
• Abbia pazienza, ma è ridicolo…
No, aspetti. Tu sei in sciopero e vai a lavorare lo stesso e la tua giornata di lavoro non viene pagata a te, ma a un fondo istituito a beneficio dei lavoratori oppure a un’associazione benefica indicata prima. Nello stesso tempo, il datore di lavoro deve versare allo stesso fondo una, due o tre volte l’importo della giornata di lavoro, una somma in ogni caso coerente con la perdita economica che la protesta avrebbe provocato se i lavoratori si fossero effettivamente astenuti. Il capo di Rifondazione, Ferrero, ieri ha detto che piuttosto che ammettere lo sciopero virtuale si faranno le barricate. Ma non dovrebbe avere in realtà troppo seguito: lo scorso ottobre il Partito democratico ha presentato al Senato un progetto di legge firmato Ichino, Treu, Morando, Bonino e altri fino al Tonini che inventò lo slogan «I care» per Veltroni. Sarà difficile che questo pezzo di Pd faccia le barricate.
• E il sindacato?
Bonanni ha dato la sua disponibilità. Fino a questo momento non ho visto reazioni della Cgil. La proposta Sacconi, oltre allo sciopero virtuale, prevede che nel settore dei trasporti ci voglia, prima che ai lavoratori sia permesso di incrociare le braccia magari virtualmente, una consultazione preventiva. Se ne potrà fare a meno solo se il sindacato rappresenta più del 50% dei lavoratori. Questo dettaglio, apparentemente ovvio, è la vera bomba del disegno di legge: per sapere se un sindacato rappresenta più del 50% dei lavoratori, infatti, le sigle dovranno contare i loro iscritti e confrontarli con i sindacati concorrenti, procedura fino ad oggi aborrita da tutti. Ma non è contro la Costituzione neanche questa regola: l’articolo 39 prevede la registrazione dei sindacati, «statuti che sanciscano un ordinamento interno a base democratica» e la rappresentanza «in proporzione degli iscritti». Tutte norme fino ad oggi avversate dai sindacati e perciò ignorate proprio dai partiti che più solennemente dichiarano oggi di voler difendere la Costituzione. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 26/2/2009]
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