Domenico Quirico, la stampa 26/02/2009, 26 febbraio 2009
Il legionario Jozef Svarusko quando è crepato, di fatica e di caldo, aveva 26 anni. Per la verità al secondo reggimento paracadutisti, una delle più esuberanti leggende della Legione, nessuno lo conosceva sotto questo nome: lui era Matus Talas, slovacco nato a Bratislava
Il legionario Jozef Svarusko quando è crepato, di fatica e di caldo, aveva 26 anni. Per la verità al secondo reggimento paracadutisti, una delle più esuberanti leggende della Legione, nessuno lo conosceva sotto questo nome: lui era Matus Talas, slovacco nato a Bratislava. Tutto vero, meno il nome inventato al momento in cui si era presentato all’ufficio di arruolamento. Al 2° REP nessuno sapeva bene perché quel «Talas» fosse finito in mezzo a loro: bravo ragazzo, questo sì, ma debole fisicamente, maldestro, immaturo, la bestia nera che si trova in ogni compagnia militare e aguzza il sadismo dei sergenti, dai tempi di Maratona. La leggenda della Legione non lo conteneva, non gli apparteneva il «beau geste» di gente altera, abominevole e magnifica, il farsi trangugiare dalla carneficina in nome della «France». Eppure l’avevano preso, e dire che ci sono otto candidati almeno per ogni posto disponibile, e l’avevano spedito per l’addestramento a Castelnaudary nell’Aude, che non è proprio un posto di villeggiatura dove sfarfallare. Era sopravvissuto: chissà come. Eguale a se stesso, non duro e rinsecchito dalla disperazione, si è ritrovato a Calvi, nel secondo REP che è il nido dei migliori o dei più furbi. Paracadutista in una compagnia di assalto, mah! Ora che è morto tutti dicono che non riusciva a stare al passo degli altri, che si trascinava penosamente. Sarà per questo che quando il reggimento era arrivato a Gibuti, uno degli ultimi inferni disponibili adesso che il Sahara non c’è più per spazzare via i deboli e far sì che ai sopravvissuti venga ampiamente e valorosamente la voglia di lotta e di sangue, lo avevano messo nei servizi. Già, il legionario paracadutista Talas che aveva chiesto di diventare... giardiniere. Quando è iniziata l’esercitazione, una manovra antiterrorismo, era comunque in fila con gli altri, affardellato per di più di una mitragliatrice con munizioni. Partenza alle 14,30, duro pellegrinaggio in un deserto ferroso piantonato dalle euforbie, orribile e grandioso come certi paesaggi di rocce infernali disegnati da Doré: temperatura 38 gradi. Nel foglio distribuito ai legionari al loro arrivo a Gibuti si avvertiva che a 38 gradi si entra nella zona di rischio per l’organismo e si ordinava di bere spesso. Nel rapporto dell’inchiesta è scritto che Talas dopo un’ora di marcia si è sentito male e si è rifiutato di continuare gettandosi a terra. Due sottufficiali, pensando che simulasse, hanno allora iniziato a picchiarlo. Anche il tenente Mederick Bertaud ha 26 anni e ha sempre sognato il disperato cabotaggio guerriero della Legione. Ma le somiglianze con Talas si fermano qui. Lui è francese e alla Legione è entrato per la porta dorata dei corsi di Saint Cyr. «Spirito molto militare, deciso nell’azione, buon livello accademico» era scritto nelle note caratteristiche quando, a forza di voti, è arrivato al mito del 2° REP. Adesso che è successo il dramma si leggono, ma nei verbali dell’inchiesta, testimonianze più problematiche: troppo sicuro di sé, indifferente rispetto ai subordinati, deciso a far bella figura anche a costo di mentire. Quando i sottufficiali hanno cominciato a picchiare Talas che ogni duecento metri si gettava a terra gridando «acqua acqua» e «pietà pietà», il tenente non ha detto nulla. Poi gli ha tolto la borraccia, ha rovesciato l’acqua a terra, dando l’ordine di farlo marciare e di non dargli più da bere. Il reparto ha proseguito con Talas che si trascinava chiedendo acqua e pietà. Tre commilitoni hanno notato che aveva le labbra blu, segno del colpo di calore, ma sono stati zitti. Solo quando è crollato a terra privo di sensi, hanno chiesto soccorso. Dopo tre ore di orrore. Il medico ha annotato che il la sua temperatura era di 43,7 gradi, e poi ha verbalizzato che alle 17,30 era morto. Il tenente Bertaud è in prigione, accusato di «atti di tortura e di barbarie che hanno causato la morte senza volontà di causarla». E’ dovuto intervenire lo stato maggiore perché fosse messo sotto accusa con qualcosa di più grave che «violenze volontarie». Tra gli ufficiali la morte del legionario Taras sbiadisce nel «normale»: troppo chiasso, si sentenzia al circolo, e si accusa la gerarchia di aver «sacrificato» un collega che si è comportato in fondo secondo i canoni della legione. «Marcia o crepa», la presenza continua della morte è l’unico invito possibile a frequentarla in modo definitivo. L’Associazione di difesa dei diritti dei militari è formata da soldati in pensione che si battono, a fatica, per difendere «la libertà di riunione e di espressione nelle caserme». «Né antimilitaristi né anti Legione» premettono ma il loro ultimo rapporto, anche per il caso di Gibuti è spietato: «La Legione, uno dei simboli della Francia, è una zona di non diritto». E elencano, con fotografie, un Golgota di violenze e atti degradanti commessi da ufficiali e sottufficiali. Causa di tutto sarebbe la regola dell’ingaggio sotto falso nome (il 95 per cento degli arruolati sono stranieri). Questo metodo, secondo l’associazione, ha come unico scopo di «tenere in pugno le reclute». Privi di documenti e di permesso di soggiorno i legionari sono nelle mani dell’esercito che fornisce loro l’unico documento valido per il territorio francese. Ostaggi di un mito. La Legione straniera (in francese Légion étrangère) è un corpo militare d’élite francese, strutturato su 11 reggimenti, di cui 8 sul suolo francese e 3 oltremare. Attualmente la Legione conta 7.699 uomini suddivisi tra 413 ufficiali, 1.741 sottufficiali, e 5.545 legionari. La Legione fu fondata da re Luigi Filippo il 22 marzo 1831, a supporto della sua guerra in Algeria, incorporando tutti gli stranieri che avessero voluto firmare volontariamente un ingaggio, una caratteristica che resta valida tutt’ora. Dopo la guerra d’Algeria partecipò alla guerra di Crimea insieme ai piemontesi a Sebastopoli, poi combatté a Magenta, Solferino e Montebello contro gli austriaci. La Legione ha preso parte alle principali campagne militari francesi. Nella seconda guerra mondiale la 13a Demi-brigade de la Légion trangère fece parte delle «Forze della Francia Libera», comandate dal generale Charles de Gaulle, e combatté in Norvegia, Africa, Italia e Germania. Sempre nel secolo scorso partecipò alla guerra di Indocina. Sconfitta nella battaglia di Dien Bien Phu nel 1954, tornò in Algeria, da dove poi si trasferì sul territorio metropolitano francese e in Corsica, dopo l’indipendenza del paese maghrebino. Oggi è spesso impegnata in missioni di pronto intervento e di peace keeping oltre confine.