Maria R. Calderoni, Liberazione 26/02/2009, 26 febbraio 2009
MI CHIAMO BRUNETTA E SONO CAVOLI VOSTRI
«Pensi a Napoleone: quando lui entra in scena sembrava tutto perduto e invece quel piccoletto corso cambia la storia e il mondo», dice di sé lui stesso in una intervista del luglio scorso, quando è già insediato nel ruolo di ministrissimo per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, quasi a volersi prendere gioco (ma non troppo) dei tanti "amici e nemici" che lo prendono in giro, «Brunetta si crede Napoleone». No, Renato Brunetta non si crede ancora Napoleone, ma diamogli tempo. Dopo tutto, come si presenta lui sul suo blog vecchio di un anno, «sono Renato Brunetta, 58 anni, economista, professore universitario, ministro. Con questo sito voglio stabilire un filo diretto con chi, lettori ed elettori, vuole contribuire alla battaglia per la modernizzazione del Paese», mica una cosa qualsiasi. Primo colpo riuscito, il suo ddl "antilavativi" è diventato legge e lui un po’ il napoleonico lo fa, per voi fannulloni è finita, «60 milioni di italiani apprezzano».
Accento veneziano, loquace, giustamente contento di sè, estroverso. Sgobbone, secchione, tipo da primo della classe fin dalle elementari: «Persino quando sono in vacanza vorrei fare il fannullone ma non ci riesco». L’imprinting dell’antifannullone ce l’ha nel sangue. Non è un figlio d’arte, Brunetta, e giustamente se ne vanta. Non è un figlio di pezzi grossi, lui, e in qualche spezzone biografico saltano fuori tratti da Oliver Twist, il bambino povero che in Canneregio guarda il bambino ricco che mangia il gelato e «noi i soldi per il gelato non ce li avevamo». Noi, il padre venditore ambulante di souvenir, che si alza alle sei per piazzare la sua bancarella in lista di Spagna e cogliere i primi clienti. Noi che «vivevamo in novanta metri quadri, con i miei due fratelli, mia zia vedova e i suoi tre figli». E anche racconta di maestri e professori misericordiosi, che aiutano il ragazzo povero ma dotato, a lasciarsi alle spalle le proletarie magistrali e ad approdare al Foscarini, il liceo dei siori, «alla maturità fui il primo della classe». Non si è più fermato, l’Antifannullone da Venezia.
Quando arriva il ’68, lui è contro, diciamo alla Pasolini («siete voi figli di papà a chiedere il 30 politico, così mi fottete!»), ma, dice, «ho sempre votato Psi. Sempre stato socialista. Anche adesso. Oggi sono un socialista di Forza Italia. Lib-Lab: liberalsocialista».
Il romanzo di un giovane povero. Craxi gli piace un sacco; Gianni De Michelis pure («la miglior testa della politica italiana degli ultimi cinquant’ani»); Amato pure («una gran testa, anche lui»). E del resto coi socialisti ci marcia, ci lavora bene.
Tra gli Ottanta e i Novanta è consigliere economico nei governi Craxi, Amato e Ciampi. Nonché vicepresidente dell’Ocde (Organizzazione per lo sviluppo economico con sede a Parigi); nonché responsabile presso il ministero del Lavoro per l’occupazione e i redditi; nonché fondatore dell’Eale (sempre una roba europea di economia e lavoro).
«Volevo vincere il premio Nobel per l’Economia», dichiara in un memorabile intervento a Matrix ; ma poi ha preferito lasciar perdere (per amore della politica). Nessun dorma, il piccolino, il figlio dell’ambulante veneziano ha preso tanto di laurea in Scienze Politiche ed Economiche; in fretta passa da assistente a professore incaricato all’Università di Padova e a Tor Vergata; ha le carte in regola. Peggio di Tremonti, ha all’attivo almeno sei libri, scritto un’infinità di saggi e collezionato quattro premi (l’ultimo nel 2002 si chiama Premio internazionale Rodolfo Valentino, che ci volete fare). Antifannullone si nasce.
Nel 1999 l’incontro che gli cambia la vita. Lo racconta così: «Berlusconi entrò in un convegno in cui stavo parlando. Mai vista tanta umiltà, tanta sensibilità, tanta voglia di capire. Fu amore a prima vista. Mi ha conquistato per sempre». Contraccambiato, contraccambiato. Deputato europeo nelle file di FI dal 1999, ricopre incarichi vuoi alti vuoi bassi, tra Bruxelles e Strasburgo, vicepresidente di Commissioni e membro di un sacco di Delegazioni (tra cui quella per i rapporti con la Repubblica popolare cinese, la vita è strana). Lui, il piccolino, il figlio dell’ambulante veneziano.
Nel suo nuovo incarico di Ministro per la PA e l’Innovazione, va in giro a sforbiciare - si chiama lotta agli sprechi, nel suo gergo. Almeno sei ministeri hanno già assaggiato la sua medicina innovativa. Tagli senza storie, dalla pubblica amministrazione («l’impiegato efficiente fa bene al sistema»), all’università («basta con le baronie»), ai Beni culturali, alle Provincie, ai Comuni, alle Comunità montane, alle Regioni. «Ridisegnare per risparmiare», è la sua frase preferita.
L’Antifannullone, lo dice la parola stessa, non sta mai fermo. Socialista, laico, mangiapreti come si definisce, sul caso Englaro dice sì alla legge del governo; e dice no alla Cgil: «Tassare i patrimoni? Una banalità infinita ed assoluta». Quanto ai giovani, «sono dei pecoroni, come categoria non esistono». E’ un socialista di Forza Italia, scusate.
L’ex sciuscià di Venezia non è più povero. Guadagna benino. Il sito del Governo italiano recita: «Il Ministro percepisce, a) il trattamento economico da deputato; b) il trattamento economico della Presidenza del Consiglio pari a euro 46.113,60 annui lordi». Insomma, una bella paghetta.
Non è più povero, ha una Fidanzata Ufficiale alta e bionda che si chiama Titti (il cognome non l’ha mai rivelato, «per privacy») e ha anche parecchie case, tutte bellissime, sparse tra Ravello, Todi, Venezia, Roma; almeno sei immobili per un valore di svariati milioni di euro (l’ Espresso ci ha fatto sopra una campagna, e lui ha querelato).
Niente di "napoleonico", dai; solo una giusta percezione di sé. «I miei rapporti con Tremonti? Lui è geniale, io sono geniale. Ecco, il nostro è un rapporto tra due persone geniali. Tutto qui».