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 2009  febbraio 26 Giovedì calendario

«Stalinisti», la fronda anti Slow food ---- San Carlin Petrini è uno strano caso di italiano di pregio e di vaglia beatificato in vita, che nessuno osa toccare perché ha saputo rilanciare il tema della cultura del cibo, elevando con il suo Slow Food un monumento al gastronomicamente corretto e coltivando rapporti molto trasversali, che partono da sinistra arrivano a Gianni Alemanno e trasmigrano fino al principe Carlo d’Inghilterra

«Stalinisti», la fronda anti Slow food ---- San Carlin Petrini è uno strano caso di italiano di pregio e di vaglia beatificato in vita, che nessuno osa toccare perché ha saputo rilanciare il tema della cultura del cibo, elevando con il suo Slow Food un monumento al gastronomicamente corretto e coltivando rapporti molto trasversali, che partono da sinistra arrivano a Gianni Alemanno e trasmigrano fino al principe Carlo d’Inghilterra. Ma proprio dalla terra del principe arriva ora inopinatamente l’attacco che colpisce al cuore Petrini: «Per lo Slow Food c’è bisogno di un Martin Lutero, qualcuno capace di opporsi al culto del Papa piemontese » ha scritto, sul blog Lifestyle del quotidiano inglese The Guardian, Paul Levy, uno di quei signori della critica culinaria molto snob, scrittore anglo-americano non filiforme che vive elegantemente nella campagna inglese. Fa parte anche lui della schiera internazionale dello Slow Food, ma, per una ragione in fondo banale – un cambio della guardia nella sezione inglese dell’Associazione deciso dall’alto (cioè da Petrini dalla sede di Bra) – ha preso cappello e ha approfittato per regolare i conti con il «petrinismo », movimento a suo dire degenerato per troppo carisma del fondatore, e ridotto «ormai a un incrocio di stalinismo e religione, che ne riflette le origini anarco-sindacaliste». E per quanto la scusa (la bagarre per un micro incarico locale) sia sicuramente sproporzionata, Paul Levy riesce però a dividere subito l’etere anglosassone in due schiere, i gastronomo- fedeli e gli infedeli, stuzzicando invidie e gelosie che covavano sotto la cenere, alzando insomma un po’ quella coltre di deferenza politically correct che sempre aleggia intorno alle apparizioni pubbliche e alle interviste di San Carlin Petrini. E in Italia? Se dicessimo «Liberi tutti », potete dire la vostra senza paura di offendere San Carlin, cosa azzardereste? «Premesso che i suoi meriti sono assodati e indiscussi, per Terra madre e tante altre cose...». Abbiamo premesso e poi? «Se proprio dovessi fare un appunto direi che trovo eccessivo quel santificare a tutti i costi le produzioni e i cibi locali, per me è antistorico ». Forse, in tempi di crisi, è anche una «legittima» reazione protezionista? «No, perché se si guarda la storia con occhio un po’ più lungo è importante che si miscelino le razze perché diventino più forti, e questo vale anche per i cibi, per cui arrendiamoci se il fagiolo cannellino è più buono in Perù: sono per un darwinismo del cibo », dice la scrittrice Camilla Baresani, critica di ristoranti sul Sole 24 Ore. «Senza contare che se nel Settecento fossimo stati gastronomo-protezionisti » aggiunge Allan Bay, anche lui scrittore e critico (la sua rubrica è comparsa a lungo su Diario) «non avremmo importato le patate, il mais, il pomodoro, molti legumi...». Altro che pappa col pomodoro! «Alla fine si potrebbe scoprire che l’unico nostro prodotto autoctono sono i piselli». Un po’ noioso: insomma lei vuol dire che Slow Food è un movimento che è partito rivoluzionario ed è finito pompiere? «Dico che è lo specchio in negativo dell’Italia piagnona, del No Tav, del no a tutto». Eppure a sorpresa interviene a difendere le doti del Fondatore Petrini uno che non può essere sospettato certo di pensiero politically correct come Camillo Langone – due rubriche sul Foglio, uno di gastronomia, l’altra sulle Messe: «Lui è un abate, Slow Food è opera sua, una formazione monastica basata sul volontariato attraverso cui ha raccolto molti soldi, beato lui, ma niente a che vedere con il Soria del Grinzane Cavour; lui non è un satrapo, ha scelto la povertà, l’obbedienza e la non castità (per i discepoli, perché lui, mi sono informato, è al di sopra di ogni sospetto)». Un po’ un Berlinguer? «Di più! A lui l’ideologia arrivava dalla Russia, Petrini la sua se la è creata».