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 2009  febbraio 26 Giovedì calendario

IL «FINE VITA» E LA RAGION POLITICA: LAICI, CATTOLICI E DISSIDENTI


L’uscita pubblica di Giuseppe Pisanu, favorevole al «buon senso» quando si tratta di compiere le scelte estreme che concludono la vita, ha fatto meno rumore di quanto meriterebbe. Si tratta di un cattolico e di una figura autorevole: un ex ministro dell’Interno ancora collocato nel recinto del Popolo della Libertà, sia pure in una posizione personale. Tra l’altro le sue parole ricordano da vicino quelle pronunciate giorni fa da Giulio Andreotti: quasi a rivendicare l’antica autonomia della politica, tratto distintivo della Dc nella sua storia migliore.
Si è detto, a proposito di Pisanu, che una rondine non fa primavera e nel complesso la posizione del centrodestra è raffigurata tuttora come compatta dietro al ddl Calabrò. Semmai c’è chi ritiene il testo della legge troppo morbido o troppo ambiguo nella difesa della vita rispetto alle manovre parlamentari. Non a caso un gruppo di parlamentari del Pdl, tra cui Francesco Cossiga, si chiede se non ci sia qualcuno che sta tentando a tutti i costi di introdurre una forma di eutanasia nel nostro ordinamento.
Può darsi quindi che a destra la posizione «laica» di Pisanu costituisca davvero un’estrema minoranza. Tuttavia l’impressione è che non sia così. La linea liberale, contraria a un’invasione massiccia della legge nelle decisioni individuali e favorevole, in sostanza, a lasciare le cose come stanno, è più diffusa di quanto non si creda. Solo che non emerge e forse non emergerà mai, dal momento che Berlusconi è fermo nel sostenere il valore politico del testamento biologico così come è delineato nel ddl della maggioranza.
 una battaglia, come è noto, cominciata con il caso Eluana: gode del pieno sostegno della Chiesa ratzingeriana e non c’è dubbio che il presidente del Consiglio la porterà fino in fondo. Affinché a destra emergano dissensi significativi, non solo dei casi di coscienza, occorre quanto meno che i dubbi sulla costituzionalità della legge Calabrò, affacciati da Ignazio Marino e da altri nel centrosinistra, siano molto argomentati e insistiti. E con ogni probabilità non basterebbe nemmeno questo.
Del resto, che la posta in gioco sia tutta politica, lo si vede da quello che succede nel Partito Democratico. Lì Francesco Rutelli ha rivendicato il suo diritto al dissenso «perché non sono di sinistra». Gli è stata riconosciuta da Anna Finocchiaro la piena dignità della sua posizione, che non merita di essere qualificata tout court come prova generale di scissione.
Tuttavia il punto di fondo è che il nuovo Partito Democratico, alla ricerca di un’identità più chiara, sta accentuando il suo profilo laico. Sotto questo aspetto, la presenza al vertice di cattolici «adulti» come Franceschini e Rosy Bindi serve a dare maggiore credibilità a questa operazione. C’è invece un segmento minoritario, appunto quello che fa riferimento a Rutelli, che rischia di trovarsi sempre più a disagio in un partito deciso a restringere i confini della libertà di coscienza quando si tratta di temi bioetici così impegnativi.
In questo clima, la lettera aperta su Micromega del Pd degli intellettuali e scienziati laici, primo fra tutti Umberto Veronesi, non è solo un invito ai dirigenti del Pd perché evitino pasticci e contraddizioni. soprattutto un richiamo all’impossibilità di mediazioni etico-politiche con la destra sul testo Calabrò. Un argomento a cui il Partito Democratico odierno sembra più sensibile che in passato.