Elena Dusi, Repubblica 26/2/2009, 26 febbraio 2009
Esiste un luogo dove si è scoperto il segreto della memoria. Dove la paura è stata cancellata e i ricordi belli resi indelebili
Esiste un luogo dove si è scoperto il segreto della memoria. Dove la paura è stata cancellata e i ricordi belli resi indelebili. Gli arti sono tornati a muoversi dopo una lunga immobilità e a molte malattie considerate irreversibili è stato imposto di fare un passo indietro. Questo luogo racconta il futuro della scienza che studia l´uomo per come è fatto e cerca di curarlo quando qualcosa si inceppa in lui. Ma chi lo immagina come un paradiso o un giardino leggendario sbaglia di grosso. L´aria, piuttosto, è un po´ pesante. La luce artificiale viene accesa e spenta a intervalli regolari. La libertà è confinata in un poche decine di centimetri e le giornate sono piene di assurde costrizioni. Ginnastica, equilibrio su una ruota, labirinti, test di intelligenza, prove di nuoto, iniezioni, anestesie. I topi in natura non sono nati per questo. Ma proprio per questo, nei laboratori di tutto il mondo, sono nate ormai 450 generazioni di topi, pari a una ogni 80 giorni (20 di gestazione e 60 per raggiungere la maturità sessuale) lungo tutto l´arco dell´ultimo secolo. Era il 1909 infatti quando all´università di Harvard i roditori iniziarono ad accompagnare sistematicamente gli scienziati nelle loro scoperte e gli studenti nella scoperta della biologia. Clarence Cook Little era un laureando che mosse i primi passi collezionando roditori con le livree dai colori più belli e finì, esattamente un secolo fa, con il selezionare il primo ceppo di topi geneticamente omogenei, risultato di una dozzina di incroci fra consanguinei. Little passò alla storia come "Mouse Man" dopo aver fondato nel 1929 il Jackson Laboratory nel Maine. La "fabbrica dei topi", come è stata ribattezzata, oggi alleva e vende ai laboratori di tutto il mondo circa il 10 per cento dei 25 milioni di roditori distinti in 2500 ceppi usati per la ricerca. Quello che a Little non riuscì mai, però, fu convincere Walt Disney a stringere un accordo con lui per migliorare l´immagine della sua attività commerciale. Se nel diciottesimo secolo giapponesi e lord inglesi appassionati di "fancy mice" (topi dai mantelli particolari) incrociavano gli esemplari per ottenere un muso bianco o un paio di calzini fulvi, oggi gli scienziati usano l´ingegneria genetica per indurre nei roditori malattie che sono tipiche della nostra specie, dando poi il massimo nel cercare di curarle. Nell´ultimo decennio, nel cervello di questi animali sono stati iniettati neuroni umani; gli scienziati hanno creato esemplari che non hanno paura dei gatti e li affrontano a muso aperto; nel tentativo di curare la distrofia hanno ottenuto topi con una muscolatura del 70 per cento più potente del normale. L´esperimento forse più spettacolare è quello - premiato con l´ultimo Nobel per la chimica - che ha permesso di rendere alcuni organi fosforescenti. Gli scienziati poi hanno riprodotto nei topi malattie psichiche sconosciute agli animali, come schizofrenia, autismo, depressione. Hanno manipolato la memoria della cavia cancellando le tracce dell´incontro con un gatto, hanno reso un roditore fedele alla propria compagna quando lui in natura preferisce circondarsi di un harem e hanno perfino registrato le sue canzoni (ultrasuoni per noi impercettibili) durante l´accoppiamento per studiare i meccanismi del piacere. Paradossalmente l´impresa più difficile è stata quella di rendere il topo di laboratorio - lui che di starnuti in un milione di anni di storia non ne ha mai fatti - suscettibile al virus del raffreddore per studiare possibili cure alle nostre malattie respiratorie. «Il topo è un piccolo uomo» spiega Glauco Tocchini-Valentini, che dirige l´archivio europeo dei topi mutanti del Cnr a Monterotondo. «E studiando questo animale i ricercatori non vogliono far altro che esplorare l´uomo stesso». Il campus a nord di Roma può ospitare fino a 50mila animali e 100mila embrioni con mutazioni genetiche introdotte ad hoc. Una clinica con strumenti diagnostici a dimensione di cavia misura in continuazione tutti i parametri degli animali. «A ogni variazione del Dna - spiega Tocchini-Valentini - corrispondono una o più variazioni nell´aspetto fisico o nei parametri biologici dell´animale. Nella nostra clinica, queste variazioni noi cerchiamo di quantificarle per tracciare una linea di corrispondenza tra il "software" che è dato dal Dna e l´"hardware" che è l´organismo del topo. Crediamo che questa sia la strada più breve per decifrare i misteri del genoma, anche di quello umano». I gameti o gli embrioni, a Monterotondo, sono congelati con azoto liquido e spediti ai laboratori che ne fanno richiesta, ovunque nel mondo e al solo costo di trasporto, creando una rete di collaborazione fra i centri di ricerca pubblici di tutto il mondo. Arrivati a destinazione, gli embrioni vengono impiantati nell´utero di alcune mamme-topo, fatti nascere con una normale gravidanza e inseriti nella batteria dei test scientifici. Gli allevamenti privati come il Jackson, invece, possono far pagare un topo con una variante del Dna particolare diverse migliaia di euro, per un giro d´affari che nel mondo si aggira attorno ai 300-400 milioni di euro. Per capire che livello abbia raggiunto il business murino, basta ricordare quando, nel 1988, i biologi di Harvard riuscirono a far registrare all´ufficio brevetti Oncomouse, un topo con il Dna modificato in modo da essere particolarmente suscettibile al cancro e dare modo agli scienziati di far avanzare le frontiere delle terapie. Per legge infatti nessun nuovo farmaco, o trattamento medico, può essere somministrato all´uomo prima di aver completato l´iter di sperimentazione sugli animali. «Ma rispetto a un secolo fa - ci tiene a precisare Marta Piscitelli, vicepresidente dell´Associazione italiana per le scienze degli animali di laboratorio - le condizioni di vita dei topi sono molto migliorate. In Italia dal ”92 esiste un decreto legge che impone regole severe per l´allevamento e la presenza costante di un veterinario negli stabulari». Nonostante cento milioni di anni di evoluzione ci dividano dai roditori, oggi sappiamo che uomini e topi condividono lo stesso numero di geni (circa 30mila) e oltre il 90 per cento del contenuto del Dna. L´obiettivo più ambizioso, dopo aver letto l´intero genoma del topo nel 2002 (non a caso fu il primo, subito dopo quello dell´uomo), è ora quello di disattivare tutti i geni uno a uno creando altrettanti topolini mutanti, per osservare qual è il ruolo di ogni singolo frammento di Dna. « un progetto mondiale iniziato da un paio di anni - spiega Tocchini-Valentini - che produrrà nel prossimo decennio oltre 30mila ceppi diversi di roditori». L´impresa - resa possibile dall´ingegneria genetica che ci permette ormai di andare a toccare ogni singolo tasto di quel "pianoforte della vita" che è il genoma - è titanica sia per il numero di laboratori coinvolti in tutto il mondo sia per la mole di dati che da ciascun animale verrà ricavata. « come se analizzassimo una partita di calcio - prosegue il direttore del centro di Monterotondo - cambiando ogni volta una variabile. Lo stesso tiro possiamo una volta farlo finire in porta, poi sul palo e infine sul fondo. Si tratta di pochi centimetri, in grado però di stravolgere l´intero andamento della partita. Nello stesso modo, cambiare un singolo gene su un totale di 30mila ha apparentemente effetti minimi sul complesso dell´organismo, ma in realtà produce differenze enormi. Ogni topo, con la sua variante, finisce con l´essere un mondo a se stante. Caso per caso, si cercherà di capire quali sono gli effetti a cascata che si producono sull´organismo». In venti grammi di topo le risposte da cercare sono immense. Dopo aver sperimentato cure con le cellule staminali, farmaci anticancro, tecniche promettenti contro Parkinson e Alzheimer e terapie geniche (tutte strategie destinate ad approdare sull´uomo dopo una media di 10 anni di ricerche), ora dal "piccolo uomo" si vuole sapere qualcosa di più sul ruolo del Dna e sui segreti della longevità. «Non è vero che ogni ricerca parta dall´animale per poi approdare all´uomo» prosegue il coordinatore del campus di Monterotondo. «Ad esempio, alcuni geni che hanno un ruolo nell´invecchiamento sono stati individuati prima nell´uomo. Ma esistono anche nel topo e quindi si può procedere per studiarli più a fondo». Il progetto più ambizioso però è forse quello che riguarda il cervello, ovvero l´universo che è dentro di noi. Ad Harvard, dove un secolo fa tutto cominciò, ora ci si è messi in mente di studiare ogni singolo neurone della testa di un topo e di disegnare una mappa completa dei pensieri del roditore (primo passo per realizzare un´impresa simile anche nell´uomo). Controllare dove i ricordi si formano, come le informazioni si immagazzinano, quali effetti le emozioni procurano, dove le decisioni si traducono in comportamento e svelare il contenuto dei sogni, anche quelli non registrati dalla memoria, è il compito fantascientifico che il biologo Jeff Lichtman si è assegnato. Il suo laboratorio è pieno di striscioline attaccate alle pareti che sembrano scotch, ma sono in realtà minuscole sezioni di cervello tagliate con un diamante. Ora lo scienziato si propone di osservarle cellula per cellula con un metodo di colorazione soprannominato "Brainbow" (un incrocio fra "cervello" e "arcobaleno"). Finora una mappa delle connessioni dei neuroni esiste solo per il piccolo verme nematode Caenorhabditis, che ha 302 neuroni. Nulla al confronto dei 100 miliardi di neuroni e delle decine di trilioni di sinapsi dell´uomo. Ma come al solito, per iniziare a guardarci dentro abbiamo bisogno di uno specchio delle dimensioni giuste. Proprio quelle che vanno dalle orecchie alla coda di un topo.