Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  febbraio 26 Giovedì calendario

Bikkembergs Dirk

• Colonia (Germania) 2 gennaio 1959. Stilista • «L’idea che gli avrebbe cambiato la vita [...] l’ha avuta quasi per caso. Quando, una mattina [...], mentre si trovava nella sua azienda di Fossombrone, tra Perugia e Urbino, si è reso conto che il modello cui normalmente ricorreva per le prove dei suoi abiti quel giorno non sarebbe arrivato. “Mi serviva un indossatore, così sono andato nei magazzini e lì ho scovato un ragazzo dal fisico atletico”, ricorda il designer che, dopo aver lavorato vari anni in Belgio per un’azienda di accessori, dal 1989 ha deciso di mettersi in proprio e ha spostato la sua sede operativa in Italia. “Mentre lo guardavo muoversi con le mie creazioni ho capito che per andare avanti dovevo capire cosa gli uomini di oggi volevano da uno stilista come me”. Il modello era, per caso, il capitano della squadra di calcio del paese, il Fossombrone. Che da quel momento Bikkembergs (che nel 2003 ha anche disegnato le uniformi dell’Inter) ha deciso di prendere sotto la sua ala. Diventandone sponsor, ma non solo. “Io disegno le loro divise e loro mi aiutano posando per me”, racconta lo stilista che ha cominciato la sua carriera studiando alla Royal Accademy of Fine Arts di Anversa, fucina creativa di alcuni tra i più significativi talenti dell’ultimo decennio. “Le reazioni dei ragazzi del Fossombrone alle mie proposte mi fanno capire se una giacca o un paio di jeans funzioneranno sul mercato”. Secondo il designer, infatti, i giovani di oggi hanno ambizioni e idoli molto diversi da quelli della generazione che li ha preceduti. Di conseguenza l’abbigliamento che prediligono è diverso da quello in auge fino a qualche anno fa. “Lavorando a stretto contatto con gli atleti ho capito per esempio che il linguaggio universale dei nostri giorni è il calcio”, racconta Bikkembergs, che per seguire la sua idea nel 2004 ha lanciato una linea, la Sports couture, ispirata appunto all’universo sportivo. Pezzi dal look aggressivo che mischiano materiali futuribili e tagli sartoriali. Come il jeans a tre dimensioni, modellato sui muscoli di uno sportivo che, grazie a un particolare processo chimico, restano “immortalati” sul denim dotato di memoria. O le sneaker Bix in pelle di canguro, icone del Bikkembergs style, delle quali vengono vendute in media un milione di paia l’anno. Per non parlare degli smoking alternativi ispirati alle tute da jogging. O delle t-shirt ultra basic sulle quali troneggia il logo di Bikkembergs: il “pupino”. Un simbolo che [...] il designer conta di far diventare famoso quanto il cavallino di Ralph Lauren. “Una volta i ragazzi volevano emulare le star di Hollywood, la mia stanza quando avevo avevo 14 anni era tappezzata di poster dei Rolling Stones e David Bowie [...] Nel Nuovo Millennio gli idoli sono i giocatori di calcio, emblemi del concetto “mens sana in corpore sano”. Chi riesce a creare un abbigliamento che si ispira a questo stile è destinato a un successo senza precedenti” [...]» (Jacaranda Caracciolo falck, “L’espresso” 13/7/2006) • «[...] Stava quasi per mollare alla fine degli anni Novanta: ogni sei mesi una sfilata e un esame che non passava. “Il mondo andava avanti: c’erano i cellulari e le operazioni chirurgiche senza tagli. Eppure nella moda ci si continuava a vestire di nero e s’impazziva per i pantaloni dipinti di Helmut Lang. Ma come? Non li aveva già fatti Levi’s Strauss nel 1850! Assurdo. Tutto assurdo”. La colpa a quel cappuccino e quella brioche al bar in centro a Fossombrone (dove il tedesco produceva da tempo i suoi capi): “Sul tavolino c’era un giornale tutto rosa, non avevo mai visto una cosa del genere! E c’era quel titolo: ‘Ronaldo venduto per 90 miliardi di lire’”. “Cavolo! Mi sono detto. Ma se c’è qualcuno disposto a pagare tutti quei soldi per uno che tira dei calci a un pallone allora quella è la strada giusta [...] Un paio di giorni dopo ero a casa di un amico e notai che alle pareti della camera del figlio c’erano i poster dei calciatori. E Mick Jagger e i Rolling Stone e i Deep Purple...? [...] Sempre in quel periodo, un giorno accadde che il nostro modello che veniva da Milano per le prove fosse malato. Non c’era più tempo per aspettarne un altro. Così scesi in magazzino, mi guardai intorno e scelsi un ragazzo: perfetto. Era il capitano del Fossombrone! [...] Se avessi cominciato dal nuoto, chi mi avrebbe ascoltato? E aggiungo: [...] anni fa paragonare George Clooney a David Beckham avrebbe fatto ridere tutti: ora non fa ridere per niente. Questi ragazzi sono sotto i riflettori al momento giusto, nel pieno della loro vita. Belli, ricchi e famosi chi non vorrebbe essere come loro? [...] Una t-shirt bianca e un paio di pantaloni neri li sa fare benissimo e a pochi euro anche Zara. Noi dobbiamo dare qualcosa in più al cliente. Il sogno appunto. E io a volte mi sento più uno Steven Spielberg che un Giorgio Armani. E non ha nessun senso che cerchi di convincere l’uomo maturo a seguirmi, lui ha già il suo stile di vita. Così i giovani e il loro mondo, il loro linguaggio. E se una finale mondiale di calcio l’hanno vista in un miliardo e cinquecento mila... Beh, perché parlare a pochi? [...] Per due anni abbiamo vestito l’Inter, ma non era la stessa cosa. Squadra perfetta per comunicare la prima linea ma stop. Io voglio arrivare al ragazzino di strada, per questo preferisco giocatori forti ma non divi. Un Raoul Bravo, per esempio, dell’Olympiacos: uno che ha il fuoco negli occhi. Un piccolo diavolo nel quale la gente si riconosca ancora!” [...]» (Paola Pollo, “Corriere della Sera” 14/3/2008) • «[...] Nella sua mega boutique di piazza Cavour di 1.500 metri quadrati (costata 10 milioni di euro), ha ricavato un negozio-appartamento superlusso dove vivrà Andrea Vasa, calciatore del Brera, una squadra milanese. E qui, tra divani, boiserie, una camera da letto da nababbo, un bagno tappezzato con le pagine della Gazzetta dello sport e una Porsche, il calciatore farà la sua vita, assistito da una governante e circondato da commesse che seguiranno i clienti ammessi nella reality-boutique. Se le tende di casa Bikkembergs saranno aperte, la gente da fuori potrà spiare le mosse del giovane calciatore. [...] La ressa intorno al negozio è garantita. “Le boutique vecchia maniera non mi interessano - spiega Bikkembergs - volevo qualcosa che creasse emozione e curiosità”. E lui che è un cultore della moda sportiva [...] ha istallato nei bagni lavandini a forma di coppa dei campioni e rubinetti, modellati come fischietti. [..]» (Laura Asnaghi, “la Repubblica” 26/2/2009).