
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ignazio Marino non ha aspettato l’ultimo momento, ma ha ritirato le sue dimissioni da sindaco di Roma ieri pomeriggio poco dopo le 16.30 con una lettera spedita alla giovane presidente del consiglio comunale, Valeria Baglio. Il tempo utile scadeva alla mezzanotte di lunedì prossimo. Il comunicato che informa il mondo di questa decisione è di poche parole: «Il sindaco di Roma Ignazio Marino ha firmato la lettera con la quale ritira le dimissioni presentate lo scorso 12 ottobre». Succinta anche l’unica dichiarazione che il risorto sindaco ha rilasciato, all’uscita da Palazzo Senatorio: «Sono pronto a confrontarmi con la maggioranza. Illustrerò quanto fatto, le cose positive, la visione per il futuro. Quello è il luogo della democrazia. Questa sera parlerò con la presidente Baglio e illustrerò, oltre a darle la lettera, la mia intenzione di avere una discussione aperta, franca e trasparente nell’aula Giulio Cesare». Consegnata ai cronisti, e alla storia, questa presa di posizione, Marino ha invitato tutti al Maxxi «dove presenteremo insieme all’assessore Caudo due anni di trasformazione urbana, due anni di rivoluzione urbanistica straordinari per la città di Roma». Era quello che prevedeva la sua agenda, volutamente lasciata intatta, come a dire: il ritiro delle dimissioni è un ritorno alla normalità. Alle 19.30 era prevista riunione della giunta e la riunione della giunta c’è stata. Non giureremmo però sul rispetto dell’ordine del giorno previsto, cioè la pedonalizzazione integrale dei Fori Imperiali.
• Che succede adesso?
Non credo che Marino riuscirà a ottenere quello che vuole, cioè un dibattito politico e pubblico sulla sua vicenda. Dibattito che risulterebbe assai imbarazzante per il Pd, che dovrebbe rendere esplicita una qualche ragione concreta per votare la sfiducia al sindaco, e che si troverebbe in ogni caso in compagnia di Alemanno, dei grillini e degli altri. Orfini aveva già spiegato ai 19 consiglieri democratici che se Marino avesse ritirato le dimissioni (gesto ormai ampiamente previsto) i 19 si sarebbero dovuti dimettere immediatamente, lasciando vuoti i loro seggi. I 19, in una riunione di una decina di giorni fa, su questo punto s’erano spaccati e 10 di loro s’erano schierati dalla parte del sindaco. Ma l’altro giorno, il commissario del Pd a Roma li ha nuovamente convocati e ha ottenuto l’unanimità su un documento in cui sta scritto che i consiglieri democratici seguiranno sulla vicenda le indicazioni del partito. Quindi, forse, Marino non può contare su una spaccatura dei democratici romani.
• Bastano 19 dimissioni per mandare tutti a casa? Non ci vorrebbe la maggioranza del consiglio? Quanti sono i consiglieri di Roma?
Quarantotto e le dimissioni di 19 onorevoli non sono sufficienti per sciogliere il consiglio. Ce ne vogliono almeno 25 (la metà più uno). Ma in base alle notizie di ieri pomeriggio, in assenza di un ripensamento all’interno del gruppo democratico, non dovrebbero esserci problemi. Marchini vuole andare alle elezioni e si dimetterà insieme col suo unico compagno di lista, Alessandro Onorato. Sembrano decisi ad andarsene anche Daniele Parrucci del Centro democratico, Roberto Cantiani del Pdl, Mino Dinoi del Gruppo misto e Sveva Belviso dell’Altra Destra. Siamo già a 25. Sembrerebbe aver fatto il salto della barricata anche Svetlana Celli, che aveva conquistato il suo seggio attraverso la Lista Marino. Intanto hanno già annunciato le loro dimissioni immediate parecchi membri della giunta: Marco Causi, Stefano Esposito, Luigina Di Liegro (le loro lettere d’addio sono state protocollate). Scriviamo mentre la giunta è in corso, ma Maurizio Pucci e Giovanna Marinelli hanno fatto sapere che si dimetteranno subito dopo. Idem Marco Rossi Doria e l’assessore alla Legalità, Alfonso Sabella, con una dichiarazione che sottilmente conferma la scesa in campo di Raffaele Cantone di cui parlavamo ieri: «Lunedì tornerò a fare il magistrato, prima devo consegnare delle carte alla Corte di Conti».
• Cioè per la legalità non ci sarà più bisogno di lui perché il nuovo sindaco, nei piani di Renzi, sarà proprio Cantone, presidente dell’Anticorruzione.
E già. Sulla storia della capitale reale che, a differenza di Milano, non ha più gli anticorpi necessari a sconfiggere la corruzione, Marino ha risposto a Cantone: «A Roma gli anticorpi esistono, questa piazza domenica scorsa ne ha visti migliaia e nella città ce ne sono milioni ma vanno valorizzati da noi delle istituzioni perché, anche all’interno di un organismo vivente, se gli anticorpi vengono annichiliti non potranno svolgere bene la propria funzione».
• Sembra un antipasto della prossima campagna elettorale. Marino si presenterà con una lista sua?
E che altro potrebbe fare?
• E Renzi?
Dietro a tutto c’è Renzi, che manovra abilmente il suo commissario a Roma, Orfini (se ne libererà a vicenda conclusa). Ieri s’era sparsa la voce che Marino era corso a Ciampino per incontrare il premier di ritorno dal Sud America. Il sindaco ha sprezzantemente smentito: «Ho cose più serie da fare che andare negli aeroporti, in questi giorni».
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