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 2015  ottobre 30 Venerdì calendario

L’autunno dorato di Maradona a Dubai, pagato tre milioni all’anno dagli emiri per non fare assolutamente nulla

Oggi, 30 ottobre, Maradona compie 55 anni. Solo i sogni non invecchiano. Per festeggiare ha invitato Rocio, la venticinquenne argentina che ha amato per ultima, bionda come bionde sono state tutte le sue donne, la Rocio di tenera bellezza che ha illuso, respinto, denunciato per furto, che nei tormenti delle sue notti senza sonno e senza pace richiama, invoca e forse di nuovo illude. In Argentina scrivono che le ha promesso le nozze del secolo: 13 dicembre a Roma, con il Papa sull’altare. Non è vero, non può essere vero, perché gli manca il divorzio della Sacra Rota dalla sua ex moglie e manager Claudia Villafane, ma Diego non lo dice e forse neanche lo sa. Diego da ragazzo inseguiva palloni e aquiloni sulle rive dell’infinito Paranà o sulla spianata di acqua e fango dell’altro fiume Riachuelo, ancora oggi Diego rincorre i suoi sogni senza età, Diego non cambia mai, neanche nel suo tramonto tra i lussi di Dubai.
Nel garage della villa con parco la monumentale Rolls Royce sembra oscurata dall’arrivo di una Phantom, l’ultimo modello della Bmw, elettrica. Anche questa dono dello sceicco Mohammed Majid Al Maktoum, delegato all’arte e allo sport, il padre è primo ministro con una fortuna valutata 16 miliardi di dollari. Ha voluto Maradona a Dubai quattro anni fa, prima come allenatore della squadra Al-Wash, poi rimosso e promosso come ambasciatore dello sport. Lungimiranti gli arabi.
I tre milioni l’anno non sono giustificati dai rari impegni: consegna di premi ordinari alle gare in bici, qualche appuntamento di rappresentanza. Tutto qui? «No, c’è il mondiale del 2022 in Qatar, si aspetta l’Expo 2020 a Dubai, la presenza di Diego è molto importante» spiegano a Dubai. Cognato dell’uomo che ha portato Maradona a Dubai è Ali bin Al-Hussein di Giordania, quarto figlio di re Hussein e della sua terza moglie, Alia. Al-Hussein è candidato da anni alla presidenza della Fifa. E da tempo Maradona è uno dei grandi accusatori di Sepp Blatter, l’onnipotente capo del calcio precipitato nelle inchieste di polizia svizzera, Fbi e magistratura americana, trascinando nel burrone il suo vice Michel Platini. Che deve difendersi tra l’altro dall’accusa di una tangente, due milioni di franchi. «Ma sono anni che li accuso, tutti chiudono gli occhi». Riprende la sua battaglia Maradona, emarginato dalla Fifa al contrario di Pelé. Ma ora la scena è cambiata: Diego può trainare al vertice il suo «sponsor» giordano. Anche per questo Maradona ha rotto il patto con Platini. Si strinsero la mano proprio a Dubai, Natale del 2012, attenuando l’antica rivalità tra idoli di Napoli e Juve, Argentina e Francia, Sudamerica ed Europa. Platini confidò i suoi timori: l’Uefa, governo del calcio europeo, aveva sotto esame 187 partite sospette, una voragine. Michel chiese aiuto a Diego anche «per mettere da parte l’insopportabile Blatter». Non erano stati mai così vicini. Oggi Maradona corre per Ali, e rivela il suo piano. «Se vince lui, io sono vicepresidente della Fifa».
Ma Diego trova forza per la sua offensiva anche in rancori recenti. Proprio a Dubai, gli amici del cuore Stefano e Sergio – uno napoletano, l’altro argentino – suoi ospiti nella villa, hanno assistito ad uno sgarbo mai rivelato. Brasile, Mondiali 2014. Maradona firma un contratto con la tv del Venezuela Telesur, 36 puntate del programma De Zurda (tradotto: Tiro mancino). Per due volte, Maradona è bloccato davanti al cancello dello stadio con la troupe e gli amici, prima di essere allontanato con poche scuse tra lo stupore di centinaia di tifosi in fila. «Maradona, mi dispiace, il tuo accredito non c’è». Lui toma in albergo, umiliato. E così interpreta l’affronto: «È un’offesa di Blatter e Grondona».
Julio Grondona, presidente della Federcalcio argentina, era in carica quando Maradona portò la sua nazionale al titolo mondiale del 1986 in Messico e alla finale del ’90. Tra i due, negli ultimi tempi, le polemiche sono state violente. Ma Grondona è morto da pochi mesi. Resta Blatter. In Brasile Maradona giurò che gliel’avrebbe fatta pagare. Siamo alla resa dei conti. E Diego è a Dubai anche per questo. Non solo per partecipare ad eventi, dove è conteso come ai bei tempi. «Ha più richieste di Robert De Niro». Per uno spot, mai meno di un milione di dollari. Come quello incassato in Tunisia per la Coca-Cola, con il tunisino Ali Bennaceur. Storico. Era l’arbitro che in Messico gli convalidò la mano de Dios, il gol truffaldino rifilato agli inglesi. Ricordate? Argentina e Inghilterra solo quattro anni prima avevano chiuso il conflitto militare per le isole Falkland.
Diego, l’uomo che abita nei suoi ricordi, che gira il mondo per vendere il suo passato, a Dubai si è fermato sulla prima di tre isole artificiali. Fantasia e coerenza lo hanno portato a Palm Jumeirah, un parco a mezzaluna ideato dagli olandesi davanti alla costa. Dall’aereo si vede una grande palma poggiata sul mare, con ville raccolte in tutti i 17 rami. Sul secondo a sinistra c’è la villa di Maradona, tre piani, 15 dipendenti, dalla cuoca all’avvocato, solo champagne in cantina, sul televisore grande quanto una parete, 120 pollici, si alternano le partite del Pianeta sul canale satellitare Being Sport e i film di Julia Roberts, la compagna di sogno in una vita vuota.
Maradona soffre di insonnia. Per dormire ricorre qualche volta ai farmaci, rischiando di non svegliarsi per due notti. Non risponde al telefono e fa saltare appuntamenti. Ma non si droga da 12 anni, ed è vero; si irrita quando chiede di fumare e gli servono erba, si ribella, vorrebbe anche urlare nei suoi continui sbalzi di umore: «Volete capire che sono cambiato?». Molto tempo è passato da quando un’ambulanza scaricò davanti a un ospedale di Punta del Este in Uruguay 143 chili di sofferenza, con un soffio di vita ed un cuore impazzito. «È ridotto come quello di un ottantenne» dirà il medico che l’ha salvato, il dottor Alfredo Cahe. Ora basta una corsa all’ospedale di Dubai quando la pressione tocca i 200. Ad assisterlo c’è Stefano Ceci, un ragazzo di Napoli che l’ha seguito per anni fino a diventare la sua ombra, il suo primo assistente, «il padre, il figlio, il fratello, l’amico fidato» come si presenta lui. Fa il pendolare tra Dubai e Catanzaro Lido, dove ha una catena di pizzerie. Sono lontani i tempi del Maradona che, nel 2004, dopo l’ultimo ricovero d’urgenza al Sacre Coeur di Buenos Aires raccontò alla tv argentina: «Ho visto la morte, ho visto El barba». Si era già consegnato a Dio. In televisione sarebbe stato protagonista di La noche del Diez, la notte del numero 10. Davanti alle telecamere rivelò: «Non cercavo la droga, la droga cercava me. Claudia mi legava, io urlavo, ma volevo curarmi per la felicità mia e delle mie figlie». Le sue confessioni lo riportano in tutte le televisioni, anche in Italia accetta un impegno, Milly Carlucci lo coinvolge in Ballando con le stelle, anno 2009, Maradona diventa campione di tango e non si accorge dei compensi che il fisco gli sta sequestrando: 140 mila euro a puntata. Gli dicono che «è arrivata la Finanza e ha preso tutto». Come un’altra volta era successo con gli orecchini e il Rolex al l’aeroporto.
Diego, tra i vecchi amici italiani risponde solo a Ferrara, Bruscolotti, Giordano. Ha parlato l’altro giorno con Renica, il libero dello scudetto del Napoli nel 1987. Il suo avvocato, Angelo Pisani, lo aggiorna sulla vertenza con il fisco. Faccenda complicata, fra la Commissione tributaria provinciale, che il 9 ottobre gli ha riconosciuto qualche ragione nella sua vertenza di «evasore innocente», e l’inesorabile richiesta di Equitalia, ormai 40 milioni, che aumenta di 3.200 euro al giorno.
Delusioni dall’Italia ne riceve ancora tante. Si rabbuia quando Barbara D’Urso a Canale 5 invita una, due, tre volte il figlio che porta il suo nome, Diego Armando Maradona jr. Per Diego sono serate tristissime, non si rivede nell’amarezza dei racconti del figlio, protesta, inveisce, vuol reagire. Vuole sapere se è vero che le ospitate di Diego jr. sono a pagamento. Chiede al suo amico Stefano Ceci di informarsi. Lo avrebbe anche incaricato di portare a Napoli 70 mila euro per chiudere qualche conto. Tocca a Stefano e a Sergio l’argentino limitare la malinconia di un esilio sontuoso, con casse di champagne e guardaroba da oltre cento abiti, almeno dieci smoking di vari colori. Maradona vuole che gli cantino i classici della canzone napoletana: ’O Sarracino, Marinariello,’O surdato ’nnammurato. O che gli facciano riascoltare Una vez si mal no recuerdo, Una volta se non ricordo male, l’attacco di Corrientes, voce di Carlos Gardel.
Che tristezza, che noia, Napoli e l’Argentina sono la sua ossessione.
Con un intestino ridotto di 10 centimetri dal chirurgo prima di volare, dieci anni fa, a Cuba da Fidel Castro per dimagrire e uscire dalla droga, condannato dalla bilancia a diete violente appena supera i cento, Maradona affonda nei languori anche a tavola. È stato visto piangere di rabbia per una cotoletta troppo cotta, lui che ne andava matto, quando a friggerle era Donna Tona, la madre che non c’è più. Ha lanciato la carne contro il muro ed il domestico filippino ha capito di essere stato licenziato. Dall’Argentina è arrivata una nuova cuoca, Gabriela, con lei va un po’ meglio. Quindicesimo stipendio. Altri 14 sono distribuiti tra la famiglia e un paio agli avvocati che seguono l’astiosa causa con la moglie e poi sua manager Claudia Villafane, da quando Diego si è convinto di esserne stato tradito con speculazioni immobiliari in Florida.
Per uno dei nipotini, Benjamin, invece si sprecano i regali: 300 mila euro per riprodurre nel parco la Bombonera in miniatura, cioè lo stadio Alberto José Armando, quello del Boca Juniors e dei suoi trionfi ormai troppo lontani.
Non c’è danaro, non c’è sonno, non c’è pace per il campione che si racconta come invincibile. «Yo fue siempre ganador». Sono sempre stato un vincitore. Ma Diego non ha mai letto il capolavoro di Gabriel Garcia Márquez: «Per una buona vecchiaia occorre un patto onesto con la solitudine». Non si riconcilia col Maradona che ha voluto vincere e vivere aggirando con i suoi spregiudicati dribbling anche le regole.