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 2015  ottobre 30 Venerdì calendario

Un altro pubblico amministratore arrestato per tangenti. È Dario Lo Bosco, presidente della Rete Ferroviaria Italiana

PALERMO. PALERMO Un appalto da 26 milioni per i sensori sulle torrette antincendio in Sicilia e una gara per la sicurezza dei treni con i sensori sui vagoni sono la nuova frontiera di una tangentopoli con robuste mazzette elargite a burocrati della Regione, a politici locali ancora senza nome e al presidente di Rfi, la Rete ferroviaria italiana, l’ingegnere Dario Lo Bosco. Un docente universitario anche al vertice di un carrozzone regionale da bonificare, l’Ast, l’azienda dei trasporti, e commissario alla Camera di commercio di Catania come volto pulito di una generazione di professionisti vicini all’antimafia, espressione di un pezzo di società civile che continua a sorprendere e deludere.
Si scopre tutto con un «libro mastro» trovato nelle mani di un imprenditore agrigentino, Massimo Campione, ex compagno di scuola di Lo Bosco al quale avrebbe sganciato più di 58 mila euro. Ma in totale si arriva a oltre 500 mila euro di mazzette in gran parte erogate a due dirigenti del Corpo forestale della Regione, Salvatore Marranca e Giuseppe Quattrocchi, agli arresti domiciliari come Lo Bosco, oltre a Pietro Tolomeo, altro burocrate per il quale il Gip ha negato la richiesta di arresto. Fra gli indagati pure il preside di Ingegneria ad Enna Giovani Tesoriere, un ex dirigente generale della Forestale, Libero Cannarozzi, e la collaboratrice di Campione con lui fermata durante una perquisizione, Maria Grazia Butticé.
I conteggi dell’affare sono segnati in una lista chiamata «black list», nome dell’inchiesta illustrata dal procuratore di Palermo Franco Lo Voi cominciando con un termine eloquente: «Deprimente. Lo stesso utilizzato nei giorni scorsi dal procuratore di Roma per definire un fenomeno ormai pervasivo».
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Quando la polizia, fingendo un casuale controllo in aeroporto, gli ha scoperto in una borsa quei quindici fogli zeppi di nomi, date e cifre, appunto la «black list», Massimo Campione tornato in macchina con la collaboratrice Maria Grazia Butticè, entrambi ignari della cimice installata nell’abitacolo, ha confermato con le sue stesse parole l’esistenza di un vero e proprio «libro mastro» delle tangenti. Accorato, in dialetto siciliano: «Ora chi ci cuntu a chisti? Cunsumato sugnu...(Ora cosa racconto a questi? Rovinato sono...)». Ancora più preoccupata Butticé che aveva dovuto consegnare agli agenti una bella somma in contanti, 35 banconote da 100 euro custodite in un porta trucchi: «Ci servivano per le spese». Una bugia. Con Campione allarmato: «Unni niscimu di sta cosa, è tinta sta cosa (non ne usciamo da questa cosa, è una brutta cosa). E tu ci ha diri che sono operai... muratura (muratori), tutti: Marranca, Quattrocchi, Tesoriere, Lo Bosco...».
È così che l’imprenditore impegnato a distribuire tangenti per un ammontare di 500 mila euro decide di difendere se stesso e i presunti corruttori, a cominciare dal presidente di Rfi, Dario Lo Bosco, ridotto al rango di imbianchino. Ma lo stesso Campione s’è poi convinto a collaborare e a decodificare quel libro mastro composto da 15 fogli, 10 manoscritti vergati con penna blu e cinque redatti al computer. Diversi i nominativi, compresi quelli di alcuni politici locali, coperti da omissis. Per ogni destinatario causale della consegna e importo impiegato. Si comincia con 10 mila euro e si finisce con il totale di 502.626,88 euro.
È come se il mondo dei colletti bianchi avesse mutuato la metodologia dei mafiosi scoperti con i libri mastri nel pianeta del racket. Un altro passo indietro della società civile, di quell’area che in Sicilia ha fatto leva anche su volti nuovi, a cominciare da Lo Bosco, un docente universitario come tanti professionisti vicino a un’antimafia da qualche tempo sfregiata da inchieste che svelano invece grandi imposture.
La sorpresa è infatti la doppiezza che emerge nel profilo di Lo Bosco, ex compagno di scuola di Campione, nel libro mastro celato sotto due pseudonimi: «albero» e «sottobosco». Stando all’accusa, l’ingegnere chiede esplicitamente denaro in cambio dell’appalto dei sensori sui vagoni: «Vedi tu quello che mi puoi dare». E Campione aderisce alla richiesta, come scrivono i magistrati: «Sicché seguirono versamenti vari a sue mani per un complessivo importo dì euro 58.650,00».
D’altronde l’imprenditore agrigentino, confidandosi con un suo amico dopo un incontro a Roma con Lo Bosco, spiega perché cede: «L’amico che abbiamo incontrato a Roma dice che in questa attività ci sono 20 anni di lavoro».
Si parla anche di tangenti consegnate «per il tramite di Quattrocchi e Marranca», rispettivamente da 149.500 e 90 mila euro «per le plurime incombenze burocratico-operative». Un modo per dire che forse si tratta di «collettori» di fondi da ripartire a colleghi o uomini politici.