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 2015  ottobre 30 Venerdì calendario

Colpo di grazia al Pd romano

Psicodramma o colpo d’ala il bivio incerto del Pd romano
La sconfitta del centrosinistra della Capitale è sotto gli occhi di tutti: come uscire ora dalle sue beghe?
Il grottesco psicodramma di Roma è ormai un disastro che getta fango su tutti i protagonisti. In un certo senso, il sindaco Marino oggi è quello che ha meno da preoccuparsi. Dotato di temerarietà al limite dell’incoscienza assai più che di coraggio, ha gettato nella fornace la sua credibilità personale, il suo presente e il suo futuro. Non avendo più nulla da perdere, può ritirare a cuor leggero le dimissioni e poi “vedere di nascosto l’effetto che fa”, come cantava Enzo Jannacci. La differenza è che Marino non si nasconde affatto e gioca sul palcoscenico del Campidoglio la sua ultima partita, convinto anzi di poterla vincere nell’aula consiliare. Ma se anche così fosse – e niente lo lascia presagire –, qual è il disegno politico che s’intravede dietro l’ubriacatura narcisistica? Di fatto, nessuno. L’uomo non avrebbe una maggioranza per governare e non sarebbe in grado di vincere le elezioni.
Qui infatti è l’equivoco di fondo: Marino pensa di essere popolare e amato dai romani, ma non è così. Prigioniero della sua frustrazione, ha creduto che i tremila sostenitori che si sono radunati domenica siano indicativi di un sostegno di massa. Ma è un’illusione destinata a evaporare presto, una volta esaurito l’effetto simpatia tipico delle situazioni “uno contro tutti”.
In realtà, per gestire un caso limite come quello che si è creato a Roma servirebbe un politico molto raffinato, capace di usare la piazza contro il palazzo e il palazzo contro la piazza. Viceversa, il sindaco è tutto meno che un politico consumato. È solo un uomo che ha perso la partita a causa dei troppi errori compiuti e che intende far pagare al Pd il prezzo del pasticcio, consapevole di essere sul piano personale ormai fuori da tutto.
S’intende che una lista civica non avrebbe senso, proprio perché riporterebbe a un personaggio e a un’esperienza di governo della città che i romani hanno di fatto già ripudiato.
Del resto, anche il richiamo insistito di Marino alle elezioni vinte nel 2013 è ambiguo. I voti allora ci furono, ma dietro il candidato del centrosinistra c’era la potente macchina del Pd, impegnata a sconfiggere l’esponente della destra, Alemanno, reduce da un primo mandato tutt’altro che positivo. Marino vinse non per il carisma personale, ma per l’intenso lavoro svolto dal partito che lo sostenne. Ne deriva che oggi non c’è futuro per il primo cittadino dopo la spaccatura irrimediabile con un Pd disastrato. Come non ci sarebbe per alcun sindaco in alcuna amministrazione.
La legge elettorale comunale ha dato una forte legittimità ai sindaci sulla base dell’elezione diretta, ma ha stabilito che il governo delle città passa attraverso il rapporto fra l’eletto e la sua maggioranza consiliare. Altrimenti non avremmo un sindaco, bensì un “caudillo” pronto a ogni avventura.
Oggi Marino vorrebbe essere un “caudillo”, anzi un Che Guevara riconosciuto come tale, un rivoluzionario che spezza tutti gli equilibri. Il problema è che, non avendo la statura politica, la sua sfida, peraltro tardiva e poco convincente, è solo un suicidio collettivo senza speranza di incrinare la sostanziale, scettica indifferenza dei romani. E si capisce.
Chi è disgustato dalla pantomima in cui si è disperso ogni residuo rispetto verso la città e i suoi abitanti, non andrà a votare. Gli altri, i fautori dell’anti-politica e i nemici della “casta”, hanno già fatto la loro scelta in favore dei Cinque Stelle. La rincorsa di Marino rischia solo di portare acqua al mulino dei grillini. Avendo in compenso assestato il colpo di grazia al Pd romano.
La sconfitta del centrosinistra romano è infatti sotto gli occhi di tutti. Renzi, che del Pd è pur sempre il segretario, pensa di separare la sua immagine da quella di chi ha gestito la crisi, ma è dubbio che ci possa riuscire. Senza dubbio gli occorre un colpo d’ala, una volta archiviato Marino con le dimissioni dei consiglieri. Un colpo d’ala significa un commissario davvero al di sopra delle parti e dotato di grande autorità personale. E poi un candidato sindaco lontano dal Pd cittadino e dalle sue beghe.