Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  ottobre 30 Venerdì calendario

Cinquecento lettere sconosciute di D’Annunzio (a Giselda Zucconi ed Evelina Scapinelli Morasso) e il manoscritto de “La vita di Cola di Rienzo”

La Repubblica

L’imprenditore e l’intellettuale, con una passione in comune: Gabriele d’Annunzio. Che sfocia in un’intesa decisamente fruttuosa per i beni culturali. È Martino Zanetti ad agganciare Giordano Bruno Guerri («una semplice mail e una proposta strabiliante») per comunicargli l’intenzione di donare al Vittoriale un fondo di tremila documenti del Vate, tra cui 500 lettere, da lui acquistato trent’anni fa e gelosamente custodito.
«Ho grande stima di Guerri e della sua infaticabile opera nel tenere viva la casa-museo di Gabriele d’Annunzio – spiega —. Dunque, ho pensato che fosse giusto che il mio tesoro finisse nel luogo più opportuno». Il presidente del Vittoriale è entusiasta. «Si tratta di un gigantesco fondo di lettere indirizzate a due donne diverse, il primo e l’ultimo amore del poeta: Giselda Zucconi, ribattezzata Elda o Lalla; e la contessa Evelina Scapinelli Morasso. L’amore giovanile e l’amore senile», racconta Guerri. Ieri a Milano l’annuncio della donazione, nel corso di un pranzo al Grand Hotel de Milan, uno degli alberghi molto cari al Vate.
Martino Zanetti (torrefattore di caffè, core business della sua azienda, e produttore di birra e vino), è un discreto signore veneto che coltiva varie passioni. D’Annunzio innanzitutto («Mi affascinò quando ero adolescente, avevo i suoi libri sul comodino»), ma anche la pittura e la musica. Praticate entrambe. Zanetti, dunque, tesse le lodi del Vate («merita ben altri riconoscimenti, è sottovalutato») ed anche quelle di Guerri, il nuovo curatore del fondo.
«Segreteremo le lettere per un anno e le studieremo – afferma il presidente del Vittoriale – poi le pubblicheremo. La documentazione originale resterà negli archivi». A proposito delle missive inviate da Roma alla giovane Elda, nota: «In esse troviamo i primi eloquenti passi di quella che sarebbe stata la spettacolarizzazione della vita di d’Annunzio. Nelle lettere alla contessa Evelina, scritte in età senile (1936-38), con l’erotismo si affaccia insistente il pensiero della morte. E perfino la volontà suicida. Chissà che non sia andata davvero così», conclude Guerri.
Nel fondo donato da Martino Zanetti al Vittoriale c’è anche («fittissimo di cancellature, ripensamenti e correzioni») il manoscritto de La vita di Cola di Rienzo. Era stata concepita da d’Annunzio come il primo capitolo di un progetto complessivo di «Vite di uomini illustri e di uomini oscuri».
Marisa Fumagalli

***
il Giornale

Il primo e l’ultimo amore di Gabriele d’Annunzio in un fondo di 500 lettere autografe, donate dall’imprenditore Martino Zanetti al Vittoriale degli Italiani presieduto da Giordano Bruno Guerri, storico ed editorialista de il Giornale. La donazione comprende anche il manoscritto de La vita di Cola di Rienzo, una tappa importante ma tuttora poco conosciuta nella evoluzione artistica (e politica) dello scrittore. È la prima redazione, il manoscritto è fitto di cancellature e ripensamenti: darà filo da torcere ai filologi. L’epistolario invece darà filo da torcere ai biografi. «Io dovrò riscrivere L’amante guerriero» dice Guerri nel corso della presentazione delle carte, svoltasi ieri al Grand Hotel et de Milan, lo stesso in cui D’Annunzio era solito soggiornare quando si trovava nel capoluogo lombardo.

Il primo carteggio risale agli anni 1881-1882. D’Annunzio ha terminato gli studi liceali al collegio Cicognini di Prato, e si è appena trasferito a Roma. Dalla capitale scrive 232 missive a Giselda Zucconi, figlia di Tito, docente di lingue al convitto. D’Annunzio è già incontenibile. Nella lettera del 20 marzo 1882, dice di se stesso: «È fatale che io debba vivere così, sempre in agitazione, in un’irrequietezza indescrivibile, assetato di desiderio, di mille desideri l’uno più strano ed alto dell’altro, dilaniato dall’amore, torturato dall’arte». La passione dura un anno e mezzo, poi svanisce. La vera novità però è un’altra. Spiega Guerri: «È un periodo poco conosciuto. Di solito viene inquadrato come un momento di formazione in cui d’Annunzio si sprovincializza. Qui scopriamo che arrivò a Roma con le idee molto chiare sul ruolo che avrebbe voluto occupare nella letteratura italiana e perfino nella vita mondana».L’altro carteggio donato da Zanetti è composto da 228 lettere alla contessa Evelina Scapinelli Morasso, chiamata dal poeta Manah, Maya o Titti. Siamo nel 1936-1938. La corrispondenza riguarda gli ultimi diciotto mesi di vita del poeta. Le lettere sono tragiche. Da una parte c’è una passione erotica travolgente. Alcuni passaggi sono pornografici e accompagnati da disegni eloquenti. Dall’altra parte ci sono la vecchiaia e l’impotenza: «Tu non puoi amarmi. Ed io sono tanto decaduto che non mi ricordo, in una cabala d’or è molti anni, d’aver scelto Amare senza essere amato». La contessa cerca inutilmente di consolarlo. Al Vittoriale sono già conservate le sue risposte. La donna scrive al Comandante: «Ti supplico di non parlarmi di vecchiaia. Se tu sapessi come in questi due soli giorni di lontananza io ho pensato e desiderato te». Evelina cerca poi di stuzzicare la fantasia dell’amante: «Indosso una veste spumosa, fiorita come il tuo giardino». E ancora promette di vestirsi «di tartaruga perché le carezze siano più lente». Nell’ottobre 1937 d’Annunzio tronca il rapporto. Probabilmente la storia è diventata troppo dolorosa, il paragone col passato è insopportabile, forse umiliante. D’Annunzio in una lettera scrive: «Voglio morire». La consapevolezza della propria decadenza fisica è un filo conduttore del carteggio e spinge a riconsiderare la fine dello scrittore. Dice Guerri: «L’ipotesi del suicidio è già stata formulata dagli studiosi. Io stesso l’ho scartata in passato perché non documentabile. Alla luce di queste lettere, merita almeno di essere presa in considerazione». Il fondo ha una valore di 500 mila euro. Martino Zanetti, presidente e titolare di Hausbrandt, marchio storico del caffè, ha conservato queste carte, credute disperse, per trent’anni. Erano appartenute al collezionista Mario Guabello. Zanetti le ha lette e rilette, tenendo quelle giovanili sempre a portata di mano, nel cassetto della scrivania. Ha deciso di donarle «perché è giusto che tornino a casa». Un regalo generoso, il più importante nella storia del Vittoriale. A Treviso, l’11 novembre, ci sarà la consegna ufficiale. Il fondo sarà poi segretato per un anno, durante il quale si provvederà all’inventario dei documenti (tremila pagine, che includono anche poesie e discorsi pubblici). A operazione compiuta, sarà messo a disposizione degli studiosi.

Le lettere

• È fatale che io debba vivere così, sempre in agitazione, in un’irrequietezza indescrivibile, assetato di desiderio, di mille desideri l’uno più strano ed alto dell’altro, dilaniato dall’amore, torturato dall’arte, pazzo sognatore che reco il cuore palpitante tra la folla impassibile, e cerco come per fatalità, in nuove cose tormenti nuovi, e vivo nel disordine, e lavoro con la stessa foga con cui tiro di spada, o poltrisco in torpori lunghi e spossanti, e languo nelle penombre lente dei salotti, e bevo avido l’aria vasta e la fulgida luce, prodigo, scialacquatore, temerario, generoso, affettuoso, innamorato di te, triste, gaio, da un’ora all’altra, indomabile e indomato. (lettera a Giselda Zucconi, datata 20 marzo 1882)

• Voglio morire... Tu non puoi amarmi. Ed io sono tanto decaduto che non mi ricordo, in una cabala d’or è molti anni, d’aver scelto Amare senza essere amato. (lettera a Evelina Scapinelli Morasso, risalente agli anni 1936-1938)

• La vecchiaia rende vile e melenso anche un eroe. (lettera a Evelina Scapinelli Morasso, risalente agli anni 1936-1938)

Alessandro Gnocchi