Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  ottobre 30 Venerdì calendario

PERISCOPIO – Expo, un visitatore su due ha la pressione alta. Per forza, è invecchiato aspettando

PERISCOPIO – Expo, un visitatore su due ha la pressione alta. Per forza, è invecchiato aspettando. Gianni Macheda. Il denaro è diventato oggi la misura di ogni valore culturale o artistico. Un capolavoro del cinema o un romanzo meraviglioso sono ignorati se non ottengono successo di botteghino nei primi giorni di uscita. La critica è del tutto schiava del mercato e anche quella sedicente colta preferisce alimentare il dibattito su fenomeni di costume, bestseller e film di cassetta di desolante miseria intellettuale, piuttosto che andare alla scoperta di talenti. Curzio Maltese. ilvenerdì. Coloro che hanno pensato e sottoscritto il Trattato di Maastricht erano dei despoti assoluti, quali ancora non ne erano apparsi nella storia, proprio perché non avevano alcun bisogno di riferisi agli uomini per dettare il loro disegno e le regole per realizzarlo. Non ne avevano bisogno al punto che le loro armi consistevano in multe in denaro per chi avesse disobbedito. Tutto il resto, per Maastricht, non aveva né senso, né valore: la patria, la lingua, la musica, la poesia, la religione, le emozioni, gli affetti, tutto quello che riguarda gli uomini in quanto uomini, che dà espressione e significato ai loro vivere in un determinato gruppo, al loro contemplare un determinato paesaggio, al loro amare, soffrire, godere, creare, veniva ignorato. Ida Magli, La dittatura europea. Rizzoli, 2010. Sul piano internazionale l’intolleranza agisce così. Il comunismo, se avanza, avanza definitivamente: se conquista un governo o un paese, lo conquista per sempre, perchè, come arriva, spegne tutte le opposizioni attuali e potenziali: cioè perchè è intollerante. Il liberalismo, invece, se tiene un governo in un paese, lo tiene a titolo precario: perché lascia vivere le opposizioni (quella comunista in prima linea) e queste, a lungo andare, lo logorano. Augusto Guerriero, Tempo perduto. Mondadori, 1959. Per semplificare si può dire che ci sono tre forme di strumentalizzazione della persona umana: da parte della politica, da parte dell’economia e da parte della scienza. Esse si sono storicamente succedute, perfino sovrapponendosi. Michel Albert, Jean Boissonat, Michel Camdessus, Notre foi dans ce siècle, La nostra fede in questo secolo. Arleal, 2002. Passavano i minuti, la vecchia pendola ritmava i secondi con un suono grave. A un certo punto udirono uno squillo remoto di campane: era giorno. Nadia guardò la finestra: attraverso le stecche delle persiane entravano fette di cielo chiaro, strisce sottili di giorno. Olindo si alzò e con Nadia andò alla finestra: il cortile in basso, era un quinta di teatro dopo la recita. Intanto, dalle strade vicine, giungeva il rumore di qualche macchina, uno stridìo di freni. Era la vita che cominciava. Nantas Salvalaggio, Calle del tempo. Mondadori, 1984. Ero sicuro al cento per cento che sarei morto. Quando sono riuscito a svegliarmi nel pomeriggio dell’11 avevo ancora a disposizione soltanto un’ora di luce. Non sapevo dov’ero ed ero quasi cieco. Solo luce indistinta. Non sapevo dove fosse il campo, l’unica certezza era che dopo un’ora sarei rimasto al buio, il sole era al tramonto. «Mamma mia sono morto», mi dissi. Le mie ginocchia erano nella neve e il freddo mi entrava dentro come lame di coltello. Nessuno è mai sopravvissuto due notti agli 8 mila metri e non sarei stato il primo. E invece mi salvai per miracolo. Beck Weathers, alpinista himalaiano (Enrico Martinet). La Stampa. Avevo dodici, tredici anni quando uscì la canzone Alice. È un classico anche nel suono, negli arrangiamenti, non puoi rifarla se non stravolgendola. Francesco ha deciso di usare due chitarre e, con il tempo in tre, come se fosse un valzer, quindi stravolgendone anche l’idea ritmica. Ha avuto coraggio e sono contento che sia andata così bene. De Gregori viene immediatamente associato ai suoi testi ma in realtà nel suo lavoro c’è moltissima ricerca armonica. La donna cannone è un pezzo armonicamente molto complesso. Solo le grandi canzoni, da complesse, diventano semplici all’orecchio della gente. Ligabue, cantautore (Luca Valtorta). la Repubblica. L’architettura littoria della torre in ricordo dei caduti in montagna nella prima guerra mondiale suggeriva idee come onore, patria, coraggio, ma queste parole non trovavano in me, bambina, alcuna eco. Pensavo, invece, che ciascuno di quei 10 mila ragazzi aveva avuto a casa una madre, che lo aveva partorito, allattato, cullato, che ne aveva accompagnato i primi passi. Mi immaginai la valle d’Ampezzo echeggiante del cupo tuono dei cannoni, e le donne che guardavano in alto, alle trincee sulle Tofane. Mille madri e il loro dolore, ma non se ne diceva, nel Sacrario di Pocol. Marina Corradi. Avvenire. È scoccata anche per me l’ora in cui si tenta di famigliarizzare con la morte, di spogliarla della sua orrenda solennità, di darle del tu. Invidio coloro che temono l’Inferno. Io non temo nulla. E per questo ho tanta paura. Indro Montanelli, I conti con me stesso - Diari 1957-1978. Rizzoli. Oggi, in materia culinaria, non è come ai tempo di Gogol. Roma infatti offre molte sòle, tanto per usare il vernacolo locale. Pizze improbabili, spaghettacci precotti, mesti panini: il menu (a peso d’oro, e anche con tariffe differenziate, più miti per indigeni, maggiorate per forestieri) che si va apparecchiando per il pellegrino formato Giubileo, demolirebbe anche il buonumore e l’entusiasmo di Gogol per Roma. Nicoletta Tiliacos. il Foglio. Tra i bolscevichi e il popolo cosacco v’era un divario incolmabile. I rossi gli pareva gente perduta perché demolivano ogni cosa che per lui era importante, la libertà, il passato, le tradizioni, il possesso dei campi e volevano modificare in profondità il popolo più libero e fiero della terra. Per lui era un’insensatezza così smisurata che a causa di essa aveva accettato di entrare e di appartenere all’Armata cosacca di liberazione. Urva’n si sentiva correre nel sangue, come un rivolo sottile e remoto, tutti gli istinti più antichi della sua gente. capiva la tendenza cosacca alla vendetta, alla caccia, alla guerra, alle imboscate, alle grandi migrazioni, alla vita selvatica. Carlo Sgorlon, L’armata dei fiumi perduti. Mondadori, 1985. I piaceri della gola: giovano più allo spirito o nuocciono più alla digestione? Roberto Gervaso. Il Messaggero. Paolo Siepi, ItaliaOggi 30/10/2015