la Repubblica, 30 ottobre 2015
La storia di Pasta Kid, il tennista piccolino e tarchiotto che non conosceva la parola dieta ma sapeva come battere le star
Pasta Kid. Il soprannome di Paolo Bertolucci, titolo della sua biografia, fu un’invenzione del mio fraterno amico e collega Bud Collins, al quale un mese fa gli americani hanno più che giustamente intitolata la sala stampa di Flushing Meadows, in cui Bud ha creato tante columns da farci addirittura rimpiangere, qualche volta, di aver visto il match che le aveva ispirate, e non soltanto letto l’interpretazione, sul Boston Globe. «Nell’imparare l’Italia», come diceva, soggiornando a casa mia, Bud era rimasto affascinato da Paolo Bertolucci. Molto diverso da un tennista tipico, Bertolucci era non solo piccolino, dotato di gambotte enormi e disadatte, ma ghiottissimo, tanto da ignorare la parola dieta. Sconfisse, nonostante ciò, una quantità incredibile di avversari, inferiore soltanto a quelli che, una simildieta, tentarono di imporgli, con un insuccesso che spinse il povero dt di allora, lo stravagante Belardinelli, ad un semipugilato con lo Scriba, che di lui e del suo moralismo si faceva gioco. Pasta Kid, che sui cento piani, a Formia, fu battuto, pare, da una nonna ex olimpica, era tuttavia dotato di un braccio d’oro, di una mano fatata che gli propiziò una classifica vicinissima ai Top Ten, il n.12 del 1973. In doppio fu, secondo me, principale artefice di infiniti successi, non meno di Panatta, che affascinava la schiera dei cronisti, e delle fanciulle in fiore, dei tempi. Si vince, il doppio, con la ribattuta ancor prima del servizio, e la risposta di Paolo ebbe poche eguali. Tanto che a Paolo tocca, in Davis, una percentuale di successi mai raggiunta da un altro italiano. Oltre alla vittoria nella finale cilena nel ’76. Così come, in doppio, Pasta Kid propiziava le entrate trionfali di Adriano, ora, passato ai doppi televisivi, sempre lo ascolterete in un ruolo solo in apparenza secondario, sottotono. Era, forse, destino di chi non divenne star, raggiungendone al contempo i risultati. Figlio di un grande maestro, maestro lui stesso, e – anche se non lo scrive – adolescente scartato per quel suo fisico da due presunti maestri federali, che, spero in un girone infernale, dovrebbero ancora essere puniti per il loro iniziale giudizio, che ci avrebbe impedito di ammirare Paolo Bertolucci: o il suo personaggio, Pasta Kid.