
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Da ieri sono quotate in Borsa non una, ma due Fiat: Fiat spa e Fiat Industrial. In Fiat spa è concentrato il business dell’automobile, in Industrial quello finora assai più redditizio di macchine agricole, camion, grandi motori e propulsori marini. In Piazza Affari i due titoli si sono comportati bene, in una giornata al rialzo grazie anche alla quotazione delle due società (e a quella della Porsche che ha vinto una causa da due miliardi di dollari in America e ha tirato su i listini di tutta Europa). Industrial ha chiuso a 9 euro netti, +3,05% rispetto al prezzo di collocamento. Fiat spa ha segnato 7,02 euro, +4,91%.
• Questo risultato di Borsa significa che gli analisti giudicano favorevolmente la strategia di Marchionne a Pomigliano e a Mirafiori?
Un elemento di questo tipo c’è sicuramente. È anche vero che, prima, tutte queste attività erano concentrate in una scatola finanziaria. La Borsa non ama troppo questi contenitori, che in genere valuta un 20% in meno rispetto alla somma delle singole società possedute. Una liberazione di valore – per dir così – era nelle cose. Ci metto anche la grande fiducia che Marchionne riscuote sui mercati.
• Ma non si vendono meno macchine di prima?
Le buone quotazioni di ieri sono infatti tanto più significative perché i dati relativi alle vendite di dicembre continuano a essere negativi: 130.319 immatricolazioni in Italia contro le 166.461 del dicembre 2009. Un calo del 21,7%. Su base annua del 9,2.
• Potrebbe essere che il mercato italiano non è più così significativo per il gruppo?
Sì, certo. Del resto, quando andò da Fabio Fazio, Marchionne disse che dagli stabilimenti italiani non ricavava un euro di profitto e che, se avesse tagliato dall’impero Fiat il nostro Paese, il gruppo avrebbe guadagnato. La flessione dichiarata su base annua è ingannevole. I primi mesi sono stati influenzati dagli incentivi 2009. Insomma, si sono attribuite al 2010 vendite che erano di competenza 2009. Aspettiamoci quindi altre flessioni imponenti fino a marzo. Tutto questo, però, non ha influenzato i mercati, che scommettono sul futuro e non sul passato. Su Fiat ci sono evidentemente grandi aspettative, specialmente per i buoni risultati Chrysler in America e per l’ipotesi, ventilata da più parti, che Chrysler e Fiat si fondano e che Fiat salga al 51% nella casa statunitense (Marchionne: «possibile, ma non probabile»). Ieri Marchionne ha detto: «Di fronte alle grandi trasformazioni in atto nel mercato non potevamo più tenere insieme settori che non hanno nessuna caratteristica economica e industriale comune». Ha annunciato che l’ebitda di Industrial – cioè il margine operativo lordo, vale a dire quello che avanza prima di pagare le tasse e gli ammortamenti, e prima di incassare gli investimenti finanziari – passerà nel 2014 da circa 1,4 miliardi a 4,1 miliardi. «L’identità di un’azienda – ha detto ancora - non sta in una ragione sociale, sta nelle persone che ci lavorano, in un preciso momento e con precisi obiettivi».
• Già, e gli operai?
Si riferisce alle polemiche con la Fiom? L’amministratore delegato è stato molto duro. «Se il referendum di Mirafiori (previsto tra il 17 e il 20 gennaio – ndr) raggiungerà il 51% andremo avanti. La Fiat non ha lasciato fuori nessuno. Se qualcuno ha deciso di non firmare, non significa che io abbia lasciato fuori qualcuno. La Fiat ha bisogno di libertà gestionale e non può essere condizionata da accordi che non hanno più senso». Dura anche la replica a coloro che vorrebbero conoscere i punti specifici del piano di Fabbrica Italia. «È una richiesta offensiva e ridicola. Non ho chiesto né allo Stato né ai sindacati di finanziare niente. È la Fiat che sta andando in giro per il mondo a raccogliere i finanziamenti necessari per portare avanti il piano. Andate in giro voi e i sindacati a raccogliere i soldi. Sono appena tornato dal Brasile, dove ho inaugurato con l’ex presidente Lula una fabbrica a Pernambuco. In Brasile nessuno si sarebbe permesso di chiedermi i dettagli dell’investimento. Nessuno al mondo si permetterebbe di chiedermi una cosa simile. Smettiamola di comportarci da provinciali. Quando serviranno gli altri 18 miliardi li metteremo». Ha anche nominato la Fiom: «La Fiat è capace di produrre vetture con o senza la Fiom».
• E la Fiom che ha risposto?
Landini, segretario dei metalmeccanici Cgil, ha detto: «Certo, e anche senza i sindacati Fim e Uilm, perché le vetture le fanno i lavoratori». Poi ha aggiunto: «Ai lavoratori si stanno limitando i diritti. Marchionne pensa davvero che le sue fabbriche possano funzionare senza consenso? Pensa che l’intelligenza delle persone è a comando, è sotto ricatto? Questa è una gestione autoritaria e antidemocratica». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 4/1/2011]
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