PAOLA MARIANO, La Stampa 4/1/2011, 4 gennaio 2011
Se una patatina tira l’altra la colpa è dei grassi cattivi - In molti cibi, dalle patatine agli snack, si nascondono sostanze che ci rendono schiavi, inducendoci a mangiare senza freno: sono alcuni grassi che scatenano un desiderio «folle»
Se una patatina tira l’altra la colpa è dei grassi cattivi - In molti cibi, dalle patatine agli snack, si nascondono sostanze che ci rendono schiavi, inducendoci a mangiare senza freno: sono alcuni grassi che scatenano un desiderio «folle». È la scoperta di Daniele Piomelli e Nicholas DiPatrizio dell’Università di Irvine, in California, che ora si apprestano ad identificare uno a uno i grassi «malefici». «Abbiamo visto che i cibi grassi risvegliano nello stomaco le “molecole del piacere”, gli endocannabinoidi, le quali aumentano la fame e la voglia di altro cibo-spazzatura», spiega Piomelli, che «TuttoScienze» ha incontrato nel laboratorio dove è in corso di risoluzione l’enigma dell’irresistibilità del «junk food». «I grassi attivano dei recettori sulla lingua che lanciano un messaggio al cervello, il quale, poi, lo rilancia all’intestino attraverso il nervo vago, causando proprio il rilascio degli endocannabinoidi - dice Piomelli -. Zuccheri e proteine, al contrario, non fanno niente di tutto questo». Ora i ricercatori, che hanno pubblicato la scoperta su «Pnas», si apprestano a capire quali grassi siano i colpevoli del rapporto malato che spesso si ha con il cibo. Alcuni di questi, però, potrebbero già essere noti ai produttori di cibospazzatura e aggiunti per renderci «dipendenti», pur senza conoscerne il meccanismo d’azione, ipotizza DiPatrizio. «Apriamo una pagina di fisiologia della nutrizione inaspettata - aggiunge Piomelli -: oggi si assume che i nutrienti sono tutti uguali, ma si inizia a capire che le sostanze grasse hanno effetti particolari che vanno al di là delle calorie». A raccontare il test è DiPatrizio, ora in attesa di un finanziamento che gli permetta di scovare i grassi «cattivi»: «Abbiamo alimentato alcuni topolini con tre tipi di dieta liquida, a contenuto proteico, glucidico (di zucchero) e lipidico (di grasso)». Quando le cavie si nutrono con il terzo «menu», nello stomaco si producono due endocannabinoidi, l’anandamide e il 2-arachidonil-sn-glicerolo, che sono molecole analoghe alla marijuana, generate per dare piacere in situazioni specifiche, come quelle sessuali. Le molecole - sottolinea Piomelli, che è anche direttore del dipartimento «Drug Discovery and Development» dell’IIT di Genova - si legano al recettore CB-1, scatenando quindi la sensazione di desiderio, probabilmente basata sul rilascio di ormoni della fame. Ma come si attiva la produzione di queste droghe naturali? Tutto parte dalla lingua, grazie a specifiche papille gustative che «sentono» il grasso e inviano un messaggio al cervello e da lì all’intestino. E qui il gioco è fatto, perché a quel punto il desiderio di cibo si fa irrefrenabile. E’ interessante che, bloccando il recettore degli endocannabinoidi, il desiderio svanisce. La terapia, quindi, appare chiara: si potrebbero bloccare le abbuffate con farmaci (già esistenti) che spengono CB-1. Restano, però, da scoprire i recettori sulla lingua e quali molecole di grasso alimentano di più la spinta a mangiare senza limiti. I grassi, infatti, non sono tutti uguali: Piomelli ha dimostrato che l’acido oleico, di cui è ricco l’olio d’oliva, nell’intestino si trasforma in una sostanza l’oleoiletanolamide - che induce un senso di sazietà. Invece l’acido stearico, di cui sono ricchi i grassi animali, non è in grado di farlo. Il sospetto è che, quindi, i grassi abbiano un potere differente anche a livello degli endocannabinoidi: è possibile - ritiene DiPatrizio - che l’acido stearico (in carne e cioccolato) e in generale gli acidi saturi a catena lunga siano i maggiori responsabili di quel desiderio irrefrenabile, che, forse, riusciremo presto a controllare.