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 2011  gennaio 04 Martedì calendario

LA BANDA DEL BUCO


Ciampi, Fanfani, Craxi, Spadolini, Forlani, Goria, De Mita, Andreotti, Amato, Dini, Moro, Cossiga, Berlusconi, Prodi, Rumor, Colombo e D’Alema. Non è la formazione di calcio per i mondiali della politica. E neppure una galleria di ritratti che campeggia a Palazzo Chigi. Bensì la classifica, meramente economica, del debito pubblico mensile accumulato da ciascun premier nel corso del rispettivo mandato. Dal Rumor I al Berlusconi IV(dal 1968 al 2010) ne è passata di acqua sotto i ponti. Ma, soprattutto, tanti quattrini sono stati drenati dalle tasche di generazioni di italiani per tentare di sfamare l’insaziabile appetito del mostro del debito pubblico. Dagli interventi a pioggia per il Mezzogiorno (con il presidente Moro ela sua Efim pronte a finanziare losviluppo del Sud), alla campagna di privatizzazione voluta proprio dall’ex inquilino del Quirinale e governatore di Bankitalia, Carlo Azeglio Ciampi.
Ripercorrendo gli ultimi 40 anni di storia finanziaria c’è di che tremare. Come dimenticare lo scippo operato retroattivamente (e nottetempo) dal governo Amato nei conti correnti degli italiani? Correva l’anno domini 1992. A Palazzo Chigi siedeva Amato, oggi presidente della Treccani. Fu proprio lui, l’ex delfino di Bettino Craxi, l’11 luglio1992 a firmare il decreto da 30mila miliardi di lire. Giustificando allora il provvedimento con la «situazione di drammatica emergenza della finanza pubblica», veniva deliberato ma in maniera retroattiva (al 9 luglio) il prelievo forzoso del 6 per mille dai conti correnti bancari. Gli italiani si svegliarono tutti un po’ più poveri e molto, molto più infuriati.
E ancora. Amintore Fanfani, quattro volte presidente del Consiglio,c ontende a Ciampi il primato del premier più “indebitatore”. Certo, nel 1962 in un colpo solo decise l’aumento delle pensioni pubbliche del 30%. E poi un piano di urbanizzazione del Paese per metterlo al passo con il resto del continente. Però erano anni in cui il debito italiano galleggiavasotto la soglia di rischio del 60% e c’era da ricostruire un’Italia ancora alle prese con i danni della guerra. Poi il piano casa, le grandi migrazioni da Sud a Nord, gli interventi per realizzare una grande industria di Stato.
Messi da parte i recordman Ciampi e Fanfani, è Bettino Craxi a contendere il podio per il presidente più spendaccione. L’allargamento al Psi, dopo il monocolore democristiano, fa esploderela spesa pubblica. Bettinoc avalca la crescita economica, riesce a mettere sotto briglia l’inflazione e concede aumenti salariali superiori di diversi punti al costo della vita. Resta il fatto che nei due governi a guida del leader dei socialisti il debito fa il grande balzo e si avvicina pericolosamente al 100% del Pil. Da allora nulla è stato più come prima. All’inizio degli anni Novanta scoppia il caos Tangentopoli. I presidenti del Consiglio (e soprattutt ogli ex premier) sfilano più nelle aule di tribunale che in Parlamento. Intanto il debito continua a correre. E comincia l’era del risanamento. Le parole “sacrifici per tutti”, manovra lacrime e sangue”, contenimento della spesa, entrano a far parte del vocabolario popolare. Se prima si era vissuti al di sopra delle possibilità, favoriti dauna svalutazione della lira sfruttata come un bancomat per farquadrare i conti correnti, cominci al’era dei tagli. Arriva la MinimumTax, ovvero la tassaziones tringente di artigiani e commercianti (governo Amato), le grandi privatizzazioni, la stretta per rientrare nei parametri di Maastricht, e agganciare l’Italia alla moneta unica europea. Nel 1996 la politica sconquassata dagli arresti e dalla scomparsa dei vecchi partiti affida ad un tecnico, Lamberto Dini, l’ingrato compito di avviare la riforma delle pensioni. Mettendo mano al sistema pensionistico, che da distributivo diventa contributivo, si tenta di arginare il sifone del debito. Ma l’entrata in vigore posticipata - e le tutele per i 50enni - vanificano per anni una riforma spostando sulla generazione attuale tutto l’onere.