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 2011  gennaio 04 Martedì calendario

PETROLIO, IL GRANDE GIOCO PASSA PER LE VIE DELLA RELIGIONE

Se i copti egiziani “hanno il cuore in fiamme” - sono le parole più utilizzate per esprimere la loro rabbia durante le manifestazioni successive alla strage di Capodanno - i cristiani del Sud Sudan hanno ancora il cuore straziato dalla guerra con il nord musulmano. I morti, in uno dei conflitti fratricidi più sanguinosi della storia, sviluppatosi soprattutto tra il 1983 e il 2005, sono stati ben 3 milioni. Lunghi anni di persecuzione durissima, da parte di Khartoum, per il possesso dei giacimenti petroliferi scoperti nella regione a sud del grande Paese a maggioranza arabo-musulmana. E adesso che il dolore dei sopravvissuti si era appena sopito, l’attentato nel confinante Egitto riapre le ferite e non fa presagire nulla di buono. Soprattutto se lo si legge come un prologo a quanto potrebbe accadere il 9 gennaio.
QUANDO i cristiani del sud Sudan saranno chiamati a votare il referendum, inserito tra i punti degli accordi di pace del 2005. Qualora, come è molto probabile, dovesse vincere il Sì alla indipendenza dal nord, la situazione potrebbe degenerare rapidamente. I janjawid, le milizie del presidente Omar Beshir, già incriminato dalla Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità , potrebbero riprendere a cavalcare, armate di mitra e spade affilate, verso il deserto del sud per trucidare coloro che osano scegliere di staccarsi da una nazione che li ha annientati. Gli storici ormai definiscono il conflitto del Sudan arabo contro le popolazioni del sud un vero e proprio genocidio. Nella guerra conclusasi 5 anni fa, così come in quella che potrebbe scoppiare tra pochi giorni, la questione religiosa è stata e sarà un puro pretesto. Ma contribuirà a trovare le “ragioni”.
GLI ABITANTI del sud Sudan non rappresentano infatti una reale alternativa religiosa in un Paese a schiacciante maggioranza musulmana. La popolazione del sud Sudan è talmente esigua da non poter rappresentare un pericolo in termini etnico-religiosi per i musulmani del nord. Ai quali non interessa certo imporre l’islam, bensì avere la piena disponibilità dei giacimenti petroliferi della regione. Di questi tempi però è “plausibile” attribuire alla contrapposizione religiosa le stragi contro i cristiani. A questo punto però il quadro si fa più ampio: si tratta di una epocale riedizione del “grande gioco”. Le grandi potenze, vecchie e nuove, devono ricollocarsi. La Cina ha trovato il posto migliore anche in Africa, soprattutto in Sudan. Gli Stati Uniti, che nella regione hanno ormai un solo forte alleato, l’Etiopia, hanno fatto sapere, attraverso il portavoce della Casa Bianca, che “la strage in Egitto potrebbe essere la prova generale per un’altra carneficina in Sudan, che rappresenta la vera emergenza del 2011”. Ma la realtà è ancora più complessa.