ILARIA MARIA SALA, La Stampa 4/1/2011, 4 gennaio 2011
Cinesi in rivolta contro le truffe allo sportello - L’ ultima rivolta popolare cinese è a Anyang, un’antica città di 5 milioni di persone, nel cuore dello Henan (Cina centrale, a circa 500 chilometri a Sud di Pechino) dove, secondo le notizie riportate dalla stampa ufficiale, degli istituti di credito “sotterranei” (non parte della rete ufficiale nazionale, ma semi-clandestini ed illegali) hanno chiuso improvvisamente i battenti, lasciando centinaia di persone allo scoperto
Cinesi in rivolta contro le truffe allo sportello - L’ ultima rivolta popolare cinese è a Anyang, un’antica città di 5 milioni di persone, nel cuore dello Henan (Cina centrale, a circa 500 chilometri a Sud di Pechino) dove, secondo le notizie riportate dalla stampa ufficiale, degli istituti di credito “sotterranei” (non parte della rete ufficiale nazionale, ma semi-clandestini ed illegali) hanno chiuso improvvisamente i battenti, lasciando centinaia di persone allo scoperto. Parte del problema sarebbe acuito dall’improvviso esplodere di alcuni schemi di investimento “a piramide”, che hanno colpito centinaia di persone. «Il giorno di Capodanno si legge in un comunicato del Segretario del Partito Comunista di Anyang, Zhang Guangzhi, pubblicato ieri dal sito web del governo locale la nostra città è stata teatro di incidenti di massa, da parte di alcune persone che avevano preso parte in investimenti illegali». Il comunicato governativo, oltre a rendere atto delle manifestazioni, che si sono concentrate intorno alla stazione ferroviaria di Anyang, ha anche promesso di rafforzare l’azione preventiva contro questi schemi imprenditoriali illegali, dichiarando che le proteste «hanno messo in luce delle debolezze nella nostra vigilanza sugli schemi di investimento illegali». Prima del comunicato, secondo quanto riportato dalla stampa di Hong Kong, centinaia di persone avevano cercato di recarsi a Pechino, per chiedere alle autorità centrali di occuparsi del loro problema, ma la polizia li avrebbe fermati prima che potessero salire sui treni. Non si hanno notizie di violenze contro i manifestanti, ma ci sarebbero stati 21 arresti. A rendere ancora più grave la situazione è la stretta sul credito portata avanti dalle banche cinesi, dopo una direttiva emanata dalle autorità centrali tesa a cercare di sgonfiare la bolla speculativa innescata a partire dalla crisi finanziaria del 2008. Quattro anni fa, infatti, Pechino ha evitato di essere travolta dai problemi che continuano a scuotere gli Stati Uniti e l’Europa con un ingente pacchetto di stimoli economici, del valore di 600 miliardi di dollari americani che hanno sì protetto la Cina da scossoni immediati, andando però a gonfiare ulteriormente un’economia già drogata da eccessivi investimenti e da una bolla nel settore immobiliare che sta preoccupando gli osservatori, tanto all’interno che fuori dal Paese. Già da alcuni mesi dunque, il governo di Pechino ha deciso di stringere i cordoni delle banche, ordinando loro di prestare meno soldi, prediligendo investimenti statali. Le varie aree del Paese dominate invece da un’economia imprenditoriale privata si sono ritrovate incapaci di sollevare capitali – una situazione che ha già causato notevoli complicazioni, per esempio, nella città costiera di Wenzhou, travolta da una serie di schemi a piramide e debiti inesigibili, nonché da piccole aziende che hanno fatto fallimento nel corso dell’estate, a causa dell’improvvisa scomparsa delle linee di credito. A sostituirle, dunque, numerosi veicoli clandestini, o semi-clandestini, che promettono prestiti immediati (solitamente a tassi d’interesse elevati), o perfino negozi di pegni capaci di mobilitare in breve tempo grossi quantitativi di contante. A loro volta, questi istituti di credito non ufficiali si riforniscono grazie agli schemi «a piramide», che, se collassati, portano dunque a fallimenti a catena. Tanto a Wenzhou, che a Anyang, si hanno notizie di imprenditori, datori di lavoro e debitori che si sono dileguati, una volta che i problemi di credito si erano rivelati ingestibili. Ma i crediti illegali esistono nell’intera Cina. Le tensioni a Anyang, dunque, portano alla ribalta un nuovo focolaio di tensione, legato alle crescenti difficoltà finanziarie degli imprenditori privati, e del rapido declinare del settore immobiliare in alcune città cinesi.