SANDRO CAPPELLETTO, La Stampa 4/1/2011, pagina 12, 4 gennaio 2011
Cooperazione. Il fallimento dell’Occidente - «Viene a trovarmi il presidente di una Ong francese e mi dice: sono pronti 56 milioni di euro per il tuo ospedale per malati di Aids»
Cooperazione. Il fallimento dell’Occidente - «Viene a trovarmi il presidente di una Ong francese e mi dice: sono pronti 56 milioni di euro per il tuo ospedale per malati di Aids». Mentre parla, la voce di padre Vincenzo Luise fatica a controllare l’indignazione. «Ma bisognava togliere le spese per gli affitti, il personale, le auto di servizio, e quelle di rappresentanza: i 56 diventavano 2. Mi sono alzato e ho urlato: “Fuori di qui, la dignità dei poveri non è in vendita”». Episodi simili può raccontarne molti il religioso dell’ordine di San Camillo che da anni ha lasciato Napoli e vive a Ouagadougou, capitale del Burkina-Faso, dove, oltre all’ospedale, ha aperto due case di accoglienza per le donne cacciate dai villaggi e abbandonate da tutti perché considerate «venditrici di anime»: come dire, streghe. Delle buone intenzioni umanitarie, lui si fida poco. «Dove vanno a finire i soldi della cooperazione internazionale?» si è chiesto, in un convegno tenuto recentemente a Prato, il Movimento Shalom. Nato in Toscana, a San Miniato, nel 1974 per iniziativa di don Andrea Cristiani, che ancora ne indirizza il cammino, Shalom è attivo con progetti di sviluppo in 11 Paesi, in particolare dell’America Latina e africani. Anzitutto, tiene a far sapere che ha diritto a porsi questa domanda: soltanto il 9% del suo bilancio finisce nelle «spese di gestione»; il rimanente viene destinato ai progetti per i quali questa organizzazione - che al suo interno accoglie religiosi e laici, non solo cristiani - si batte. L’idea della cooperazione internazionale nasce attorno al giro di boa del 1960, quando molti Stati africani raggiungono insieme l’indipendenza. Mezzo secolo è un piccolo tempo, a fronte degli oltre quattrocento anni di sfruttamento coloniale perpetrato dai Paesi europei, ma un bilancio è possibile. Le cifre non lasciano spazio a dubbi: la cooperazione ha sostanzialmente fallito il proprio obiettivo. Il trilione di dollari che gli Stati ricchi del «primo mondo» hanno destinato in questo periodo agli «aiuti per lo sviluppo» non ha prodotto i risultati sperati. Un dato, su tutti, impressiona: negli ultimi trenta anni i Paesi più dipendenti dagli aiuti hanno registrato tassi di crescita negativi: -0,2%. Ha scritto Joseph Ki-Zerbo, filosofo e storico africano, scomparso nel 2006: «Aiuta davvero soltanto l’aiuto che aiuta a eliminare l’aiuto». Le cose sono andate diversamente e oggi l’economista Dambisa Moyo, nata in Zambia nel 1969, dirigente della Banca Mondiale, autrice di «La carità che uccide», può trarre queste conclusioni tombali: «Gli obiettivi umanitari indicati come possibili dal Millenium development goals per il 2015 appaiono irraggiungibili. Tra il 1981 e il 2002 il numero di africani che vivono sotto la soglia della povertà è raddoppiato. L’assistenza senza limiti offerta ai governi africani ha aumentato la dipendenza economica, incoraggiato la corruzione, in definitiva perpetuato la povertà». Lucia Ferrari, autrice di numerosi reportage dedicati dalla Rai ai progetti di cooperazione, cita due esempi africani: «La Nigeria è uno dei più grandi Stati produttori di petrolio, ma ha un reddito pro capite vicino a quello dei Paesi più poveri dell’Africa occidentale. La Repubblica Democratica del Congo è una delle nazioni più ricche del mondo per le risorse del suo sottosuolo (dal pregiatissimo coltan ai diamanti), ma ha la più alta percentuale di persone malnutrite e uno dei più elevati tassi di mortalità infantile al mondo». Perché mai, in un mondo economico e finanziario dove si susseguono, senza confini, episodi di rapacità - dal fallimento della Lehman Brothers all’arricchimento degli oligarchi russi, al buco nero di tanti progetti italiani (immancabile, dalla platea, la citazione del raddoppio infinito della Salerno-Reggio Calabria) - dovremmo esigere che soltanto l’enorme flusso di denaro della cooperazione abbia le mani pulite? Don Cristiani non si rassegna: «La famiglia umana è una e la parte migliore dell’uomo è il suo essere compassionevole. Intelletto e coscienza sono i due grandi motori della storia e non dobbiamo cessare di cercare il cammino verso una nuova umanità. Una sana cooperazione ci salverà dall’abisso della nostra falsa ricchezza». Non mancano esempi di segno tutto positivo: associazioni come Medici senza frontiere rappresentano una realtà che bisogna difendere e incoraggiare, contro ogni tentazione a limitarne l’attività.