Fabio Cavalera, Corriere della Sera 04/01/2011, 4 gennaio 2011
E IL PAZIENTE INGLESE PRENOTERA’ IL MEDICO A NEW DELHI —
Migliorare il servizio sanitario ma eliminarne gli sprechi: come? Il governo britannico da luglio scorso cerca la ricetta adeguata. Non è facile perché l’obiettivo dichiarato dal ministro della sanità, il conservatore Andrew Lansley, è quello di risparmiare fino a 20 miliardi di sterline entro il 2014, così come impone il drastico il programma quinquennale di ridimensionamento dei conti pubblici. Le strade sono due: o si tagliano selvaggiamente le prestazioni o si cercano soluzioni di ripiego che consentano comunque di tenere i bilanci della sanità sotto controllo. La prima soluzione è esclusa. Ai sudditi di sua maestà vengono già chiesti molti sacrifici di natura economica che toccare uno dei pilastri del welfare significherebbe aprire una nuova ferita. Sarebbe come accendere la miccia di una conflittualità sociale che sotto sotto già cova. E allora si possono delineare altre proposte, figlie dei tempi che viviamo: ad esempio, delocalizzare determinati servizi che, oggi in carico al National Health Service, pesano sui suoi conti. Mister John Neilson che dirige la società (Nhs Shared Business Service), per metà controllata dallo Stato, incaricata di valutare e valorizzare la produttività nonché le performance della sanità l’ha detto chiaro e tondo due giorni fa, senza ricorrere a giri di parole: «Se vogliamo risparmiare milioni di sterline dobbiamo trasferire la gestione di determinate prestazioni fuori dal Regno Unito» . L’outsourcing, l’esternalizzazione, è la salvezza, come lo è per quasi tutte le aziende private. Magari verso l’India o verso un Paese anglofilo che garantiscono costi di gestione contenuti. In pratica un paziente che vive a Londra o a Liverpool e ha bisogno di fissare un appuntamento con il general practitioner (il medico convenzionato), o il paziente che su indicazione dello stesso medico deve sottoporsi a esami o a ricovero potrà chiamare un call center di base a New Delhi che gli fisserà l’appuntamento e la camera. E non finirebbe qui: sempre all’estero, preferibilmente in India, sarebbero installate le banche dati che immagazzinano le cartelle con tutte le indicazioni sulle famiglie britanniche iscritte al National Health Service. «I lavoratori indiani sono bravissimi nell’informatica, non c’è ragione di temere sulla tenuta dei database» . L’alternativa? Per John Neilson è il taglio delle cure e dei rimborsi previsti dal sistema pubblico. La proposta, accolta con giudizi favorevoli da molti membri della coalizione governativa, non è arrivata nel momento più propizio: le tasche dei cittadini britannici, già provate dall’austerità, dal primo gennaio hanno subito il previsto prelievo determinato dall’aumento dell’Iva (fino al 20 per cento) sui prodotti al consumo e il dibattito sull’uscita dalla crisi economica e sui conti pubblici si è surriscaldato. I sindacatiminacciano scioperi. Downing Street aveva promesso, anche nel corso dell’ultimo voto parlamentare sulla manovra di rientro dal deficit di bilancio, di volere salvare il National Health Service dalla scure del cancelliere dello scacchiere, il ministro responsabile delle finanze. Ma i rapporti consegnati nelle ultime settimane sulla organizzazione del sistema sanitario hanno segnalato gravi e improduttive dispersioni di fondi. Il risultato è che il budget del Nhs, cresciuto, in questi anni del 70%, è fuori controllo. David Cameron promette efficienza e qualità, maggiore autonomia gestionale e responsabilità lasciata ai medici e alle strutture convenzionate, chiede però che la spesa sia ricondotta nei binari della ragionevolezza. Sono necessari 20 miliardi di risparmi: altrimenti il welfare sanitario è al collasso. Che sia la delocalizzazione la ricetta magica?
Fabio Cavalera