Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  gennaio 04 Martedì calendario

AMBRA, "DOPO VENT´ANNI DI TELEVISIONE MI MERITO MARCO BELLOCCHIO"

Dopo quasi mezzo secolo un´opera d´arte cinematografica che fece scalpore e scandalo nel 1965 farà esplodere, in un´imminente versione per la scena, una ferocia stavolta meno sociale, un buio più domestico, un deserto affettivo ancora più patologico. Marco Bellocchio ha concepito un adattamento drammaturgico del suo primo, dissacratorio film I pugni in tasca, e lo spettacolo - destinato alla regia di Stefania De Santis già attrice e assistente di Carmelo Bene, e da poco co-regista dell´ultimo exploit teatrale di Filippo Timi - vedrà Ambra Angiolini nel ruolo della morbosa, flemmatica e complice Giulia (che nel film era Paola Pitagora), e Pier Giorgio Bellocchio, figlio di Marco, nella parte del paranoico e delittuoso fratello Alessandro (che nella pellicola era Lou Castel). C´è grossa attesa attorno a questo lavoro prodotto dal Teatro Stabile di Firenze, che vede anche la partecipazione di Giovanni Calcagno (il ritardato fratello Leone), Aglaia Mora (Lucia, fidanzata di Augusto), Fabrizio Rongione (il fratello "sano" Augusto) e Giulia Weber (la madre cieca), impresa che dal 14 gennaio affronterà un rodaggio a Pietrasanta e in Toscana per approdare a un giro nelle grandi città.
Ambra, dopo tante opportunità del cinema, quest´occasione teatrale ha un suo bel peso...
«Altro che. Non faccio che dire, da tempo, che dopo aver conosciuto la fortuna con Non è la Rai, ho dovuto sempre reinventarmi. Ma ho la testa dura. L´incontro con Bellocchio e col suo lato dark della famiglia, della religione, della politica e dell´amore, io lo volevo a tutti i costi. Detti il peggio di me ai provini per Vincere, ma poi lui mi ha coinvolto nel cortometraggio La monaca, e lì m´ha anticipato l´idea de I pugni in tasca a teatro. Ho accettato subito l´operazione, con atteggiamento naturale, senza pesantezze, mettendo in gioco vent´anni di lavoro. Perché oggi, sa, ho 33 anni e ho cominciato già a 13...».
Su che binari viaggiano i suoi rapporti con l´autore Bellocchio?
«Ho relazioni molto caute, riservate. Evito di chiamarlo. L´importante è recitare e dare senso alle sue parole. Paradossalmente io sono fortunata. Credo che per lui sia difficile slegarsi del tutto dall´esperienza del film, mentre io affronto le situazioni e le battute trovandole di grande attualità».
Oggi come definirebbe questa attualità?
«Un lavare i panni sporchi in famiglia, tra deviazioni assurde, in una sorta di malato isolamento dal mondo, senza che questo manicomio claustrofobico coi suoi orrori sia indagato coi plastici di Vespa o in una puntata di Matrix».
E lei come affronterà il personaggio Giulia?
«Intanto tutte noi interpreti femminili dobbiamo adottare i gesti non evidenti degli anni Sessanta, una compostezza mista a qualcosa di torbido o di elegante. La mia Giulia ha attenzioni maniacali per se stessa, si cambia tante volte, e ha profondità che lei per prima non vuole scoprire. È consapevole che il suo nucleo vive meglio in gabbia, come i canarini. È lucida, superficiale. Conta molto il non detto. Giulia è seducente anche perché coi fratelli non c´è un preciso mantenimento delle distanze. Gira a piedi scalzi, e io che amo i tacchi 12 mi sono "smontata", cammino e mi tocco in un altro modo, fino al punto in cui dietro a un pannello prendo il sole nuda».
Non le chiedo identificazioni, ma c´è un momento che sente suo?
«Sì. In una scena muta vengo lasciata sola con Leone, il fratello puro che non sta bene, sono stizzita, e accendo la musica a tutto volume, finché scoppia un rock, e allora mi scateno in un ballo violento e grottesco. Quella liberazione mi rappresenta benissimo, fare qualcosa di tuo, di impellente, in cui gli altri non ti guardino. Lì mi batte il cuore».
Lei è a suo agio da tempo, con la regista de I pugni in tasca...
«Stefania De Santis è stata la mia apripista, quella che mi ripulì dal romano e dal non sapere fin dall´epoca di Non è la Rai, la mia insegnante di dizione e di recitazione, quella che m´ha fatto scoprire il diaframma... senza dover andare dal ginecologo, aggiustando voce alta e bassa, timbri, accenti e zeta dolce, quella che m´ha introdotto a Shakespeare e all´Antigone di Sofocle».
In realtà lei ha già fatto teatro...
«Come no. Ho lavorato un po´ nell´off romano, ho preso parte a una Duchessa d´Amalfi di Webster con la regia di Nuccio Siano, e poi ai Menecmi portati in scena a Segesta, al musical su Battisti Emozioni. Ma lo sforzo nuovo l´ho messo a punto da un anno nel monologo La misteriosa scomparsa di W di Stefano Benni con la regia di Giorgio Gallione, che poi riprenderò dall´autunno 2011 cambiando ritmo».