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 2011  gennaio 04 Martedì calendario

GLI INDIANI SPARAVANO ALL’«ASTRO AGGRESSORE»

Ogni volta che si parla di un’eclissi viene in mente una poesia di Jacques Prévert, dolce e irriverente al tempo stesso: «Luigi XIV/che è anche conosciuto come Re Sole/era spesso seduto sulla sua seggetta/verso la fine del suo regno/una notte davvero buia/il Re Sole si alzò dal letto/prese posto su quella sedia/e sparì» . Questi versi furono titolati, appunto, L’eclisse e inducono a riflettere anche sui misteri che caratterizzano il fenomeno astronomico. Se il termine è diventato di uso comune nel linguaggio letterario, grazie anche a opere quali Eclisse della ragione di Max Horkheimer (1947) o a saggi come Eclissi dell’intellettuale (1959) di Elémire Zolla o al film di Michelangelo Antonioni L’eclisse (1962), denso di meditazioni esistenziali con un twist che fa da sottofondo ai titoli di testa cantato da Mina, va altresì detto che per il sentire dei più ogni eclissi si carica di significati; e quasi sempre è foriera di sventure. Non a caso papa Urbano VIII, che ebbe buoni rapporti con Galileo (anche se lo scienziato pisano fu costretto all’abiura durante i giorni del suo pontificato), incaricò un mago di proteggerlo dall’eclissi del 1628, che temeva letale per la sua persona. Si narra che l’iniziato ben retribuito preparasse due lampade, rappresentanti il Sole e la Luna, nonché cinque torce, ovvero i pianeti conosciuti in quel tempo, e che in una stanza attrezzata alla bisogna disponesse colori e gioielli in corrispondenza degli astri favorevoli, tentando di creare un cielo favorevole in luogo di quello vero, allo scopo di rintuzzare gli effetti malefici. Il papa attese ansioso, chiuso in una camera separata, e riuscì a farla franca. Merito del mago o dell’inesistente pericolo? Difficile rispondere, di certo sappiamo che andò meglio a lui che non a Ludovico il Pio, figlio di Carlo Magno, il quale nell’ 840 — riportano talune fonti— fu talmente terrorizzato dall’eclissi di quell’anno da morirne. Come è possibile interpretare l’oscuramento totale o parziale di un corpo celeste? A seconda dei tempi e delle tendenze, si può dire tutto e l’esatto contrario. Conviene fidarsi della saggezza popolare più che delle congetture dei compilatori di oroscopi e degli strologanti di turno. Nel 1872 un almanacco che dispensava consigli e interpretava anche altro, riportò queste osservazioni: «Se l’eclissi si mostrerà di colore scuro, tendente al verde, ciò indica morti, pestilenze, grandi freddi, gelo, neve, oscurità del cielo, tempeste, terremoti e diluvi con carestie. Se il colore tende al rossiccio, denota morte di qualche Re, o di uomo importante, se appare dorato indica danni a uomini illustri e nascita di nuove sette. Se appare di diversi colori o del colore del cielo, indica morte di qualche principe, insurrezioni, carestie, guerre...» (tratto dal sito: erewhon. ticonuno. it). Insomma, guai e cadaveri. Non a caso tra gli antichi cinesi e indiani era diffusa l’abitudine di urlare e suonare i gong durante il fenomeno allo scopo di mettere in fuga il celeste aggressore; alcuni popoli precolombiani si flagellavano, mentre nella Roma repubblicana e imperiale si levavano fiaccole al cielo, quasi per recare aiuto all’astro eclissato. E il solito Nostradamus in una delle sue fumose centurie scrisse — o meglio, così ritengono alcuni dei suoi interpreti— che «giungerà» dal cielo un grande «Re del Terrore» : l’evento sarebbe caduto nel settimo mese dell’anno 1999; ma, come è noto, siamo ancora in attesa. Erodoto nelle sue Storie attribuisce a Talete — che è anche il primo filosofo occidentale, secondo un’indicazione di Aristotele — la previsione dell’eclissi di Sole verificatasi il 28 maggio 585 a. C., la medesima che avrebbe talmente impressionato Medi e Lidi, in guerra tra loro, da indurli a cessare il combattimento. Tommaso Campanella in una poesia intitolata Della possanza dell’uomo parla delle eclissi riguardanti le stelle, mentre Giacomo Leopardi nella Storia del genere umano ricorda che le divinità le predisposero «per spaventare i mortali di tempo in tempo» . E ancora il sommo poeta di Recanati nella sua Storia dell’astronomia (reperibile presso l’editore La Vita Felice) narra del bonzo Y-Hang che ordinò osservazioni in tutto l’impero e «fe’ costruire uno strumento di rame per rappresentare i movimenti dei pianeti e le eclissi» . Chi ne desiderasse una riguardante la Luna, può trovarla nelle pagine di Piccolo mondo moderno di Antonio Fogazzaro; se, invece, vi va di sorridere, allora riaprite con fiducia le Memorie di Lorenzo Da Ponte, nella quali sono descritti due astronomi della specola di Bologna intenti alle osservazioni: il primo vide la luce perché guardò le stelle, il secondo le tenebre perché osservò un’eclissi. La storiella servì al libertino, e librettista di Wolfgang Amadeus Mozart, per prendere in giro le verità dei gazzettieri e dei viaggiatori. — che aggiungere? Si potrebbe continuare all’infinito. Ma ci congediamo con Fazio degli Uberti che nel secondo libro del Dittamondo, parlando di questo momento astronomico, lasciò un’impressionante descrizione: «quegli uccelli che volavano, a frotte/sentito avresti cadere tra’ piedi senza vedere albore né grotte» . E aggiungiamo che una corrispondenza sul «Philadelphia Enquirer» , relativa all’eclissi del 29 luglio 1878, riportava: «Fu lo spettacolo più magnifico che avessi mai visto ma terrorizzò enormemente gli indiani. Alcuni di loro si gettarono in ginocchio invocando la benedizione divina, altri si sdraiarono a terra, altri ancora urlavano e piangevano in un eccitamento frenetico e nel terrore. Infine un vecchio uscì dalla porta della sua casetta, pistola alla mano, e guardando il Sole oscurato mormorò alcune parole incomprensibili e alzando l’arma mirò all’astro e sparò» .
Armando Torno