FABIO MARTINI, La Stampa 4/1/2011, pagina 6, 4 gennaio 2011
Giustizia, governo e legislatura: tutto in diciassette giorni - Il presidente del Consiglio lo sa meglio di ogni altro
Giustizia, governo e legislatura: tutto in diciassette giorni - Il presidente del Consiglio lo sa meglio di ogni altro. Tra l’11 e il 28 gennaio lui e il suo governo si giocano tutto. Diciassette giorni decisivi per il futuro di una legislatura che da qualche mese ha iniziato a scricchiolare e che potrebbe precipitare (o rianimarsi) per gli effetti diretti e congiunti di almeno tre eventi: la sentenza della Corte Costituzionalità sulla legge del legittimo impedimento; l’esito del referendum tra i lavoratori di Mirafiori; l’approvazione o il congelamento dei decreti attuativi sul federalismo. Silvio Berlusconi lo sa così bene che neppure durante le feste di Natale ha dismesso l’attività di sondaggio dei parlamentari «delusi», come li chiama lui. Ha messo nel mirino una trentina di potenziali reclute, confidando di portarne a casa la metà o poco meno. Un lavorìo sotto traccia di cui, come sempre, si misurerà l’efficacia soltanto a cose fatte, ma da quel pochissimo che trapela potrebbe rinnovarsi la sorpresa per il distacco dalla opposizione di un numero - limitato ma simbolicamente significativo - di “transfughi” dell’Italia dei Valori. Sarà un caso, sta di fatto che proprio ieri Antonio Di Pietro è tornato alla carica: «Il governo è senza maggioranza, deve dimettersi» e il Capo dello Stato verifichi se la maggioranza «si regge sulla compravendita dei parlamentari». Ma gli incessanti movimenti lungo il “confine” sono il sintomo di una situazione estremamente incerta, destinata a sbloccarsi - in un senso o nell’altro - nel corso del mese di gennaio. In attesa di sapere dalla sua viva voce se il ministro per i Beni culturali Sandro Bondi intenda dimettersi prima della discussione della mozione di sfiducia e che deve essere ancora calendarizzata, il vero spartiacque della legislatura è fissato l’11 gennaio, quando la Corte Costituzionale si riunirà per decidere se concedere il nulla osta di legittimità - o bocciare - la legge sul legittimo impedimento che per il momento consente al premierdi non presentarsi davanti al Tribunale di Milano per il processo Mills. Certo, il relatoreSabino Cassese si è riservato di distribuire il suo “appunto” agli altri giudici della Consulta soltanto in queste ore, ma dalle primissime indiscrezioni trapelate pare che (escluso il rigetto e il placet senza riserve) la proposta sia quella di indicare un difetto parziale. Affidando ai giudici, di volta in volta, la valutazione sulla effettiva sussistenza di un legittimo impedimento a presenziare in tribunale. Andrà in questa direzione la sentenza della Corte? Ciò che nessun giudice potrà dire a voce alta, appartiene invece alla prassi impalpabile della Consulta: dopo il recente voto di fiducia al governo, la sentenza ha finito per assumere un significato latamente politico che potrebbe influenzare il deliberato finale. E dunque, se la Consulta non dovesse privare di uno scudo il premier, a quel punto prenderebbe corpo la trattativa dietro le quinte. Dice Osvaldo Napoli, vicepresidente dei deputati Pdl: «Gennaio sarà il mese determinante per l’esito della legislatura: se altri deputati si convinceranno - e l’ipotesi è concreta - la vittoria di Berlusconi del 14 dicembre si ripeterà, altrimenti non resterà che ridare la parola agli elettori». Come dire: a portare dentro l’Udc oramai ci abbiamo rinunciato. E le inquietudini della Lega? Dice il ministro Roberto Calderoli: «Non per amore di polemica ma per calendario parlamentare: la data indifferibile per il decreto sul federalismo è il 28 gennaio». Se nella apposita Commissione bicamerale (maggioranza e opposizione sono 15 a 15) si andasse ad un pareggio, il governo dovrebbe presentare una relazione motivata, con uno slittamento di uno, due mesi. Un ritardo insopportabile per la Lega? «Bossi va preso sul serio - sostiene l’udc Francesco D’Onofrio, un pioniere del dialogo con i leghisti - e la vera domanda da fargli semmai è questa: se non otterrete il federalismo, perché pensate di conquistarlo con le elezioni? Forse perché pensano di strapparlo dopo, ma in una logica costituente e non più di schieramento».