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 2011  gennaio 04 Martedì calendario

L’Italia apre ai lavoratori bulgari e romeni - Più europeista della Germania e della Francia. L’Italia fa un balzo in avanti in materia di occupazione e integrazione europea, abolendo ogni restrizione per i lavoratori bulgari e romeni

L’Italia apre ai lavoratori bulgari e romeni - Più europeista della Germania e della Francia. L’Italia fa un balzo in avanti in materia di occupazione e integrazione europea, abolendo ogni restrizione per i lavoratori bulgari e romeni. Finora aveva usufruito della proroga per il regime transitorio dell’accesso al mercato del lavoro dei cittadini romeni e bulgari, insieme ad altri dieci Paesi dell’Unione. Ma mentre questi - tra cui anche Austria, Regno Unito, Irlanda - hanno appena notificato a Bruxelles la loro intenzione di continuare ad applicare le deroghe, in modo parziale o totale, il Belpaese apre le porte a tutti i lavoratori. Indipendentemente dagli ambiti professionali. La disponibilità del governo Monti è stata ratificata durante un incontro interministeriale, a metà dicembre, tra i ministeri dell’Interno, degli Esteri e del Lavoro. In questo modo si potranno stipulare i contratti di lavoro direttamente, come se si assumessero lavoratori italiani, per tutti gli ambiti professionali. Una rivoluzione, considerato che finora ciò poteva avvenire solo per la manodopera e le professionalità più richieste, quali: agricoltura, turistico-alberghiero, domestico e di assistenza alla persona, edile, metalmeccanico, dirigenziale e altamente qualificato, stagionale. In tutti gli altri settori, invece, per l’assunzione di un romeno o bulgaro si doveva chiedere l’autorizzazione allo Sportello Unico per l’immigrazione, utilizzando l’apposito modello. Ma ormai è acqua passata. Il nostro Paese, alla stregua di altre sedici nazioni europee (tra cui Spagna, Grecia, Svezia, Danimarca), sposa la completa liberalizzazione del lavoro subordinato. La svolta del governo, secondo fonti europee, si fonda «sulla consapevolezza dei buoni rapporti e dei buoni curriculum dei lavoratori bulgari e romeni, per cui non si è ritenuto più necessario rinnovare le deroghe». L’ingresso di Romania e Bulgaria nell’Ue risale al 1˚ gennaio 2007, ma come per le adesioni del 1˚ maggio 2004 anche per questi Paesi gli Stati membri possono prevedere deroghe alla normative vigenti per l’accesso al lavoro subordinato dei cittadini europei. L’apertura delle porte della «Fortezza Europa» non è stata, insomma, incondizionata perché molte nazioni, Italia compresa, hanno previsto delle limitazioni alla libera circolazione dei nuovi cittadini, nel timore di una possibile «invasione» da molti paventata in vista dell’allargamento dell’Unione. Di qui la facoltà, per gli Stati membri, di comunicare alla Commissione europea la loro decisione. Nel corso degli anni alcuni Paesi membri hanno eliminato le deroghe, mentre altri hanno introdotto sistemi di ingresso parzialmente «liberi». La recente notifica alla Commissione europea è scaduta lo scorso 31 dicembre. Questa, tra l’altro, dovrebbe essere l’ultima proroga del regime transitorio in quanto il trattato di adesione di Bulgaria e Romania all’Ue prevede che gli Stati membri possano disporre restrizioni per un periodo massimo di cinque anni a partire dal gennaio 2007. Salvo che il Paese giustifichi un’ulteriore dilazione biennale a causa di forti squilibri all’interno del mercato del lavoro nazionale. Problema che ormai l’Italia, sempre più in chiave europeista, non si porrà più.