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 2011  gennaio 04 Martedì calendario

Puccini lo celebrano solo Palermo, New York (e la Rai) - New York, 10 dicembre 1910. Metropolitan Opera House: qua­rantasette chiamate alla ribalta salutano l’autore e gli interpreti dell’opera in tre atti La Fanciulla del West

Puccini lo celebrano solo Palermo, New York (e la Rai) - New York, 10 dicembre 1910. Metropolitan Opera House: qua­rantasette chiamate alla ribalta salutano l’autore e gli interpreti dell’opera in tre atti La Fanciulla del West . Guida musicale è Artu­ro Toscanini. È già tutto detto. I ruoli principali furono sostenuti da un trio d’assi vocali insupera­to nel tempo. Parliamo di Emmy Destinn (Minnie), Enrico Caru­so (il bandito Johnson/Ramer­rez) e del baritono Pasquale Amato (lo sceriffo Rance). Scusa­te se è poco. Il leggendario Gene­ral Manager del Met, un ferrare­se di ferro, Giulio Gatti-Casazza, offre a Giacomo Puccini, una ghirlanda d’argento fra il tripu­dio del pubblico. Quell’America che teneva in quarantena gli im­migrati italiani e li inseriva nei gradini più bassi dell’istruzione e dei commerci, era ora ai piedi dell’Italianella persona di Giaco­mo Puccini e di chi lo aveva assi­stito. È passato un secolo, due guerre mondiali. Ma anche oggi, dopo aver visto l’epopea del west traslocare dal palcoscenico d’opera al film, da Belasco (auto­re della pièce che ispirò Puccini) a John Ford, il fascino che ema­na l’America vista attraverso la musica di Puccini ci riporta per incanto all’immensa frontiera agitata dalla febbre dell’oro. Fra i teatri d’opera italiani il solo Massimo di Palermo ha ricorda­to con un nuovo allestimento la storica data della prima Fanciul­la . Rendiamo merito al decano dei nostri direttori d’orchestra Bruno Bartoletti, cui rivolgiamo un plauso per aver condotto da par suo una partitura di gravoso impegno tecnico e fisico. Gliene siamo grati. Nella stessa serata, analoga operazione si è svolta al Metropolitan di New York. La­sciatecelo dire: una volta tanto Palermo e New York sono unite nel nome dell’arte unica di Puc­cini e non da esecrabile «connec­tion». Per quelli che ancora oggi guardano Puccini con riserva (segnaliamo anche che sono sempre meno) o con atteggia­menti altezzosi, frutto di annosa terroristica disinformazione, ri­cordiamo che Fanciulla è stata un’opera amata da grandi musi­cisti. Prediletta non solo dai più alti direttori italiani, a partire da Victor De Sabata e Gino Marinuz­zi, ma anche da un superbo inter­prete della Modernità, Dimitri Mitropoulos. Esemplare per splendore orchestrale la registra­zione effettuata a metà degli scorsi anni Settanta- in imperan­te clima anti-pucciniano, per noi anche di comodo - da Zubin Mehta al Covent Garden di Lon­dra, dove oggi opera un altro di­rettore che ama e, grazie a Dio, sa dirigere Puccini: Antonio Pap­pano. La critica corrente del suo tempo faticò molto a compren­dere l’intelligenza con cui l’Auto­re si annetteva, rendendola pro­pria, la lezione di alcuni dei mag­giori colleghi: Debussy e Ri­chard Strauss. Per decenni si ri­masticò una folgorante battuta di Bruno Barilli. Il geniale scritto­re (e critico) sosteneva che quan­do in Puccini la maestria tecnica era entrata dalla porta, l’ispira­zione se l’era data a gambe dalla finestra. Valeva come battuta, ma era la conferma che per molti Fanciulla non arrivava come le sorelle più vicine al pubblico. Un po’ di vero c’è. Si tratta di un’opera a sé stante. Per la raffi­natezza e l’alta qualità dello stru­mentale richiede una concerta­zione sempre attenta e meticolo­sa. Soprattutto il primo atto. La vita dei minatori è un susseguir­si di episodi (il gioco, l’arrivo del­la posta, il catechismo), tanto che era in uso tagliare l’episodio del minatore Sid scoperto a bara­re. Infine invece di impiccarlo co­me vorrebbero tutti, lo sceriffo Rance gli appunta in un magi­strale recitativo tra l’ironico e l’autoritario il due di picche sul petto. Si mostra clemente, ma non scherza: se si togliesse la car­ta «scarlatta», il segno della sua infamia, «impiccatelo». Il con­fronto con la compattezza e la forza drammatica del secondo atto è impari. Dopo l’ardente in­contro amoroso, la partita a po­ker, in cui la protagonista Min­nie - indomita ragazza del cam­po- si gioca con lo sceriffo la pro­pria virtù in cambio della vita del bandito di cui si è innamorata, è un superbo pezzo di teatro musi­cale. Lo stesso discorso vale per il terzo atto, che è una lunga cac­cia all’uomo, condotta dal ranco­roso sceriffo. Una volta preso, il bandito Ramerrez sorprende tut­ti con l’unica vera romanza del­l’opera, «Ch’ella mi creda», dove i pucciniani di lungo corso si rico­noscono. Sopraggiunge a caval­lo Minnie, annunciandosi da lon­tano e convince amorevolmente i minatori a liberare colui che in fondo gli ha rubato l’unico vero oro: lei. Qui Puccini da il meglio di sé con un finale di rara poesia. Certo, Fanciulla del West non può aspirare al consenso unani­me delle opere più popolari, ma contiene i valori del Puccini più elevato: un grande del teatro mu­sicale del Novecento. E più pas­sa il tempo tutti si dovrà ammet­tere che aveva ragione Lui.