ALESSANDRO ALVIANI, La Stampa 4/1/2011, 4 gennaio 2011
Claudia, l’ingegnere che ha rotto il tabù delle donne in miniera - Nella lingua di Goethe Claudia Haney non sarebbe affatto prevista
Claudia, l’ingegnere che ha rotto il tabù delle donne in miniera - Nella lingua di Goethe Claudia Haney non sarebbe affatto prevista. «Minatore» è infatti una parola che esiste solo al maschile: Bergmann. Per decenni, del resto, a scomparire nelle gallerie sotterranee della Ruhr risalendo col volto e le mani annerite dal carbone erano stati sempre e solo gli uomini. Claudia Haney, invece, è una Bergfrau. Anzi, è la prima donna a guidare una miniera in Germania, un traguardo che ha raggiunto ad appena 33 anni. Ai suoi comandi rispondono circa 300 minatori, che ogni giorno scendono nel sottosuolo per estrarre sali di potassio nella miniera di Neuhof-Ellers, nell’Assia, un impianto con oltre un secolo di storia gestito oggi dalla tedesca K+S, tra i leader mondiali nella produzione di fertilizzanti e di sale. «Nessuno nella mia famiglia aveva a che fare con l’industria mineraria», ha detto alla Süddeutsche Zeitung la Haney, che pure ricorda con una punta di ironia di essere nata all’«Ospedale dei minatori» di Gera, nell’Est della Germania. È stata una scelta pragmatica: le sue doti musicali non bastavano per una carriera da clarinettista solista, l’altra sua grande passione. Così Claudia Haney, ingegnere geotecnico e minerario che non disdegna gonne e scarpe col tacco alto ma sa usare senza problemi anche un martello pneumatico, ha deciso di scendere in miniera. È lei una delle protagoniste di una rivoluzione che procede a passi lenti ma decisi, non solo in Germania. La rivista statunitense Forbes ha incoronato Georgina Rinehart, ereditiera del gruppo minerario Hancock Prospecting, persona più ricca in Australia e da anni inserisce Cynthia Carroll, amministratore delegato del big minerario Anglo American plc, tra le 100 donne più potenti del pianeta. E pensare che fino a pochi anni fa le donne nelle miniere erano un tabù. Solo nel 2005 la Corte di Giustizia europea ha cancellato il divieto, sancito nel 1935 da una Convenzione dell’Organizzazione internazionale del Lavoro. C’era poi quella credenza, tramandata da generazioni, che le donne sottoterra portassero sfortuna, ci spiega Rudi Heim del sindacato tedesco del settore IG BCE. Le uniche eccezioni, in nome degli ideali socialisti, si ritrovavano al di là della Cortina di ferro, nelle miniere dell’Est della Germania. Una diseguaglianza che ha resistito nonostante il patrono dei minatori sia proprio una donna, Santa Barbara. Ormai i tempi sono cambiati: una foto scattata a inizio dicembre nella miniera di NeuhofEllers mostra Claudia Haney mentre, a oltre 500 metri di profondità, partecipa insieme a decine di minatori alla tradizionale funzione religiosa in onore di Santa Barbara, co-celebrata da un pastore protestante donna. Tuttavia, ricorda Rudi Heim, nell’industria mineraria tedesca le donne restano appena una manciata. All’Accademia mineraria del Politecnico di Freiberg, in Sassonia, la stessa in cui ha studiato la Haney, le donne iscritte al corso di Geotecnica e Industria mineraria sono il 15%. In fondo ai pozzi la rivoluzione femminile è partita molto in ritardo: gran parte delle miniere della Ruhr è ormai chiusa e nel 2018 la Germania dirà addio all’estrazione del carbone. Per le donne, però, potrebbe non essere ancora troppo tardi: in Germania il settore estrattivo sta conoscendo una rinascita, grazie agli alti prezzi delle materie prime sui mercati mondiali. Miniere abbandonate da decenni sono state riaperte, non nell’Ovest, nella Ruhr, ma nell’Est: sui Monti Metalliferi sono partite perforazioni di prova di quello che potrebbe rivelarsi il più grande giacimento inesplorato di stagno al mondo.