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 2011  gennaio 04 Martedì calendario

L´OFFENSIVA DELLE TUTE BLU USA "ENTREREMO IN TUTTE LE FABBRICHE" - NEW YORK

Visto dall´Italia, nella vicenda Fiat ha sempre fatto la parte del "cattivo" azionista che vuole estrarre il massimo di profitti dal suo investimento. Oppure è stato descritto come una sorta di sindacato giallo pronto a cedere su tutto: la paga oraria ridotta alla metà per i nuovi assunti a Detroit è il simbolo di una capitolazione. Ma il sindacato americano dei metalmeccanici vuole chiudere quella parentesi, che considera come una ritirata tattica imposta dalla crisi. E ora lancia la sua riscossa: parte alla conquista delle fabbriche non sindacalizzate, per estendere conquiste e diritti. Progetta perfino una grande offensiva internazionale, per organizzare i metalmeccanici in Cina, India, Brasile. Lo annuncia il nuovo presidente della United Auto Workers (Uaw), Bob King, in un´intervista al Wall Street Journal. «Abbiamo un tesoro di guerra di 800 milioni di dollari - dice King - e siamo decisi a spenderli per spingere la nostra organizzazione in nuove fabbriche. È il modo migliore per proteggere i nostri iscritti attuali. Possiamo dedicare a questa operazione risorse illimitate. È uno sforzo senza precedenti, come non lo si vede da molti anni». Il bersaglio designato: Toyota, Volkswagen, Hyundai. Tre multinazionali straniere che hanno localizzato le loro fabbriche negli Stati Usa più refrattari ai sindacati. Per lo più sono Stati del Sud come Alabama, Mississippi e Tennessee. Storicamente poveri rispetto alle aree industriali del Midwest, per attirare investimenti questi Stati hanno adottato le cosiddette normative "right-to-work" (diritto al lavoro) che di fatto sono robuste barriere contro i sindacati. Alle Unions viene proibito prelevare in busta paga la quota del tesseramento. Organizzare dei referendum in fabbrica per consentire l´ingresso dei sindacati è difficile, il datore di lavoro ha diritto a ogni sorta di ostruzionismo. E´ in virtù di queste regole che l´Uaw è rimasta confinata per 75 anni a Detroit nelle tre case automobilistiche americane, General Motors, Ford e Chrysler. Mentre le concorrenti estere, andando a reclutare manodopera più giovane e rigorosamente non sindacalizzata, hanno pagato salari più bassi e ottenuto un notevole margine di competitività. Sui 575.000 dipendenti dell´industria automobilistica negli Stati Uniti, 108.000 lavorano per le case straniere in territori "ostili" ai sindacati. Ma la cortina di ferro invisibile tra Nord e Sud degli Stati Uniti è stata incrinata dall´ultima crisi. Da una parte, l´Uaw ha fatto le note concessioni: i nuovi assunti a Detroit ricevono una paga oraria di 14 dollari (la metà degli altri); anche gli operai con anzianità hanno accettato tagli pesanti sulle prestazioni sanitarie e la pensione. Di conseguenza, il divario con il costo del lavoro alla Toyota è quasi azzerato.
Nel frattempo la Toyota ha avuto tremendi problemi di qualità alle sue vetture: si è spezzata così l´equazione "più efficienza senza il sindacato". Inoltre l´Uaw tramite il suo fondo previdenziale e sanitario è diventato azionista di Gm e Chrysler. Con il collocamento in Borsa della Gm risanata, ha incassato profitti che ora può reinvestire per dare l´assalto al "nemico", le multinazionali straniere. «Se non accettano le nostre regole - avverte King - la battaglia sarà dura, e globale». L´Uaw è pronta a «organizzare manifestazioni di protesta fuori dai cancelli delle fabbriche Toyota, Volkswagen e Hyundai, a picchettare i loro concessionari, a boicottare le gare automobilistiche a cui partecipano queste marche». E vuole estendere ogni forma di lotta fuori dai confini degli Stati Uniti, «fino a colpire i quartieri generali» delle case madri. «È una svolta totale - commenta il Wall Street Journal - per un sindacato che ha speso gli ultimi anni in una ritirata». L´Uaw ha presentato 11 regole alle case straniere: tra queste figura l´impegno a non intimidire i loro lavoratori per scoraggiarli dall´aderire al sindacato, né promettere aumenti a chi rifiuta il tesseramento. La Union vuole creare anche un´organizzazione globale con sedi nei paesi emergenti come Cina India e Brasile, con scambi di delegati e borse di studio: per capire meglio la realtà delle nuove case automobilistiche cresciute in paesi dove il movimento sindacale è debole; e per capire come penetrare in quel mondo. «Entro la fine del 2011 - annuncia King - vogliamo avere insediato l´organizzazione sindacale almeno in una delle case automobilistiche estere».