
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
E’ in corso una gran battaglia al Senato sul disegno di legge cosiddetto delle “intercettazioni”.
• Sarebbe quello che proibisce le intercettazioni dei sospettati e vieta ai giornali di pubblicarne il resoconto stenografico?
Non vieta ai pm di intercettare, mette dei limiti di tempo e circoscrive i reati per cui si può procedere con questo tipo di indagine. Probisce però effettivamente la pubblicazione delle sbobinature e gli atti dell’inchiesta, in certi casi fino al rinvio a giudizio, in altri fino al processo. Il disegno di legge era già passato alla Camera l’anno scorso. Napolitano aveva fatto sapere di avere dubbi sulla sua costituzionalità (dunque c’era il rischio che non lo firmasse), il centro-destra decise quindi di accantonarlo durante la campagna elettorale e di rimetterlo in pista dopo le elezioni. Adesso è cominciato l’iter al Senato. Lei sa in che consiste questo “iter”, questo “viaggio”? Il disegno di legge passa per un certo numero di commissioni e qui vengono presentati degli emendamenti al testo passato alla Camera, che possono essere approvati o respinti. In questo momento, il ddl (sigla per disegno di legge) è alla Commissione Giustizia. Quello che stupisce è l’accelerazione imposta dalla maggioranza ai lavori: l’altra notte i senatori hanno finito alle 3.40, ieri sera sono stati riconvocati. Questa nostra conversazione va in stampa e loro non hanno ancora finito.
• Come mai la maggioranza ha tanta fretta?
Forse c’è il timore di ulteriori rivelazioni clamorose che possano mettere in difficoltà il governo. La legge andrà in aula ai primi di giugno. Berlusconi ha dimostrato, ai tempi del lodo Alfano, di esser capace di far passare un provvedimento in due giorni. Il testo però, essendo stato modificato al Senato, dovrà tornare alla Camera. Come farà qui il Cavaliere a far presto? Metterà la fiducia? Esiste il pericolo dei finiani, a cui la legge non va giù. E poi il dissenso è grosso anche nel resto del centro-destra: Il Giornale e Libero hanno fatto capire parecchie volte che il provvedimento non gli va a genio.
• E’ una legge che colpirà la libertà di stampa?
Ogni volta che i politici si occupano di giornali o di libri o di privacy ledono la libertà di informazione, di rappresentazione e di pensiero. L’articolo 21 della Costituzione va interpretato nel senso che capipartito e affini devono disinteressarsi di ciò che viene scritto o rappresentato dai cittadini, a meno che non si tratti di menzogne, nel qual caso c’è il ricorso alla querela. L’articolo 21 della Costituzione afferma semplicemente che «la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure». Lo stesso articolo ammette che si possa intervenire, ma solo dopo la pubblicazione, sequestrando i giornali o i libri. E la motivazione di questo sequestro deve essere autorizzata dal magistrato (24 ore di tempo). Prevedere un’ammenda (464 mila euro agli editori colpevoli e persino il carcere per i giornalisti) è fuori dalle regole dettate dalla nostra Carta.
• So che gli editori si sono ribellati.
Si sono ribellati i giornalisti e i gli editori. I giornalisti faranno certamente degli scioperi, gli editori hanno sottoscritto un appello – primi firmatari Laterza e Stefano Mauri – in cui si sostiene: «Con una classe politica che fa quadrato attorno agli indagati immaginate un mondo dove non si possano conoscere i motivi delle indagini in corso». Questo appello ha spaccato il mondo dell’editoria: Mondadori ed Einaudi – case editrici possedute dal premier – non hanno sottoscritto e anzi Riccardo Cavallero, uno dei due capi della divisione libri di Segrate, ha detto che l’appello è una sottile operazione di marketing, tesa a portar via alla Mondadori i suoi scrittori di maggior successo (leggi: Saviano).
• Non c’è un problema di tutela degli indagati e di quelli che, nelle conversazioni telefoniche, vengono registrati ma non c’entrano niente?
Certo. Le strade per ottenere questa tutela sono due. La prima: togliere alle intercettazioni ogni valore di prova, come accade in Gran Bretagna. In Gran Bretagna il magistrato chiede il permesso di intercettare a un’autorità politica (il ministro dell’Interno) e adopera l’ascolta per orientarsi, per capir meglio l’intrico o il contesto in cui è maturato o sta maturando il reato. Poi deve andarsi a cercare i riscontri con l’indagine vera e propria. Bush – l’odiato presidente di centro-destra – ha reso le intercettazioni più facili, ma nessuno in America si permette di passarle alla stampa. Cioè, nessuno intercetta con l’obiettivo principale di registrare qualche battuta imbarazzante e girarla ai giornali. Non è con i giornali che bisogna prendersela, ma con chi gli passa le carte e indaga in un certo modo. Anche porre limiti temporali alle intercettazioni, come prevede questa legge, è assurdo. Se un magistrato ha bisogno di pedinare o di spiare, proceda. Ma chiuda poi bene nel cassetto quello che trova. Perché se un giornalista mette le mani su qualcosa, ha il diritto/dovere, Costituzione alla mano, di diffonderla. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 20/5/2010]
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