Lavinia Farnese, Novella 2000, n. 20, 20/05/2010, p. 34, 20 maggio 2010
E se Leonardo da Vinci fosse stato arabo? Lo si dedurrebbe dai tratti orientali dell’impronta del suo indice che, dal 2002, è al centro degli studi del professor Luigi Capasso, direttore del centro museale di storia delle scienze biomediche all’Università di Chieti
E se Leonardo da Vinci fosse stato arabo? Lo si dedurrebbe dai tratti orientali dell’impronta del suo indice che, dal 2002, è al centro degli studi del professor Luigi Capasso, direttore del centro museale di storia delle scienze biomediche all’Università di Chieti. «Un giorno, in un manoscritto, ci siamo imbattuti in un’impronta certamente sua, figlia del gesto istintivo di raccogliere una goccia d’inchiostro». A questa prima traccia biologica si sono aggiunte quelle risultate dai grani neri di ebano che porta al collo la donna del suo capolavoro La dama con l’ermellino: «Qui l’ombra è creata intingendo il polpastrello nel colore. Si riconosce l’impronta dell’indice sinistro, simile a quella del manoscritto, e a doppio vortice, una caratteristica comune al 60 per cento della popolazione araba. […] Credevamo Leonardo figlio di un notaio, Piero, e di una contadina, Caterina; ma con più probabilità lei era una schiava araba liberata e presa come cameriera dal padre di Leonardo. Fra quelle che arrivavano in Toscana da Istanbul, Caterina era un nome molto usato».