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 2010  maggio 20 Giovedì calendario

I VIZI INCOFFESSABILI DEI MORALISTI ROSSI (2 ARTICOLI)

Leggete bene questo scambio di battute agli atti dell’indagine sulla Protezione civile: «Sono dei banditi e sono più bravi, perché vedi io ho scelto Arata Isozaki e loro hanno scelto l’architetto di Veltroni. Che c... vuol dire Isozaki». Da una di queste telefonate parte tutta l’inchiesta fiorentina sulla cricca, su Balducci, Anemone&Co. La telefonata intercetta il malumore di un perdente su un appalto (perso appunto) al Teatro della musica di Firenze: vince un’impresa romana con annesso architetto capitolino e la ditta toscana ben collegata al potere rosso della regione arriva solo seconda.

L’inchiesta si alimenta di un gigantesco scontro che si consuma a sinistra. Mesi fa parlammo per primi di gelatina rossa. E più passano i giorni e più l’evidenza ci conferma nella nostra intuizione. Ciò non toglie che nella rete del malaffare e del malcostume ci sia un coinvolgimento bipartisan: il caso Scajola è là a dimostrarlo. Il sistema di potere di Balducci&Co che prospera sotto diversi governi (sinistra e destra) nasce e si consolida nella Roma del Giubileo: in un impasto confuso che mette insieme vari pezzi dei poteri romani. Il gioco si rompe, quando gli attori esagerano. Quando, per riprendere la favolosa intercettazione fiorentina su Isozaki, le imprese di costruzioni romane pensano di venire a dettare legge anche nella rossa toscana. E fanno fuori dagli appalti le ditte, sempre rosse, che a Firenze erano abituate a contare. Ma dicevamo, l’intuizione, ogni giorno che passa, si rafforza. Grazie a Massimo Malpica veniamo ora a scoprire la straordinaria storia del Petruzzelli di Bari. Il copione è il medesimo, e i dettagli conviene leggerseli nell’articolo di Malpica. Facciamo solo una piccola sintesi.

Quando dopo mille anni Nichi Vendola (avete presente, quello che farà il leader della sinistra pulita e che sostituisce i suoi assessori come gli orecchini) ed Emiliano, il sindaco sceriffo di Bari, decidono di mettere fine alla ridicola storia del teatro a un passo del lungomare, chi pensate che chiamano? Balducci, of course. Con il meccanismo solito e ben oliato: commissari, procedure di urgenza (ben vengano abbiamo più volte detto se portano al risultato) e variazioni costose in corso di opera. Balducci si porta De Santis e l’impresa è la mitica Cerasi. Quella che grazie all’architetto Desideri (intimo di chez Repubblica-Scalfari) aveva stracciato ai punti il povero Isozaki negli appalti fiorentini. Bari come Firenze. Il Teatro della Musica toscano come il Petruzzelli pugliese. Amministratori delegati di sinistra, costruttori più radical che chic, Balducci e suoi fidi, e via andando.
Il Giornale offre oggi un altro pezzo pregiato, pregiatissimo. Diciamo subito che anche noi ieri mattina, quando abbiamo iniziato a leggere le carte, non ci potevamo credere. Non già per l’enormità del caso, ma per il personaggio coinvolto.

Prendete il moralista, avvicinatelo a Di Pietro, raccogliete le sue ultime invettive e avrete Monsieur Pedicà. Troppo bello per essere vero, anzi troppo triste per non confermare i cattivi odori che spesso sentiamo da quella parte. Insomma il nostro Stefano Filippi becca il consigliere politico di Di Pietro con il sorcio in bocca e la Bmw (non Mercedes, proprio Bmw) al parcheggio. Il moralista fa le solite cosucce da moralista: si fa togliere le multe, si fa dare in comodato gratuito un paio di macchinuzze mentre nel frattempo i contribuenti gli pagano l’auto blu. Insomma bazzecole. Si fa per dire. Ma Pedica riesce nell’incredibile: da una parte pontifica sui privilegi della casta e dall’altra dorme sonni tranquilli in una casa della Cricca. Quella di Balducci, di Propaganda Fide, di Anemone e di tanti altri. Il sospetto è che sia stato Di Pietro, recentemente ascoltato dai magistrati fiorentini, a denunciare il malvezzo del suo stretto consigliere. Così come fece con Balducci e Mautone, quando era il ministro delle Infrastrutture. così onorevole Di Pietro? Ma va’ là.
Nicola Porro

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C’è un «vecchio» nuovo appalto nel mirino dell’inchiesta su G8 e grandi eventi. Quello per la «ricostruzione» del teatro Petruzzelli di Bari, che bruciò nella notte tra il 26 e il 27 ottobre del 1991, e che da poco ha riaperto i battenti.

Finora la vicenda dello storico teatro barese era entrata nell’inchiesta solo marginalmente, più che altro per la presenza in quel cantiere di due protagonisti delle indagini avviate dalla procura di Firenze, Angelo Balducci e Fabio De Santis, immortalati il 7 settembre 2009 al fianco del sindaco Michele Emiliano in occasione della consegna dell’«opera», prima del ciclone G8, tutti intenti a sorridere e stappar bottiglie.

Ora anche l’affaire Petruzzelli entra a pieno titolo nei faldoni di atti giudiziari. Nei giorni scorsi i carabinieri del Ros hanno sequestrato, su incarico dei magistrati, la documentazione su quell’appalto, sia a Roma che a Bari. Vogliono veder chiaro sui criteri di aggiudicazione e sull’ennesima impennata dei costi, cresciuti di oltre il 150 per cento grazie a una richiesta – giunta a cantiere appena aperto, e subito esaudita – fatta da Balducci, per buttare sul tavolo della rinascita del Petruzzelli altri 13 milioni di euro, oltre ai 23 milioni e spiccioli di spesa stanziati inizialmente. E a Firenze verrà ascoltato come persona informata sui fatti su sua istanza Ciro Garibaldi, avvocato ed erede dei proprietari del teatro, per niente convinto della «ricostruzione».

Di certo, alla luce di quanto è emerso negli ultimi mesi sugli affari della cricca, la vicenda del teatro pugliese è da leggere tutta di un fiato. A cominciare dalla genesi del «commissariamento». A dare il «la» è una lettera del sindaco di Bari, Michele Emiliano, che il 19 dicembre 2006, un martedì, scrive all’allora vicepremier Francesco Rutelli. Ad agosto era stato pubblicato il bando di gara per la ricostruzione del teatro. Ma il primo cittadino vuol scavalcare «l’applicazione delle procedure ordinarie», che rischiano «di rallentare notevolmente l’effettiva esecuzione dei lavori», paventa rischi per la sicurezza perché «l’inusuale ritmo delle precipitazioni piovose» potrebbe compromettere la struttura. E quindi chiede di «valutare e rappresentare» al premier «l’opportunità di adottare lo strumento giuridico e amministrativo più idoneo per evitare il suddetto rischio».
«Suddetto rischio?». Poteva bastare la pioggia a far crollare il teatro, nonostante i venti miliardi di lire stanziati dalla Legge Melandri per consolidarlo, i cui lavori si erano conclusi, con il collaudo, appena un anno prima? Intanto la macchina si è messa in moto, anzi, già corre. Il giorno dopo, 20 dicembre, il governatore pugliese Nichi Vendola comunica a Guido Bertolaso la «favorevole intesa» della Regione sul commissariamento. E il 22 dicembre 2006 ecco l’ordinanza 3557, firmata da Romano Prodi. Che «vista la nota» di Emiliano, «acquisita l’intesa» di Vendola, stabilisce che i lavori «sono indifferibili e urgenti e autorizzano il ricorso alle procedure acceleratorie». E, contestualmente, nomina Angelo Balducci «commissario delegato per fronteggiare la situazione di criticità». Tutto in novantasei ore: se non è emergenza questa.

Balducci il 9 febbraio nomina Fabio De Santis (poi arrestato con lui) responsabile del procedimento, e la sua fedelissima Maria Pia Forleo responsabile delle procedure amministrative. La Forleo finisce anche in commissione di gara. Nella commissione giudicatrice ci sono invece, tra gli altri, l’ingegnere Silvio Albanesi (che ha lavorato come progettista per la Maddalena e per la Scuola Marescialli, finito nell’inchiesta perché intercettato al telefono con Anemone) e l’architetto Giampaolo Imbrighi («annotato» nella lista di Anemone). La scadenza di presentazione delle domande è il 3 maggio 2007. Il 10 maggio alle 11 di mattina la gara è già aggiudicata. Vince l’Ati costituita da Conscoop di Forlì, l’imprenditore pugliese Vito Barozzi e la Sac di Roma, quella che si aggiudicò la gara per l’auditorium di Firenze che fece tanto arrabbiare il capo della Btp, Riccardo Fusi, per la «cricca romana». La Btp, per la cronaca, gareggiava anche qui. Invano. Barozzi, tra l’altro, lavorerà poi con Anemone nella società consortile Maddalena.

La cosa curiosa, ma non è una novità, proprio ricordando le lamentele sull’appalto per l’auditorium fiorentino, è che la suddetta Ati vince nonostante il minor ribasso, appena -2,657 per cento contro un - 10 per cento di media dei concorrenti. La gara però premia soprattutto il valore tecnico e temporale. Alle altre imprese restano le briciole. Pochi mesi dopo, i costi lievitano. Il 29 ottobre Balducci chiede a Regione e Provincia un «incremento dell’erogazione di fondi», motivata da «sopraggiunti e imprevisti incrementi dei costi sostenuti dalla Ati vincitrice dell’appalto per la ricostruzione». Altri 13 milioni di euro piovono sul teatro, che nel frattempo torna ai suoi vecchi proprietari, ai quali era stato espropriato, per sentenza della Corte Costituzionale. Conta poco. A settembre scorso si stappano bottiglie, il sindaco Emiliano ringrazia «lo straordinario gruppo di lavoro rappresentato dal commissario straordinario Angelo Balducci. Funzionari dello Stato che si sono distinti per la loro massima discrezione e che in questi mesi si sono limitati a servire e non ad apparire». Chissà se i pm fiorentini sono d’accordo.
Massimo Malpica