ALESSANDRO BARBERA, La Stampa 20/5/2010, pagina 5, 20 maggio 2010
TAGLI A MANAGER E MINISTRI
Nel governo l’hanno già ribattezzata «la regola del 10%», il contributo che manager pubblici, ministri e parlamentari dovranno pagare alla manovra anti-crisi. Se confermata nel testo del decreto che il governo sta preparando per la prossima settimana, nei prossimi tre anni tutti i funzionari e i dirigenti con redditi sopra i centomila euro dovranno rinunciare a un decimo dello stipendio. La regola al momento si dovrebbe applicare solo alle buste paga a cinque zeri, ma non è esclusa una platea più ampia: nelle simulazioni del Tesoro si ipotizza una soglia fino a 70mila euro annui. Se così fosse, sarebbero interessati al taglio gran parte dei magistrati, dei dipendenti delle autorità, quasi tutti i professori ordinari dell’università, medici e primari. «I sacrifici devono essere visibili per tutti», va ripetendo in queste ore Giulio Tremonti. La parola d’ordine è arrivata anche nei palazzi della politica: ieri i presidenti di Camera e Senato, Fini e Schifani, hanno promesso pubblicamente sacrifici per i loro ricchi dipendenti. In un vertice convocato per il 26 maggio, i due definiranno i tagli ai rispettivi bilanci; fra le ipotesi circola quella di far salire l’età pensionabile di tutti i dipendenti di Camera e Senato da 65 a 67 anni. Così come è possibile che alla fine la decurtazione di stipendio per ministri e parlamentari salga fino al 15%.
Il pacchetto antipapaveri, per parafrasare Roberto Calderoli, è una richiesta esplicita dei sindacati e accolta da Tremonti. E’ l’unica strada per far digerire all’opinione pubblica la dura manovra finanziaria da 25-28 miliardi di euro che attende il Paese: blocco di ogni aumento contrattuale per oltre tre milioni e mezzo di dipendenti pubblici, blocco di almeno una finestra di uscita per le pensioni di anzianità, taglio alle spese dei ministeri, alle false invalidità, alla spesa farmaceutica degli ospedali, ticket regionale sulla specialistica.
Con l’euro sotto l’attacco degli speculatori, Tremonti vuole accelerare i tempi di approvazione del pacchetto anti-crisi, quello che tutti i governi europei stanno varando od hanno già approvato. Ieri pomeriggio ne ha discusso in un vertice al ministero del Lavoro con i colleghi Sacconi, e Calderoli, i leader di Cisl e Uil, Bonanni e Angeletti, la presidente di Confindustria Marcegaglia, i numeri uno di Inps e Agenzia delle Entrate, Mastopasqua e Befera. Poi Tremonti è andato a cena da Berlusconi a Palazzo Grazioli. Il ministro dell’Economia ha esposto al premier tutte le ipotesi in campo fra le quali il governo dovrà scegliere in pochi giorni.
Una delle partite più importanti è la definizione dei tagli per gli enti locali: a fronte del via libera al federalismo demaniale, il governo ha in cantiere una sforbiciata ai trasferimenti da un paio di miliardi all’anno. Alle Regioni, che da due anni reclamano al governo gli 830 milioni sottratti alle prestazioni specialistiche, il governo proporrà un ticket volontario: chi vuole farlo pagare, lo potrà introdurre.
C’è poi da decidere il menù delle entrate: il governo non vuole alzare le tasse, ma la manovra non potrà essere di soli tagli. Scartata l’ipotesi di trasferire subito il catasto ai Comuni, prende quota la sanatoria sugli immobili non censiti dall’Agenzia del Territorio. Non si tratterebbe - almeno per ora - di un condono edilizio vecchio stampo, ma della regolarizzazione di fabbricati che hanno subito cambio di destinazione d’uso o per i quali esiste il «diritto di cubatura». Tipico esempio è la villetta indipendente alla quale, in applicazione del piano casa, è stata aggiunta una o due stanze senza regolare denuncia. Le stime finora parlano di un gettito potenziale di almeno un miliardo di euro.