Dino Martirano, Corriere della Sera 20/05/2010, 20 maggio 2010
INTERCETTAZIONI, STANGATA PER CHI LE PUBBLICA
Intercettazioni, stop ai lavori notturni al Senato imposti dal presidente Renato Schifani e improvviso vertice serale con i capigruppo del Pdl a Palazzo Grazioli: una riunione convocata in tutta furia a casa di Silvio Berlusconi’ alla quale, insieme a Maurizio Gasparri e a Fabrizio Cicchitto, avrebbe partecipato il consigliere giuridico del premier, Niccolò Ghedini – per valutare se e come mettere a punto una versione meno dura delle pene (carcere fino a 60 giorni o ammenda fino a 20 mila euro) previste dal governo per i giornalisti che pubblicano arbitrariamente atti giudiziari. Già approvato, invece, il divieto tombale di pubbli-cazione’ neanche nel contenuto, come stabiliva il testo della Camera grazie alla mediazione di Giulia Bongiorno (Pdl) – che presto farà calare il sipario sulle indagini preliminari, sigillate da una censura preventiva stabilita per legge.
Ieri Pdl e Lega hanno votato la stangata agli editori piccoli e grandi – sanzioni nel minimo da 64.500 a 77.400 euro, nel massimo da 387.250 a 464.700 euro – e varato l’emendamento D’Addario (da 6 mesi a 4 anni di carcere per chi, se non giornalista professionista o parte lesa, utilizza intercettazioni fraudolentemente captate tra presenti). Ma al Senato, poi, è successo di tutto fino allo stop imposto da Schifani ai lavori della commissione Giustizia presieduta da Filippo Berselli. Nelle stesse ore è anche scoppiato il giallo sull’emendamento 1.2008 (quello che raddoppia le pene per i giornalisti): la proposta di modifica viene data pubblicamente per approvata, ma poi lo stesso relatore, Roberto Centaro (Pdl), precisa che è stata accantonata. Se ne riparla lunedì, 5 giorni di stop ai lavori nonostante la fretta mostrata dal Pdl che voleva «chiudere» il provvedimento ieri sera, con la previsione di un rapido passaggio in Aula magari con il ricorso al voto di fiducia.
Troppe proteste, della società civile e dell’opposizione parlamentare, unite alle incertezze maturate all’interno del Pdl, hanno forse imposto una pausa di riflessione al governo. Il finiano Fabio Granata (Pdl) ammette: «In verità sul bavaglio alla stampa c’è l’intenzione di frenare un po’. Credo che la norma non risulti graditissima anche al Quirinale». noto, infatti, che ai consiglieri giuridici del capo dello Stato non sarebbe sfuggito l’impatto sulla Costituzione del divieto tombale di pubblicazione (neanche nel contenuto, secondo la modifica peggiorativa ora votata al Senato). Invece sulle pene per i giornalisti ci potrebbe essere un serio problema con la Corte di Strasburgo: «La Francia, nell’affaire Dupuis, è stata condannata per molto meno, per avere fatto pagare 760 euro a due cronisti accusati di aver pubblicato notizie sugli 007 coperte da segreto ai tempi di Mitterrand», osserva Felice Casson, del Pd.
Se il giudice Clementina Forleo (intercettazioni del caso Unipol) ora sostiene che «ci vogliono dure sanzioni detentive per i giornalisti», contro il ddl Alfano continua il coro di poteste: «Contro questa legge ricorreremo a tutti imezzi possibili», annuncia il segretario del sindacato dei giornalisti (Fnsi), Franco Siddi. Mentre Carlo Malinconico, presidente della Federazione degli editori (Fieg) parla di «limitazioni ingiustificate al diritto di cronaca».
Dino Martirano
IL DISEGNO DI LEGGE
IL RINVIO IN SENATO - Ancora un rinvio in Senato per il ddl sulle intercettazioni: ieri la seduta notturna della commissione Giustizia è saltata, il cammino del testo riprende lunedì sera, nonostante il braccio di ferro con l’opposizione
LE PENE PER LA STAMPA - Carcere fino a due mesi o ammenda per il cronista che pubblica in toto o riassume atti d’indagine prima dell’udienza preliminare. Stesse pene per chi pubblica intercettazioni
STOP A VIDEO E REGISTRAZIONI - Il ddl vieta le riprese tv dei processi e le registrazioni di conversazioni senza il consenso delle parti. Fino a 4 anni di carcere per video e registrazioni fraudolente
LA NORMA PRO VATICANO - La commissione Giustizia ha approvato la norma secondo cui se a essere intercettato è un uomo di Chiesa, il pm deve darne avviso al Vaticano tramite il cardinale segretario di Stato