
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
L’Italia ha di nuovo un governo ed ecco che, già da due giorni, siamo costretti a parlare di economia
• Che notizie ci sono?
La più importante è che Mario Draghi ha abbassato il tasso di sconto di un quarto di punto. La più dolorosa è che secondo l’Ocse non possiamo diminuire neanche un po’ la pressione fiscale. La più consolante è che il nostro nuovo premier Enrico Letta è tornato dal suo giro europeo e le reazioni sembrano positive. Merkel, Van Rompuy, Hollande, Barroso hanno parlato di “responsabilità” e “credibilità”. Stiamo sempre sperando che l’Europa ci consenta di allentare un po’ il rigore e di sfondare un minimo quel limite del 3 per cento tra deficit e Pil. Anche se l’Ocse, in questa sua analisi diffusa ieri, dice che il 3% lo sfonderemo senz’altro, con o senza il permesso di Bruxelles. Il sottinteso è che la procedura d’infrazione che ci riguarda non verrà sospesa.
• Parliamo di questo tasso di sconto. A che punto è adesso?
Lo 0,50. Significa questo: quando le banche si rivolgono alla Bce per rifornirsi di denaro pagano un interesse dello 0,50. Prima era dello 0,75. È un tasso molto basso, ma non il più basso. In Giappone la Banca centrale presta i soldi alle banche allo 0,10. Lo 0,50 è anche il tasso inglese e americano. Solo i cinesi fanno ancora pagare il denaro il 6%.
• Il fatto che alle banche rifornirsi di denaro costi così poco dovrebbe avere effetti benefici anche sulle famiglie, no?
Sì. Il tasso sui mutui variabili non è calcolato direttamente sul tasso di sconto, ma sull’Euribor, cioè sul tasso al quale le banche si prestano i soldi tra di loro. Certo, un taglio dello 0,25 dovrebbe trasferirsi alla fine anche sull’Euribor e sui nostri rossi di conto corrente. Come lei sa, le banche non concedono condizioni di miglior favore ai clienti automaticamente: sarà perciò bene andare in banca e trattare. In ogni caso, quelli della Cgia di Trieste (l’ufficio studi degli artigiani) hanno calcolato che questo taglio di un quarto di punto farà risparmiare a famiglie e imprese 3,63 miliardi di euro. In particolare: le famiglie (debiti per 499,1 miliardi) dovrebbero risparmiare 1,23 miliardi, le imprese - sul loro debito di 958 miliardi - 2,39 miliardi. Ogni famiglia spenderà 49 euro di meno, ogni impresa 461 euro. Sono medie annue.
• Detta così sembra poca cosa. A che si deve questo taglio del tasso di sconto, a cui peraltro le Borse hanno reagito male?
Pare che le Borse siano andate giù per un passaggio del discorso con cui Draghi ha annunciato il taglio: il governatore, pur prevedendo una ripresa nel secondo semestre, ha ribadito che sull’economia prevalgono «i rischi al ribasso», in particolare per la possibilità di una domanda «anche più debole del previsto» e di una insufficiente attuazione delle riforme economiche avviate da parte dei Paesi della zona euro. Il taglio del tasso di sconto, combinato con altre misure che qui non abbiamo lo spazio per spiegare, punta a tenere liquido il sistema, cioè a non far mancare finanziamenti a banche, imprese e famiglie. Pensi che la Bce è pronta ad accettare in garanzia, per erogare liquidità, persino i titoli ciprioti, che il mercato considera meno che spazzatura. D’altronde lo stesso Draghi ha ricordato che la disoccupazione media nell’area euro è del 12,1 per cento. Il problema dei problemi, secondo tutte le autorità.
• L’Ocse ci vede male.
L’Ocse non vuole che si tocchi l’Imu e che si attenui la pressione fiscale. Anche se ammette che sono stati compiuti importanti passi in avanti, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (34 stati membri) prevede una contrazione del Pil al -1,5% (invece che al -1% preconizzato in novembre), un modesto +0,5% nel 2014, soprattutto una crescita abbastanza spaventosa del rapporto debito/Pil al 131,5% quest’anno, al 134,2% nel 2014 e un rapporto deficit/Pil al 3,3 nel 2013 e al 3,8 l’anno prossimo. Siamo lontani dai parametri di Maastricht. Ci consola però la risposta del ministro Saccomanni, il quale ha detto che l’Ocse nei suoi calcoli non ha tenuto conto dei 40 miliardi di arretrati che lo Stato si accinge a saldare alle imprese. Questi 40 miliardi, rilanciando la domanda, potrebbero modificare i parametri del problema. Saccomanni sostiene che usciremo dalla crisi il prima possibile, che la procedura d’infrazione della Ue verrà chiusa e che «proseguiamo con fermezza sulla strada delle riforme strutturali».
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