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 2013  maggio 03 Venerdì calendario

FINE DEL MISTERO PABLO NERUDA NON FU AVVELENATO


Il 23 settembre del 1973 Pablo Neruda morì con ogni probabilità per un tumore alla prostata e non fu, come ha sostenuto a quasi quarant’anni dai fatti il suo ex assistente e autista, Manuel Araya, avvelenato dagli sgherri del dittatore Augusto Pinochet. I risultati dei primi accertamenti compiuti sui resti del poeta, riesumati l’8 aprile scorso, mettono in evidenza che Neruda aveva un tumore in stato molto avanzato con metastasi. Storia chiusa, dunque. Almeno per il momento, visto che altri esami sul corpo del poeta sono in corso in un laboratorio del North Carolina. La vicenda era incominciata nel maggio del 2011 quando Araya aveva raccontato, in un’intervista al settimanale messicano Proceso, le ultime ore di vita del poeta nei drammatici giorni successivi al golpe militare dell’11 settembre che liquidò il presidente Salvador Allende, morto suicida, e il governo dell’Unidad Popular.
Nell’intervista Araya sosteneva — come ha ripetuto anche all’agenzia di stampa spagnola Efe meno di un mese fa — che qualcuno aveva avvicinato Neruda nella stanza della clinica Santa Maria, a Santiago del Cile, dov’era ricoverato e che lo aveva avvelenato con una iniezione letale. Il racconto fece subito scalpore perché in quella stessa clinica una decina di anni dopo morì l’ex presidente cileno Eduardo Frei Montalva. In una causa ancora in corso avviata dalla famiglia di Frei, un giudice ha rinviato a processo alcuni medici della clinica con l’accusa di aver provocato la setticemia che portò alla morte all’inizio del 1982. Secondo il giudice, Pinochet considerava Frei un suo grande avversario e nella clinica operavano sotto copertura agenti della polizia segreta del regime, la famigerata Dina. Il partito comunista cileno, del quale nel 1973 il poeta premio Nobel era uno dei militanti più prestigiosi, fece subito due più due e nonostante l’opposizione della Fondazione Neruda e di numerosi amici del poeta, come gli scrittori Jorge Edwards e Antonio Skarmeta, presentò una denuncia ai tribunali per chiarire «le vere ragioni della morte di Neruda». All’inizio di quest’anno il giudice Carroza ha ordinato la riesumazione del corpo che si trovava nella famosa e bellissima casa di Isla Negra, accanto a quello di Matilde Urrutia, la terza sposa del poeta. Come nel caso di Salvador Allende, il cui corpo venne riesumato per verificare se la versione del suicidio — confermata da tutte le fonti presenti nel palazzo della Moneda nelle tragiche ore dell’attacco golpista, ma mai accettata dalla famiglia — fosse vera, anche in quello di Neruda l’esumazione dei resti non si discosta dalla versione ufficiale. Allende si suicidò e Neruda morì consumato da un tumore. Perché allora Araya avrebbe raccontato la sua fantasiosa versione? Secondo gli amici del poeta per un desiderio di protagonismo. Ma il partito comunista e il giudice avrebbero fatto meglio a lasciare in pace il più grande poeta latinoamericano. Pinochet è già stato condannato dalla Storia e di Neruda continueremo ad innamorarci grazie alle sue poesie anche se non fu un martire del dittatore.