Roberto Giardina, ItaliaOggi 3/5/2013, 3 maggio 2013
L’F35 SARÀ COME LO STARFIGHTER?
Il nuovo ministro della difesa, Mario Mauro, aveva un anno nel 1962 quando scoppiò lo scandalo Spiegel, di cui in Germania è stato ricordato con molto spazio il mezzo secolo. Quindi, probabilmente lo ignora, anche se riguarda proprio il suo campo, quello militare. La rivista di Amburgo aveva denunciato l’allora collega di Mauro, Franz Josef Strauss, chiamato il «Leone della Baviera», per i suoi piani di riarmo, a neanche vent’anni dalla fine del Reich nazista. E tra i suoi progetti molto discussi c’era lo Starfighter, il caccia che, secondo lui, avrebbe dovuto portare una bomba atomica dal Reno fino agli Urali. Il ministro reagì facendo arrestare la redazione quasi al completo. Il direttore e fondatore Rudolf Augstein trascorse 103 giorni in cella, ma, alla fine, a pagare fu Strauss, costretto alle dimissioni. La nuova Repubblica federale cominciava a diventare una democrazia. Le forze militari, secondo la Costituzione in questo identica alla nostra, dovevano essere destinate esclusivamente alla difesa. Come approvare un caccia con armi atomiche? Nel ’62 eravamo in piena guerra fredda, ma oggi è sostenibile voler usare ordigni nucleari contro i terroristi?
Ora, il caso degli Starfighter ha molti punti di contatto con il discusso acquisto di una novantina di F35 Lightning da parte della nostra aeronautica. Troppi miliardi, una spesa da evitare in tempo di crisi? Ma non voglio parlare di soldi. Cominciamo da chi li costruisce e li vende, passa mezzo secolo ed è sempre l’americana Lockheed. Lo Starfighter era un caccia multiuso, esattamente come l’F35, entrambi hanno un solo motore. Il vecchio modello cominciò a cadere a ritmo settimanale perché era stato modificato per trasportare le bombe atomiche. Anche l’F35 dovrebbe essere adattato per trasportare le atomiche che si trovano nel nostro paese, circa una settantina.
Erich Hartmann, detto «Bubi», il più grande asso dell’aviazione tedesca, con 352 aerei abbattuti nella seconda guerra mondiale, altro che il «Barone rosso», lo giudicò «una macchina inaffidabile, con molti difetti». Il pilota collaudatore britannico Eric Brown sosteneva che «è difficile da pilotare, pericoloso in caso di cattivo tempo». L’F35, rispettoso della tradizione, è troppo sensibile ai temporali, e in febbraio gli americani ne sospesero per qualche tempo i voli. Si combatta quando non piove.
Nel ’62, il rivale dello Starfighter era il francese Mirage, ma i tedeschi comprarono il caccia americano. E noi ne ordinammo 199 esemplari. Anni dopo, saltò fuori che la Lockheed sapeva ungere le ruote. Si fece il nome del principe consorte d’Olanda. Da noi si parlò di «Antelope Cobbler», colui che nell’ombra avrebbe propiziato l’affare. Si disse che fosse Giovanni Leone, poi diventato presidente della Repubblica. Era innocente, ma fu costretto a dimettersi. Nei cabaret, in Germania, si cantava un’ironica e macabra canzoncina a doppio senso, quella di Perry Como, «Catch a falling Star and put it in your pocket», afferra una stella cadente e mettitela in tasca.
Lo Starfighter era, di fatto, un razzo con le ali, che raggiungeva in sette minuti due volte la velocità del suono. Ma era troppo delicato, si modificarono ben duemila pezzi, ma in Germania cominciarono a cadere subito. Da noi, la prima vittima fu il capitano Carlo Di Laura, precipitato l’8 gennaio del ’64. Nei primi cinque anni di servizio perdemmo 24 aerei, ma da noi il bilancio è sempre avvolto dal segreto militare. Le vittime furono 24 o 28?
In Germania, entro il 1970 caddero 124 Starfighter e 58 piloti persero la vita. Colpa loro, hanno commesso degli errori, sentenziarono le autorità militari, che tenevano top secret le cause degli incidenti. Li difese strenuamente il successore di Strauss, Kai-Uwe von Hassel, che licenziò un ispettore della Luftwaffe, perché aveva osato criticare il caccia. Nel ’69 precipitò e perse la vita ai comandi di uno Starfighter suo figlio Joachim. In Germania, l’aereo fu soprannominato «Bara volante», o «Witwenmacher», fabbrica-vedove.
Il 13 giugno del ’66, precipitò il tenente colonnello Klaus Lehnert nei cieli d’Olanda. La moglie Gerlinde aveva 21 anni, e due figlie. Lei non si accontentò, e infine trovò aiuto in Melvin Belli, l’avvocato dei divi, che denunciò la Lockheed. Una storia come in un film hollywoodiano.
La giovane Gerlinde fu minacciata dai servizi segreti, di notte apparivano uomini con lunghi impermeabili neri nel giardino della sua villetta a Monaco. Le fecero il vuoto intorno. Il ministero della difesa tedesco rifiutava di fornire i dossier sugli incidenti. Alla fine, la Lockheed pagò un indennizzo di 40 mila Deutsche Mark a testa alle vedove, neanche 8 milioni di lire al cambio dell’epoca. Le varie aviazioni ritirarono le «Bare volanti», e noi fummo gli ultimi: fino al 2004 volavano Starfighter con il tricolore. Un precedente che raccomanda l’acquisto degli F35?