Antonio Carlucci, l’Espresso 3/5/2013, 3 maggio 2013
TUTTI PAZZI PER HILLARY
È nata una nuova disciplina negli Stati Uniti: la Hillarylogia. Si occupa di capire, studiare, decifrare ogni movimento, parola, azione, sospiro di Hillary Clinton in vista del 2016, anno in cui a novembre gli americani decideranno chi sarà il prossimo presidente a stelle e strisce. E lei, Hillary Clinton appunto, non dice nulla che possa chiarire le sue intenzioni politiche e questo fa sì che domande, ipotesi e supposizioni mantengano la foto della ex First Lady, ex candidata alle primarie del 2008, ex segretario di Stato, in primo piano. Con la Casa Bianca sempre sullo sfondo.
Le Signore Grandi Firme del giornalismo americano alimentano il tormentone degli Hillarylogi con passione, tenacia e frequenza regolare. Maureen Dowd del "New York Times" ha dedicato alla Clinton un articolo della domenica con un incipit che più snob non potrebbe essere: «Per piacere, non chiedetemelo ancora una volta. È una domanda così sciocca. Naturalmente Hillary correrà. Io non ho mai incontrato un uomo al quale sia stato detto che avrebbe potuto essere presidente che non volesse essere presidente. Così è logico che una donna alla quale si dice che può essere la prima Comandante in Capo voglia esserlo». Da dove ricava tanta sicurezza la Dowd sulle intenzioni della Clinton? Ma glielo ha detto James Carville, il consigliere politico democratico che fu dietro lo sbarco alla Casa Bianca del 1994 di Bill Clinton e che da allora si è costruito anche una solida fama di commentatore politico in televisione. Carville, riferisce la firma del "New York Times", le ha rivelato: «Correre per la Casa Bianca è come il sesso, se lo hai fatto una volta non lo scordi mai più».
È un circuito che alimenta se stesso quello degli Hillarylogi. Maggie Haberman, inviata del quotidiano "Politico", cresciuta a pane e giornalismo con il padre opinionista del "New York Times" e la mamma nelle pubbliche relazioni, prima ha scritto un lungo articolo dal titolo "Guida per gli spettatori della Febbre Hillary Clinton" e poi è andata a discuterne nelle trasmissioni televisive della domenica dedicate dalle tre grandi emittenti (Abc, Nbc e Cbs) solo ed esclusivamente alla politica. Per ripetere quali a suo avviso sono i segni premonitori che possono rivelare le intenzioni della Clinton rispetto al 2016. Ovvero, occhio ai soldi, perché dal tipo di finanziamenti si intuisce in che direzione e in compagnia di chi sarà la Clinton; ed anche ai discorsi, perché a seconda dell’uditorio si potrà supporre se si limita solo ad apparire per raccontare se stessa o se invece sta testando la sua popolarità in vista delle primarie del Partito Democratico. Lo stesso hanno fatto - articoli prima, apparizione in tv dopo - altre Signore Grandi Firme, come Tina Brown di "Newsweek" e Arianna Huffington, inventrice del giornale online che porta il suo nome.
Che Hillary Clinton goda oggi di una popolarità invidiabile e invidiata, è fatto assolutamente riconosciuto da chiunque, dentro e fuori il suo partito. Non ci sono solo i sondaggi che vedono Hillary con un tasso di gradimento superiore a quello del presidente Barack Obama (61 americani su 100 per Hillary, 51 su 100 per il presidente), con una opposizione minore (34 contro 46 su 100) e di gran lunga favorita non solo rispetto a potenziali concorrenti per le primarie (l’attuale vice presidente Joe Biden si ferma al 46 per cento di consensi), ma anche al confronto di ipotetici avversari del Partito Repubblicano. Il migliore degli sfidanti, l’ex governatore della Florida Jeb Bush, non supera il 25 per cento dei consensi. Ai sondaggi si aggiunge un altro modo di misurare potenzialità e notorietà della Clinton: il numero di riferimenti che il motore di ricerca Google scodella quando si digita il nome dell’ex segretario di Stato, 23,4 milioni, mentre il repubblicano Marco Rubio si ferma a 7,6 e il vice presidente Biden a 3,1.
Gli Hillarylogi, naturalmente, non disegnano una realtà che esiste solo nella loro testa. Dopo aver lasciato il posto di regina della politica estera degli Usa, l’ex First Lady ha seminato una lunga serie di tracce che portano in direzione della Casa Bianca. Intanto, ha allestito una base logistica a Washington, affittando dei locali in Connecticut Avenue e subito qualcuno ha ribattezzato la base come "l’ufficio di transizione". Dal Dipartimento di Stato hanno seguito la Clinton una mezza dozzina di collaboratori, in parte impegnati nel lavoro di documentazione che sarà alla base del suo prossimo libro di memorie, in parte nel mantenere i contatti con la larga base di americani che sono stati dalla sua parte sia quando vinse le elezioni per il seggio di senatore dello Stato di New York che al tempo delle primarie democratiche del 2008.
La pista dei soldi offre spunti interessanti. L’ex ministro degli Esteri Usa ha incaricato la Henry Walker Agency, società di Washington specializzata nel piazzare discorsi a pagamento di politici, professori, giornalisti, economisti, uomini dello spettacolo, di stendere una lista di clienti interessati ad avere Hillary Clinton come note speaker, ovvero la persona di fama intorno alla quale organizzare eventi più diversi. La Henry Walker Agency ha già nel suo pacchetto nomi come Bill Clinton, uno dei più remunerati entertainer della parola, Bono degli U2, il ministro della Difesa di Israele Ehud Barack, l’ex ministro del Tesoro Usa Thimoty Geithner, l’attore ed ex governatore della California Arnold Schwarzenegger, la regina Noor di Giordania. Secondo gli esperti del mercato degli oratori a pagamento, Hillary Clinton vale un assegno a sei cifre per una sua apparizione.
La prima uscita pubblica è avvenuta a Dallas, in Texas, mercoledì 24 aprile alla riunione annuale del National Multi Housing Council, l’associazione delle società che gestiscono grandi condomini di appartamenti in affitto. Non è stata una scelta a caso: Hillary ha accuratamente evitato di esordire parlando per qualche società connotata politicamente o della quale sarebbe stato subito chiaro chi aveva finanziato alle elezioni, locali, federali o presidenziali. La NMHC è una compagnia che non è mai stata presente nelle liste dei donatori. Due apparizioni precedenti a quella del 24 aprile hanno invece riacceso tutta l’attenzione che Hillary riesce a conquistare: l’ex First Lady ha accettato l’invito prima del Vital Voices Global Leadership Awards e poi della conferenza Women in the World, entrambe associazioni non governative che le hanno dato l’occasione di parlare di diritti delle donne ed eguali opportunità senza dover connotare in modo partitico le sue parole. Ma un passaggio dell’intervento alla riunione della Women in the World ha creato un corto circuito quando ha detto: «C’è un lavoro da ultimare in questo Ventunesimo secolo e questo è il lavoro che noi siamo chiamate a fare. Io guardo avanti per essere al vostro fianco nei giorni e negli anni a venire. È l’ora della battaglia per le opportunità e la dignità». Nel campo dei diritti, le due uscite pubbliche erano state precedute da un video di metà marzo nel quale la Clinton si diceva a favore del matrimonio gay. In quel caso però, la sortita di Hillary è arrivata all’ultimo momento utile, ovvero prima che il caso arrivasse alla Corte Suprema, la cui decisione avrebbe messo fuori gioco qualsiasi intervento politico, sia pro che contro.
Una traccia ancora più interessante sulla pista dei soldi è venuta alla fine di marzo dall’annuncio prima della costituzione del sito web Hillary Friends, un modo per gli americani di entrare in contatto con l’ex segretario di Stato, e per lei lo strumento utile a sollecitare donazioni e finanziamenti. Ancora più indicativo è stato l’annuncio della costituzione del SuperPac Ready for Hillary (pronti per Hillary). È lo strumento che è apparso per la prima volta nelle ultime elezioni presidenziali: i SuperPac possono raccogliere quanti soldi vogliono, spenderli come vogliono e nessuno può addebitare le azioni del SuperPac al candidato. Per la campagna presidenziale ci vogliono risorse enormi: quella del 2012 è costata al presidente Obama 683 milioni di dollari.
Le mosse di Hillary sembrano tutte giuste fino a questo momento, a cominciare dall’aver bloccato i possibili sfidanti per le primarie democratiche, nessuno dei quali ha ancora esplicitato la sua intenzione di correre, e dall’aver messo in guardia gli avversari repubblicani che, se Hillary sarà in campo, dovranno affrontare una candidata molto amata dentro e fuori il Partito Democratico. La Clinton ha suscitato grande attenzione, ma non si è ancora dichiarata, ogni sua mossa è passata al microscopio ma lei sorride e cambia argomento di fronte alle domande dirette. Così, potrà andare avanti ancora per tutto quest’anno, poi nel 2014 vedrà la luce il suo libro di memorie da segretario di Stato di Barack Obama ed allora la pressione si farà più intensa. Il tour di promozione del libro potrebbe essere il primo giro di vera e propria campagna, soprattutto se le prime tappe saranno negli Stati dove le primarie giocano un ruolo fondamentale per chi aspira alla nomination.
Assisteremo a un fiorire di teorie, ipotesi, notizie vere e incontrollabili (quella che il ticket del 2016 sarà Hillary Clinton presidente Michelle Obama vice presidente) senza fine. Tutta questa attenzione per l’ex First Lady, ex candidata presidenziale, ex segretario di Stato racconta anche che l’America è alla ricerca di un nuovo sogno, di una persona con la quale identificare le proprie aspettative per il futuro. Ormai, il presidente Barack Obama non può più rappresentare quel sogno, con la fine del secondo mandato uscirà dalla scena politica. Oggi è visto solo come il Commander in Chief chiamato a risolvere problemi che si chiamano sviluppo, occupazione, guerra, immigrazione. Storie che non eccitano la fantasia come la campagna presidenziale del 2016.