Errico Buonanno, Corriere della Sera 3/5/2013, 3 maggio 2013
S econdo Manzoni, quando nel 1609 il cardinale Borromeo inaugurò la Biblioteca Ambrosiana, l’umore, a Milano, non fu tra i migliori: «Volle una tal cosa, e l’eseguì, in mezzo a quell’ignorantaggine, a quell’inerzia, ai cos’importa? e c’era altro da pensare? e che bell’invenzione! e mancava anche questa, e simili»
S econdo Manzoni, quando nel 1609 il cardinale Borromeo inaugurò la Biblioteca Ambrosiana, l’umore, a Milano, non fu tra i migliori: «Volle una tal cosa, e l’eseguì, in mezzo a quell’ignorantaggine, a quell’inerzia, ai cos’importa? e c’era altro da pensare? e che bell’invenzione! e mancava anche questa, e simili». Cinquant’anni prima, quando a rettore dell’Università di Oxford fu nominato il rigoroso anglicano Richard Cox, la biblioteca della Divinity School venne epurata di ogni testo cattolico. Ci riferisce un testimone: «Alcuni dei libri vennero bruciati; altri svenduti per quattro soldi a guantai per farne guanti». E dato che l’Università non aveva soldi per comprarne degli altri, vendette tutti gli scaffali vuoti. Questi episodi, riportati nel piacevolissimo saggio narrativo di Andrea Kerbaker Lo scaffale infinito. Storie di uomini pazzi per i libri, edito da Ponte alle Grazie, ci conducono al cuore del problema. La crisi del libro, il rischio della sua scomparsa, non è qualcosa di contemporaneo, né di legato a qualche avanzamento tecnico. Il libro nasce, si stampa e si conserva precisamente per reagire a una crisi, ovvero a una sorta di minaccia perenne. Il libro è da sempre sull’orlo del baratro, ma al baratro è anche la risposta, perché è fatto per questo: per combattere il vuoto. Kerbaker combatte, a modo suo, con un testo tra il saggio e la confessione privata (si parla d’amore, e come non pensare ai propri?). Non tanto un libro che parla di libri, quanto piuttosto una corsa a staffetta tra quei cultori di un sogno comune: accumulare una biblioteca, meglio se aperta al grande pubblico. Da Francesco Petrarca, che tentò di donare a Venezia la sua collezione di volumi rari, a Niccolò V, il fondatore della Biblioteca Vaticana; da Fernando Colombo, l’oscuro figlio di Cristoforo, che voleva eguagliarlo mettendo su una biblioteca grande quanto un continente, fino, ovviamente, a Jorge Luis Borges, bibliomane e bibliotecario. Sono i ritratti di persone che hanno seguito il motto poetico della Yourcenar: si fondano e si riempiono biblioteche per costruire granai pubblici contro l’inverno dello spirito. L’inverno fatto dall’inerzia, e dalle identiche domande dei milanesi del XVII secolo: «Cos’importa? Perché? Non c’era altro a cui pensare?». Kerbaker conduce la sua storia con uno stile molto piano, a volte persino troppo semplice, eppure saldo in due certezze. La prima: che la scelta non è se pensare ai libri o ad altro, ma tra pensare e non pensare. E la seconda: davvero il granaio dev’essere pubblico, perché l’inverno arriva per tutti, e i mille guanti ricavati dalla pelle dei libri non scalderanno quanto la carta e il legno dello scaffale infinito che corre tra le biblioteche. RIPRODUZIONE RISERVATA Il libro di Andrea Kerbaker, «Lo scaffale infinito. Storie di uomini pazzi per i libri», è edito da Ponte alle Grazie, pagine 260, 16,80